sabato 19 novembre 2016

selvaggina slovena al piombo....

Piombo in selvaggina congelata dalla Slovenia e migrazione da padella tipo “wok” dalla Cina… Ritirati dal mercato europeo 59 prodotti Valeria Nardi 15 novembre 2016 Allerta Commenti 588 Visto carne piatto piombo Piombo in carne di selvaggina congelata dalla Slovenia Nella settimana n°45 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 59 (12 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: piombo in carne di selvaggina congelata dalla Slovenia; Salmonella typhimurium in anatre eviscerate, congelati e senza frattaglie dall’Ungheria. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: contenuto troppo alto di vitamina D in brodo arricchito con vitamina D2 dal Belgio; livello di migrazione globale troppo alto da guanti monouso italiani; Salmonella in farine di carne dalla Polonia destinate a mangime; Salmonella in farine di carne dalla Spagna destinate a mangime; migrazione di manganese e livello di migrazione globale troppo alto da padella tipo “wok” dalla Cina. pentola wokTra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: scarso controllo della temperatura (da -8 a -3° C) per tonno congelato (Thunnus albacares) dalle Seychelles; livello di migrazione globale troppo alto da cestino per cottura a vapore dalla Cina; aflatossine in anacardi tostati dal Vietnam; mercurio in lombi di pesce spada scongelati (Xiphias gladius) dalla Spagna; livello di migrazione globale troppo alto da teglie in acciaio provenienti dalla Cina. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato la Spagna segnala la presenza di sostanze non autorizzate (tiosildenafilo e homosildenafilo, derivati dal sildenafil) in integratore alimentare in capsule VitalPlant Sport, commercializzato dall’azienda Antonio Pérez Guardia, Avda. de Madrid 39, Chipiona (Cádiz); la Norvegia segnala perclorato in spinaci freschi biologici; l’Italia segnala rischio di rottura di bottiglie contenenti bevande analcoliche.

bisfenolo

Il bisfenolo A o BPA è un interferente endocrino in grado di alterare l’equilibrio ormonale e il metabolismo, utilizzato nei rivestimenti interni delle lattine di bibite e dei cibi in scatola. Questa sostanza può migrare in piccole quantità nel cibo, soprattutto quando si creano alcune condizioni (conservazione prolungata, alte temperature, alimenti con elevata presenza di grassi), mettendo a rischio la salute dei soggetti più vulnerabili come neonati, bambini e donne incinte. Secondo la legge europea, il bisfenolo A può essere usato per la produzione di imballaggi, articoli da cucina e materiali a contatto con alimenti (fino al 2011 era impiegato anche per la realizzazione di biberon), purché non vi sia una migrazione eccessiva (0,6 mg/kg di alimento). In assenza di decisioni a livello europeo, e a fronte di diversi studi che suggeriscono l’esistenza di un collegamento tra l’aumento dei livelli di BPA nelle urine e la maggiore incidenza di gravi patologie (*), molti paesi hanno adottato delle restrizioni. Francia, Svezia, California, Austria, Belgio, Danimarca, oltre agli Stati Uniti, Canada e altre nazioni nel mondo hanno deciso di limitare l’esposizione dei consumatori, in virtù del principio di precauzione. In Francia per esempio è vietato o soggetto a forti restrizioni, in altri paesi viene indicata la presenza in etichetta ecc. Mother Feeding Baby Boy In High Chair La petizione chiede di segnalare in etichetta la presenza di BPA negli imballaggi di cibi e stoviglie per bambini L’Italia non ha adottato misure restrittive e per questo i consumatori non possono sapere quali sono i prodotti senza bisfenolo A anche perché non esiste un sistema ufficiale in grado di certificarne l’assenza negli articoli in vendita. Chiediamo alla Ministra della salute Beatrice Lorenzin un provvedimento legislativo per segnalare sulle etichette dei prodotti e degli alimenti la presenza di bisfenolo A. Vogliamo che il consumatore sia libero di scegliere cosa acquistare, conscio della presenza di questa sostanza, perlomeno in articoli destinati all’alimentazione di bambini e negli imballaggi per alimenti destinati a neonati. Firma la petizione: Bisfenolo A (BPA) in etichetta in imballaggi e articoli per la nutrizione di bambini. (*) cardiopatie e diabete, difetti nello sviluppo del cervello dei bambini, danni al sistema nervoso centrale degli adulti e al sistema immunitario, maggior predisposizione al tumore della mammella Luca Foltran Luca Foltran esperto sicurezza dei materiali

TRUMP CONTRO TTIP????? MAGARI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!1

TTIP, negoziati ufficialmente congelati dopo elezione di Trump. La Commissione Ue prende atto della contrarietà agli accordi commerciali internazionali Beniamino Bonardi 17 novembre 2016 Pianeta Commenti 355 Visto TTIPNel mese di ottobre i negoziati sul Trattato commerciale di libero scambio tra Usa e Ue (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP) erano stati di fatto sospesi su pressioni franco-tedesche, in attesa degli appuntamenti elettorali dei due Paesi nel 2018 e in vista delle presidenziali Usa. Ora con la vittoria di Donald Trump sono stati ufficialmente congelati come ha dichiarato la Commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmström, “la vittoria di Trump ha creato un certo grado di incertezza riguardo a ciò che saranno le sue priorità come presidente e vi è ragione di credere che ci sarà una pausa estesa nei negoziati TTIP”. In campagna elettorale il nuovo presidente Usa si è chiaramente espresso contro gli accordi commerciali internazionali, che tolgono posti di lavoro ai cittadini statunitensi, ed è probabile che per capire se e quando i negoziati sul TTIP riprenderanno bisognerà aspettare molto. Non a caso, la Commissione Ue ha sarebbe stato opportuno firmare il trattato prima della fine del mandato di Obama. trump-donald Con la vittoria di Donald Trump sono stati ufficialmente interrotti le trattative sul TTIP Il pessimismo sul futuro del TTIP è condiviso anche da operatori del commercio internazionale. Lucio Miranda, presidente di ExportUsa, società di consulenza per l’export verso gli Stati Uniti, ha dichiarato a Labitalia: “Dal risultato delle elezioni presidenziali americane, in termini di export, non mi aspetto grossi impatti sull’export tipico italiano. Certo è che possiamo intonare il “de profundis” per trattati come il TTIP”. © Riproduzione riservata

NO OLIO DI PALMA... AI BAMBINI

Aggiornamento dell’11 ottobre 2016 Raccolte 25 mila firme dopo 1 mese dal lancio della petizione. Firma anche tu. Clicca qui Togliere subito l’olio di palma contaminato con sostanze cancerogene dal latte in polvere per i neonati. Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade rivolgono questo invito alle aziende produttrici, ritenendola una scelta dettata da ragioni di tipo economico. Non esistono motivi nutrizionali tali da giustificare l’impiego del grasso tropicale tanto più che diverse industrie già impiegano altri grassi senza per questo penalizzare la qualità del latte. Oggi la scelta di usare il palma risulta inaccettabile alla luce dei pareri dell’Efsa sulla presenza significativa di contaminanti cancerogeni in tale grasso, oltreché per le rapine delle terre e le deforestazioni tuttora in corso per estendere le coltivazioni in Africa subsahariana, Asia e America Latina. Premesso che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomanda l’allattamento al seno in maniera esclusiva fino al compimento del 6° mese di vita e ricorda che il latte materno deve rimanere la scelta prioritaria, in redazione i primi dubbi sulla presenza dei grassi tropicali nel latte in polvere li abbiamo sollevati quattro anni fa. Allora i produttori omettevano l’indicazione della presenza dell’olio di palma, riportando in etichetta la generica dicitura “olio vegetale” ammessa dalla legge. Quando nel dicembre 2014 il Regolamento europeo 1169/2011 ha obbligato le aziende a specificare il tipo di olio impiegato, abbiamo scoperto che il palma era presente nel 95% dei prodotti da forno e in quasi tutti i tipi di latte in polvere. Ci siamo chiesti perché venisse usato un olio considerato dai nutrizionisti di qualità mediocre per un alimento destinato ai neonati. La risposta è da ricercare nel costo decisamente ridotto rispetto ad altri grassi. Il palma non rappresenta quindi un passo in avanti nel tentativo di avvicinarsi alla formula del latte materno, ma una scorciatoia per risparmiare sulle materie prime visto che la componente lipidica rappresenta il 25% del latte e il palma risulta il grasso più economico. L’altro elemento da considerare è che diverse marche di latte vendute in Italia non contengono il grasso tropicale. Si tratta dei latti firmati da Bimbosan, Coop, Sicura e Dicofarm, talora a un prezzo inferiore, e da pochi mesi anche una nuova linea di Plasmon (la tabella in fondo all’articolo riporta l’elenco completo dei marchi di latte in polvere senza olio di palma). Queste aziende (vedi tabella) usano miscele di altri oli vegetali come l’extravergine di oliva, il girasole, il colza o il cocco. olio di palma allerta Nel 2013, su 52 referenze di latte in polvere solo 7 non avevano l’olio di palma In un documento della Società Italiana di Pediatria (SIP) pubblicato nel 2013, si legge che su 52 latti formula solo 7 non avevano l’olio di palma. L’industria giustifica l’impiego del palma nel cosiddetto “latte formula” con la necessità di ottenere una composizione di grassi adeguata alle esigenze nutrizionali dei lattanti, oppure con il vantaggio di ottenere un prodotto più stabile. Si tratta di argomenti deboli, simili a quelli dei produttori di biscotti e merendine che giustificavano l’impiego dell’olio tropicale, con tesi improbabili, salvo poi cambiare le ricette per non perdere quote di mercato (come ha fatto Barilla con l’intera gamma dei prodotti Mulino Bianco). A tutto ciò si aggiunge la preoccupante questione del land grabbing e degli ecocidi legati alla continua avanzata delle piantagioni di palma, con ulteriori guai come le emissioni di CO2 causate dagli incendi per la deforestazione che rendono irrespirabile l’aria in Malesia, Indonesia e dintorni. latte in polvere Non esistono motivi nutrizionali da giustificare l’impiego dell’olio di palma nel latte in polvere L’ultimo argomento e forse anche il più grave riguarda la salute dei neonati e dei bambini. L’Efsa è stata chiara quando nel parere 3.5.16 ha scritto: “Le sostanze cancerogene e genotossiche presenti nell’olio di palma a causa dei processi industriali di raffinazione sono effettivamente pericolose. Le quantità di questi contaminanti, nel grasso tropicale, sono superiori fino a dieci volte rispetto a quelle presenti negli altri oli vegetali.” Le grandi industrie erano a conoscenza di tali rischi almeno dal 2004. Le responsabilità sono gravi e la presenza di contaminanti tossici negli alimenti destinati alla prima infanzia non può essere tollerata oltre. Abbiamo chiesto ai produttori delucidazioni: ma le risposte sono state generiche e nessuno ha preso impegni precisi. Per questo motivo abbiamo deciso insieme a Great Italian Food Trade di lanciare una nuova petizione su Change.org affinché: Mellin, Nutricia, Ordesa, Hipp, Humana, Milte, Nestlé, Unifarm, Sterilfarma, Nipiol, Menarini, Laboratori Alter, Plasmon e Holle cambino subito le formule del latte in polvere. In genere non è facile convincere le imprese a modificare un prodotto ma siamo fiduciosi. Già in passato abbiamo raccolto 176 mila firme e scritto oltre 100 articoli per convincere Mulino Bianco, Pavesi, Colussi, Plasmon… a togliere l’olio di palma da biscotti e merendine e ci siamo riusciti. Questa volta speriamo di impiegare meno tempo.

CIBONEMICO

cibonemico

IP MORGAN ITALIA IN MANO A STRANIERI

La verità sulla mano JPMorgan al referendum costituzionale di Renzi Fonte e link: https://www.forexinfo.it/JPMorgan-referendum-Costituzione-Renzi-influenza-verita?utm_source=Forexinfo+Forex+Trading+Online&utm_campaign=4eaf482888-forexinfo-daily-email&utm_medium=email&utm_term=0_4302bacf08-4eaf482888-302716845 18 Novembre 2016 Flavia Provenzani Quale influenza di JPMorgan sul referendum di Matteo Renzi e la necessità di riformare la Costituzione Italiana? Referendum costituzionale e l’influenza di JPMorgan sulla riforma della costituzione italiana di Matteo Renzi e Boschi: dov’è la verità? Da tempo ormai si parla della mano forte di JPMorgan, istituto finanziario tra i più potenti al mondo, sul primo ministro italiano Matteo Renzi e sul suo progetto di modifica della Costituzione di stampo eccessivamente “anti-fascista”. Complice anche i possibili effetti di MPS dall’esito del referendum. Le grandi decisioni vengono da sempre prese per bocca di pochi, e la stessa dinamica sembra caratterizzare il referendum in Italia e la forte influenza internazionale di JP Morgan, banca americana ritenuta responsabile della bolla dei mutui sub-prime che ha scatenato la grave crisi mondiale del 2008 – come sentenziato dal Tribunale di New York – e di vari altri scandali, come la Balena di Londra che è costata a JP Morgan 920 milioni di dollari. Matteo Renzi sarebbe dunque complice di un’intesa segreta e strettamente personale per modificare l’impostazione della Costituzione italiana a del nostro Parlamento per renderli più flessibili alle esigenze delle grandi potenze finanziarie mondiali, che operano più facilmente in contesti semplificati. Accusa portata avanti con forza dal Movimento 5 Stelle. Via la Costituzione Italiana implementata nel post-fascismo e benvenuta alla Costituzione che promette una maggiore governabilità, senza contare che la suddetta “rivoluzione” minaccia di ledere la democrazia e i diritti primari della popolazione. È questa la verità, è questo il progetto che la tanto discussa JPMorgan ha sul referendum costituzionale e sul primo ministro Matteo Renzi? La mano di JP Morgan sul referendum costituzionale Verba volant, scripta manent. È del 2013 un report di JPMorgan in cui spiega che la costituzione dei Paesi periferici come l’Italia soffre di enormi problemi, tra cui un Governo troppo debole rispetto al Parlamento, troppo potere alle Regioni, troppi diritti per i lavoratori, troppo diritto di dire la propria “se i cambiamenti sono sgraditi”. I numerosi indizi che testimoniano un rapporto non istituzionalmente documentato tra Renzi e JPMorgan, complice anche l’ex primo ministro inglese Tony Blair, hanno spinto la Adusbef (associazione in difesa dei consumatori e utenti bancari, finanziari e assicurativi) a denunciare il primo ministro italiano alla procura di Roma per alto tradimento. Secondo l’associazione, infatti, l’interna riforma costituzionale messa alla prova al referendum del 4 dicembre sarebbe frutto di accordi privati e di comodo tra Renzi e l’istituto finanziario americano. La mano forte di JPMorgan sul referendum italiano non è l’unica forza esterna a sostenere la riforma della costituzione: a favore anche la grande burocrazia internazionale, dalle lobby negli Stati Uniti all’Unione Europea. Ma quale legame esiste davvero tra JPMorgan e Renzi? JPMorgan e Renzi: gli indizi di un rapporto “sospetto” Il primo filo conduttore è Tony Blair, ex primo ministro del Regno Unito e consulente pluriennale per l’americana JPMorgan. Renzi, Blair e il numero uno di JPMorgan, Jamie Dimon, si sono incontrati più volte in occasioni non istituzionali. A partire dalla cena a palazzo Corsini a Firenze, alla quale Dimon invitò l’allora sindaco fiorentino Matteo Renzi e Blair. Poi ancora nel 2014, con un Renzi in veste assai diverse: primo ministro italiano. Fece scandalo l’intervista rilasciata da Tony Blair a Repubblica all’indomani del meeting di aprile 2014, in cui definisce Renzi il suo erede, elogia il suo programma di riforma costituzionale e il suo piano per rilanciare l’economia. Lo stesso Blair, poco dopo, dichiarò al The Times: «Il mutamento cruciale, delle istituzioni politiche, neanche è cominciato. Il test chiave sarà l’Italia: il governo ha l’opportunità concreta di iniziare riforme significative». Perché JPMorgan spinge il referendum costituzionale Il primo grande elemento che sottolinea un rapporto tra la JPMorgan e il referendum costituzionale risale al lontano 28 maggio 2013 – giorno in cui l’istituto statunitense pubblica un report dal titolo “Aggiustamenti nell’area euro” che di lì a poco sarebbe diventato virale in tutto il mondo. Lo studio di JPMorgan sottolinea in che modo la Costituzione dei Paesi europei periferici, tra cui l’Italia, freni le possibilità di crescita economica, poiché piene di limiti e caratteristiche che ostacolano l’integrazione con l’area dell’euro. La Costituzione Italiana ha un impianto troppo anti-fascista, troppo datato ormai, secondo la banca americana. Nello specifico: «Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del Sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea». Ed è proprio la sua Costituzione ad aver alimentato i problemi economici dell’Italia secondo il report. Troppo socialismo, un approccio troppo ispirato all’anti-dittatura. Infatti, continuiamo a leggere nel report di JPMorgan: «I problemi economici dell’Europa sono dovuti al fatto che i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo». I difetti della Costituzione Italiana secondo JPMorgan Secondo JPMorgan la Costituzione Italiana proprio non va, insieme ad alcune altre della periferia UE, e la banca ne elenca i motivi: «I sistemi politici e costituzionali del Sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori, tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo, il diritto di protestare se i cambiamenti sono sgraditi. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)». Referendum, Renzi e JPMorgan: i 10 indizi del M5S Sta facendo discutere l’elenco di indizi che, secondo il post pubblicato sul blog di Beppe Grillo, testimonierebbero il rapporto e l’influenza di JPMorgan su Renzi e il referendum costituzionale. Sebbene sia ad onor di cronaca impossibile parlare di prove, tutti gli eventi descritti di seguito evidenziano l’esistenza di un certo legame tra Renzi e la banca americana e la possibile influenza di quest’ultima nell’implementazione della riforma costituzionale. 1 giugno 2012 – Renzi è invitato alla cena presso palazzo Corsini organizzata grande istituto finanziario a Firenze nella carica di sindaco della città. A mandare l’invito è Jamie Dimon, CEO di JPMorgan. Presente anche Tony Bair, allora già non più primo ministro inglese. Nessun report, nessuna notizia sui contenuti dell’incontro. 28 maggio 2013 – JPMorgan divulga il tanto discusso report dal titolo “Aggiustamenti nell’area euro” già ampiamente discusso. 1 Aprile 2014 – Renzi visita l’ambasciata italiana a Londra a poco meno di due mesi dalla nomina a presidente del Consiglio, ospite di Pasquale Terracciano. Presente anche Tony Blair, con il quale Renzi discute in in privato. Due giorni dopo Bair definirà Renzi «mio erede» in un’intervista a La Repubblica. 6 luglio 2016 – Questione MPS: a inizio anno Renzi invita ad investire su MPS, “ormai risanata, su cui investire è un affare”. In estate Jamie Dimon, CEO di JPMorgan, convince Renzi a lasciargli campo libero su MPS, con la conseguente rimozione di Viola dal ruolo di ad. 8 settembre 2016 – Fabrizio Viola si dimette da ad di Monte Paschi. «Alla luce delle perplessità espresse da alcuni investitori in vista del prossimo aumento di capitale e d’accordo con la Presidenza del Consiglio, riteniamo opportuno che lei si faccia da parte», racconterà Viola circa la chiamata ricevuta da Padoan, ministro dell’economia. 13 ottobre 2016 – Al via al terrorismo dell’agenzia di rating Moody’s, per cui «con il no al referendum rischi per l’aumento di capitale di Mps». 25 ottobre 2016 – Il futuro di MPS viene ancorato alla vittoria del SI al referendum costituzionale da tutte le grandi banche internazionali. Alla guida di MPS, da un mese, Marco Morelli – ex di JPMorgan. IL NOSTRO COMMENTO: Questo JP Morgan è stato la rovina dell’Italia e della Europa e continua ad esserlo grazie ai Ns politici camerieri che prendono ordini da lui. E’ un vera vergogna! Sarebbe ora di dargli una severa lezione! Ormai anche i bambini sanno chi tira le fila…. ma nessuno fa niente! Che schifo! Renzi vergognati! Ormai hai finito di fare politica. Il “NO” ti travolgerà! Guarda anche il Ns sito: http://www.dominioglobale.info e informati chi sono i padroni del mondo…..

imbroglio del TTIP

di MoVimento 5 Stelle Europa Per un selfie con Obama, Renzi svende l'Italia alle grandi multinazionali. Ecco il prezzo che i cittadini italiani pagano per avere un endorsement presidenziale alla riforma costituzionale Boschi-Verdini. A Obama non sembrava vero: ha trovato in Renzi il premier (non eletto) perfetto per imporre la sua linea politica su TTIP e ostilità verso la Russia. Durante il suo discorso alla Casa Bianca ha dichiarato: "entrambi riafferriamo il nostro forte appoggio al TTIP che aumenterà i posti di lavoro, le esportazioni, l'innovazione e la crescita in entrambi i lati dell'Atlantico". È falso! Il TTIP è un imbroglio per cittadini e imprese e ve lo dimostriamo in cinque punti: 1) PERDITA POSTI LAVORO Uno studio del CEPR (Centro per la ricerca sulla politica economica) nel 2013 ha fatto i calcoli su quanti posti di lavoro si perderebbero con il TTIP: 1 milione e 300 mila. Ci sarebbe inoltre un calo del commercio all'interno dei Paesi europei del 30-40%. 2) INVASIONE PRODOTTI AMERICANI Un rapporto del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti parla chiaro: con il Ttip il surplus commerciale europeo scenderebbe da 7,6 a 0,1 miliardi di euro. E infatti i prodotti americani che più beneficerebbero del TTIP - sempre secondo questo autorevole studio - sono la carne (+965%), il latte in polvere (+900%), il formaggio (+987%), ma soprattutto il pollo (+33.500%) e il maiale (+4.000%). 3) CIBO SPAZZATURA L'obiettivo degli Stati Uniti è quello di rimuovere tutte le barriere al commercio e azzerare i dazi di ingresso. In Italia e in tutti i Paesi europei entrerebbero, così, alimenti e prodotti altamente nocivi o le cui conseguenze sulla salute sono oggi sconosciute. Negli Stati Uniti non ci sono barriere a pesticidi, OGM e sostanze chimiche usate per disinfettare gli animali, come il cloro sul pollo. 4) DEMOCRAZIA IN PERICOLO Le multinazionali vogliono piegare i governi ostili con l'arbitrato internazionale tra investitori e Stati che prevede: totale mancanza di trasparenza, assenza di criteri di selezione dei regolatori, vuoto di giurisprudenza sui meccanismi delle controversie e, soprattutto, massiccia cessione di sovranità a un ente terzo (sovranazionale). È uno scacco macco per la democrazia. 5) ATTACCO ALLE PMI Il TTIP avvantaggia i Paesi del nord Europa, la cui economia si basa prevalentemente sui servizi, penalizzando soprattutto le PMI e chi ha forti eccellenze da tutelare. Con questo trattato si rischia di ridurre il flusso commerciale tra Stati europei del 30%. Per le PMI italiane, che commerciano principalmente con il resto d'Europa, sarà un massacro: non sono pronte oggi a riorientarsi verso il mercato americano. Per fortuna la realtà è ben diversa da quella che Obama e Renzi auspicano: il TTIP è a un binario morto. La Commissione europea ha fatto trapelare la notizia che fino al voto in Germania non si muoverà foglia. L'ultimo round di negoziati che si è svolto a New York dal 3 al 7 ottobre è stato un fiasco totale. Francia e Germania sono sulle barricate e centinaia di migliaia di cittadini continuano a riempire le piazze europee in manifestazioni di protesta contro l'approvazione. Il Movimento 5 Stelle denuncia il fallimento dei negoziati e chiede la loro immediata sospensione. Il selfie di Obama a Renzi non è indolore. Serve per pungolare la Germania che lo ha scaricato sul TTIP e che vuole porre fine alle controproducenti sanzioni alla Russia. Renzi pensa di approfittare delle crepe nell'alleanza USA-Germania per fare campagna referendaria in Italia, dimenticando però che i cittadini sono avanti, pensano con la loro testa e non si lasciano imporre le decisioni. Vi ricordate cosa aveva detto Obama a Londra sulla Brexit? Sappiamo come è andata...

vogliono , dopo aver intossicato i cibi ....toglierci le leggi,

L’Adusbef: "Ecco perché abbiamo denunciato Renzi per alto tradimento" mercoledì, 16 novembre 2016, 10:08 di barbara pavarotti Matteo Renzi denunciato per alto tradimento alla procura di Roma. E con lui la banca d’affari americana JpMorgan, ritenuta responsabile della crisi dei mutui subprime del 2008, secondo l’inchiesta della procura di New York. A presentare la denuncia il 12 ottobre è stato Elio Lannutti, a nome dell’Adusbef, l’associazione difesa consumatori e utenti bancari, finanziari e assicurativi, di cui è presidente. Insieme all’Adusbef hanno firmato l’esposto anche quattro parlamentari 5 Stelle. La notizia, data in anteprima dal periodico d’inchiesta “La voce delle voci”, è uscita nel totale disinteresse di tutti i maggiori giornali italiani. Perché si è arrivati a questa denuncia? Che è successo? Ne parliamo con lo stesso Lannutti, protagonista di 30 anni di battaglie a fianco dei correntisti e dei risparmiatori, autore di nove saggi di carattere economico (l’ultimo, “La Banda d’Italia”, Chiarelettere, 2015, è un’inchiesta su Bankitalia). Elio Lannutti, perché avete denunciato Renzi e JpMorgan per alto tradimento? Adusbef ha rintracciato indizi gravi, precisi e concordanti che suffragano la manina di JpMorgan nella modifica della Costituzione, la quale, essendo 'troppo socialista', intralcia l'agire economico dei banchieri di affari: costoro mirano a imporre l'egemonia degli esclusivi interessi della finanza di carta e del denaro dal nulla sulla sovranità popolare, condizionando il governo Renzi ad approvare leggi liberticide dei diritti conquistati dai lavoratori, quale il Jobs Act. Scendendo più sul concreto, quali sono i fatti e i documenti su cui vi siete basati per questa denuncia? Bisogna partire da lontano, da un documento di 16 pagine di JpMorgan del 28 maggio 2013, scoperto e denunciato da Luca Ciarrocca, giornalista fondatore di Wall Street Italia. In questo documento c’è scritto che i limiti dei paesi del Sud Europa non sono solo di natura prettamente economica, ma anche politica. Ecco un passaggio: “I sistemi politici dei paesi del Sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea. I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste. E caratteristiche comuni: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna) e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”. Riassumendo: la JpMorgan consiglia di superare le Costituzioni antifasciste. E quella italiana, appunto, pensata per impedire una futura svolta autoritaria, deve essere stravolta. Così ha deciso il presidente del consiglio Matteo Renzi accogliendo i suggerimenti di JpMorgan. Sì, ma in che consisterebbero esattamente i legami fra Renzi e JpMorgan? I legami sono acclarati e passano anche attraverso Tony Blair, dal 2008 consulente di JpMorgan. Il quotidiano britannico “Daily Mirror” ha scritto: “Renzi è il Blair italiano non solo nelle intenzioni politiche, ma anche nelle alleanze economiche. Un esempio? La JpMorgan”. Alcuni incontri ufficiali sono stati ricostruiti dal giornalista Franco Fracassi. Primo giugno 2012: l’amministratore delegato della JpMorgan Jamie Dimon invita a cena a palazzo Corsini a Firenze l’allora sindaco Renzi e l’ex primo ministro inglese Blair. Primo aprile 2014, Londra: ospiti dell’ambasciatore italiano Terracciano ancora Renzi e Blair che durante la cena discutono in privato. Il giorno dopo, in un’intervista a “Repubblica”, Blair afferma: “In tempi normali sarebbe difficile per chiunque realizzare un programma ambizioso come quello delineato dal nuovo premier italiano. Ma questi non sono tempi normali per l’Italia. C’è una coerenza tra il suo programma di riforme costituzionali e le riforme strutturali per rilanciare l’economia”. E sempre Blair al quotidiano britannico “The Times”: “Il mutamento cruciale, delle istituzioni politiche, neanche è cominciato. Il test chiave sarà l’Italia”. Ricapitolando. Blair ha confermato il suo appoggio a Renzi sulla strada delle riforme. Ma non è più il politico che parla. Il fu leader dei laburisti (quello che ha tardivamente ammesso che esportare la democrazia in Iraq con le bombe dell’amico Bush ha innescato la nascita dell’Isis) ormai riceve uno stipendio di milioni di dollari per fare da consulente alla seconda banca d’affari più importante al mondo (dopo Goldman Sachs), formalmente denunciata dalla Casa Bianca di essere stata la “responsabile della crisi dei subprime”, che ha poi scatenato la crisi economica mondiale. Insomma, voi accusate Renzi di una politica compiacente alla grande finanza internazionale, in particolare JpMorgan. I fatti parlano. JpMorgan è la banca d’affari prescelta da Renzi e Padoan, per ricapitalizzare il Monte dei Paschi di Siena, dopo averne licenziato in tronco l’amministratore delegato Fabrizio Viola. Mps, la più antica banca, del mondo, nata nel 1472, è stata spogliata e saccheggiata da irresponsabili banchieri con il concorso dei distratti vigilanti, che dopo aver autorizzato operazioni rischiosissime come l’acquisizione di Antonveneta coi suoi 7 miliardi di debiti, hanno assunto la veste di Ponzio Pilato, bruciando il sudato risparmio di intere generazioni con pesanti ricadute sui lavoratori e sui territori, continuando nella segretezza e nella più totale opacità, a favorire banchieri amici, beneficiati così di centinaia di milioni di euro di commissioni. Operazione che vede, tanto per cambiare, tra i protagonisti principali, l’allora direttore generale del Tesoro - e poi ministro dell’Economia nel governo Monti - Vittorio Grilli, assoldato nel 2014 da JpMorgan. In effetti per il salvataggio di Mps si sono incontrati a Palazzo Chigi Renzi e l’amministratore delegato di JpMorgan Jamie Dimon, l’organizzatore della famosa cena. E molto si discute sul mezzo miliardo di commissioni previste per i due advisor dell’operazione, JpMorgan e Mediobanca. Un compenso davvero alto visto che oggi Mps capitalizza appena 542 milioni. Infatti. Il successo dell'aumento di capitale (5 miliardi) comporterebbe per Jp Morgan una commissione del 4,75% che sia l’ex presidente Tononi sia Viola hanno giudicato elevata e forse, proprio per questo, sono stati dimissionati. Quindi, nella denuncia presentata il 12 ottobre 2016, chiediamo alla procura della Repubblica di aprire una indagine volta ad accertare se le manovre che hanno indotto il presidente del Consiglio Renzi, per bocca del ministro dell’Economia Padoan, a licenziare in tronco Fabrizio Viola, per piazzare al suo posto Marco Morelli, già in MPS ed ideatore dell’operazione ‘Fresh’ per l’acquisto di Antonveneta, autorizzata dall’ex direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, oggi a capo di JP Morgan in Europa, che guida l’aumento di capitale Mps e che avrebbe imposto lo stesso Morelli, non abbiano avuto la finalità di favorire la banca americana producendo un esborso per la dissanguata banca senese, per centinaia di milioni di euro integrando i reati di truffa. Chiediamo se tali manovre, che hanno indebolito ulteriormente il valore del titolo in borsa, non abbiano integrato ipotesi delittuose per far avviluppare nella rete di JPMorgan il Monte dei Paschi in ogni sua parte, con l’ex ministro dell’economia, Vittorio Grilli che, in qualità di presidente corporate investment banking della banca Usa per l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente, ha seguito tutti i dettagli dell’operazione sponsorizzandola al premier Renzi e al ministro dell’economia Padoan. Con Marco Morelli, che prima di riapprodare a Siena, aveva lavorato per Jp Morgan. Con Claudio Costamagna, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, che ha partecipato agli incontri col Governo e la banca a stelle e strisce, la cui coniuge Alberica Brivio Sforza, da qualche mese è stata assunta da Jp Morgan, settore private banking. In sostanza Jp Morgan ed altre banche, offriranno un prestito ponte di 5 mld, che costerà centinaia di milioni di commissioni, senza rischiare nulla essendo il finanziamento interamente garantito dal Gacs (Garanzia Cartolarizzazione Sofferenze), quindi dallo Stato e dalla fiscalità generale. Un quadro in effetti che ha suscitato molti dubbi, ma voi siete i primi a farne oggetto di una denuncia. Sì. E vorremmo sapere anche perché per la ricapitalizzazione di MPS è stata esclusa l’offerta alternativa messa in piedi da Corrado Passera, ex ad di Banca Intesa ed ex ministro del Governo Monti, al quale è stato negato l’accesso ai documenti e la cui lettera di rinuncia si chiude con note di rammarico: «La banca e i suoi amministratori hanno deciso di puntare tutto su una unica alternativa e mi auguro, non solo nell’interesse della Banca, ma dell’intera Italia, che questa strategia, alquanto rischiosa, porti comunque ai risultati sperati. La risposta della Banca è stata inequivocabile e ne siamo molto dispiaciuti». Tutto questo senza che le Autorità Vigilanti e l’Anac (foglia di fico funzionale alla propaganda del Governo Renzi), siano intervenute per obbligare gli amici di JPMorgan, a fornire i documenti richiesti da Passera, non solo per le minimali regole di trasparenza, ma nell’interesse di risparmiatori, lavoratori e nel futuro di una banca, che dopo aver disseminato morti sul suo cammino, come David Rossi ‘suicidato’, non può permettersi ulteriori ombre e sospetti di favoritismi amorali (se non di natura penale). Molta carne al fuoco in questo esposto.. Già. Nell’esposto depositato si chiede di svolgere tutte le indagini ritenute opportune e necessarie, circa il comportamento delle persone coinvolte nella vicenda denunciata, alfine di verificare l’eventuale sussistenza di fatti costituenti reato, posti in danno di risparmiatori espropriati dei propri beni tutelati dall’art.47 della Costituzione, già per i reati p.e p. dagli artt. 81, 640 e 646 c.p., con le aggravanti di cui all’art. 61 nn. 7 e 11 c.p., e/o per gli altri differenti reati, compresi gli art. 90 della Costituzione e gli art.241; 264; 283; 323; 416 Bis del Codice Penale, che la S.V. ravvisi nei fatti sopra descritti. Con espressa istanza di punizione degli eventuali responsabili per i reati che si riterranno configurabili e sussistenti a loro carico e con espressa riserva di costituirsi parte civile nell’instaurando procedimento penale, anche al fine di contribuire alla affermazione della penale responsabilità dei suddetti soggetti. E il referendum dunque si collocherebbe a vostro avviso in questo disegno di “assoggettamento” alla finanza internazionale? Chiari indizi sono le manovre per manipolare gli spread in attesa del referendum, come confermato perfino dall'imprudente ministro dell'Economia Padoan, come prova più lampante degli interessi di agenzie di Rating, banche di affari, potenze economiche e mafio-massonerie internazionali, per tenere in vita con l'ossigeno, un governo che asseconda gli ordini di JPMorgan e della grande finanza criminale e rendere la Costituzione, uscita dalle lotte partigiane, un inutile orpello funzionale a svolte autoritarie. Ho l’ottimistica speranza, suffragata dal riscontro nelle piazze, su bus, metro, nei mercati, nelle Università e sui luoghi di lavoro che il popolo strangolato, offeso ed impoverito, i risparmiatori espropriati da un governo che salva le banche ed utilizza i manganelli per reprimere il sacrosanto dissenso delle vittime, i lavoratori derisi ed umiliati dal Jobs Act, costretti a contrarre un mutuo ventennale e costose polizze vita per andare in pensione dopo 40 anni di duro lavoro, i giovani indebitati da Renzi al ritmo di 116.000 euro al minuto, col futuro ipotecato da un gravame di debito pubblico arrivato a 2.224,7 mld di euro (+ 114 mld con Renzi), ai quali la politica ha sottratto ogni speranza, impediranno col No corale, che la Costituzione nata dalle lotte partigiane e scritta nell’unità dei partiti, dai monarchici ai comunisti, possa essere modificata da burattini e cortigiani manovrati dalle banche di affari e dalla finanza criminale, da buffoni di corte e voltagabbana, noti saltimbanchi portati in gita premio perfino negli States da Obama, per premiarne le miserabili capriole. 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sabato 5 novembre 2016

ecco a voi IL CETA ne parleremo spesso.....

Firmato l’accordo di libero scambio tra Canada ed Europa. Il ritardo dovuto alla Vallonia e a una clausola sull’Investment Court System (ICS) Beniamino Bonardi 1 novembre 2016 Pianeta Lascia un commento 476 Visto TTIP CETA Freihandelsabkommen zwischen USA und EU Il destino finale del CETA sarà decisivo per il futuro già incerto del più grande accordo di libero scambio tra Ue e Usa, il TTIP. Il 30 ottobre, a Bruxelles, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il primo ministro canadese Justin Trudeau hanno firmato il CETA, l’accordo commerciale di libero scambio tra Ue e Canada, che si era incagliato sul veto della Vallonia, la regione francofona belga, che impediva al governo federale di dare il proprio consenso. Alla fine la Vallonia ha dato il proprio via libera, in cambio di alcune concessioni in merito alla clausola oggetto della contestazione, quella riguardante l’Investment Court System (ICS), che consente agli investitori stranieri di citare in giudizio gli Stati presso delle Corti speciali, e non davanti ai tribunali ordinari, se ritengono che determinati provvedimenti abbiano danneggiato i loro interessi, chiedendo un risarcimento. bandiere europee Nonostante la firma che prelude all’entrata in vigore provvisoria dell’Accordo Ue-Canada, la sua ratifica finale è ancora in forse La contestazione riguarda il fatto che questo meccanismo potrebbe limitare la libertà legislativa dei governi nazionali e della stessa Unione europea in settori come quello della tutela ambientale e della sicurezza alimentare. La Vallonia ha ottenuto che sulla legittimità dell’ICS si pronunci la Corte di Giustizia europea e che questa clausola non entri in vigore provvisoriamente, insieme ad altre, dopo che il CETA avrà ottenuto il parere favorevole del Parlamento europeo e dei 28 governi nazionali, ma non la ratifica dei parlamenti dei singoli Stati. Quindi, nonostante la firma che prelude all’entrata in vigore provvisoria dell’Accordo Ue-Canada, la sua ratifica finale da parte del parlamento belga è ancora in forse. E il destino finale del CETA sarà decisivo per il futuro già incerto del più grande accordo di libero scambio tra Ue e Usa, il TTIP. Beniamino Bonardi

POVERTA? : la gente mangia MENO non ha soldi per i cibi, morira coi cibi tossici a poco prezzo?

La povertà nel piatto: gli italiani hanno ridotto i consumi di carne, pesce, verdura e frutta in relazione al reddito. L’indagine del Censis sulle abitudini alimentari Beniamino Bonardi 31 ottobre 2016 Nutrizione 1 Commento 664 Visto carne macellazione Nell’ultimo anno 16,6 milioni di persone hanno ridotto il consumo di carne Il Censis ha realizzato una ricerca sui cambiamenti delle abitudini alimentari degli italiani, da cui risulta che nell’ultimo anno 16,6 milioni di persone hanno ridotto il consumo di carne, 10,6 milioni quello di pesce, 9,8 milioni la pasta, 3,6 milioni la frutta, 3,5 milioni la verdura. E meno si guadagna, più si risparmia nella scelta del cibo: negli ultimi 7 anni la spesa alimentare è diminuita in media del 12,2%, ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4 e tra i disoccupati del 28,4%. La disparità sociale, secondo la ricerca del Censis anticipata da Repubblica, si ritrova in ogni tipo di cibo: hanno tagliato il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito contro il 32% dei benestanti, quello di pesce il 35,8% dei meno abbienti contro il 12,6% dei più ricchi. Per la verdura, il consumo familiare è diminuito del 15,9% tra chi ha basso reddito rispetto al 4,4% . Per la frutta, la riduzione tocca il 16,3% dei meno abbienti e solo il 2,6% delle famiglie con un reddito elevato. consumi Le persone meno abbienti hanno ridotto di più i consumi di frutta e verdura rispetto ai benestanti «Questo significa che molti non possono permettersi i cibi base della dieta mediterranea. La tavola diventa così luogo di iniquità sociale, che produrrà rilevanti costi sociali: sempre più gente malata o obesa», sottolinea Massimiliano Valeri, direttore generale del Censis. La ricerca evidenzia come il tasso di obesità sia più alto nelle regioni dove i redditi sono più bassi e la spesa alimentare in forte diminuzione. Al Sud, per esempio, negli ultimi sette anni la spesa è scesa del 16,6 % e il reddito è di un quarto inferiore alla media nazionale: qui le persone obese e in sovrappeso sono il 49,3%, ossia quasi metà della popolazione. Beniamino Bonardi

PESCE attenzione attenzione attenzione

Pesce fresco: le cose da sapere prima dell’acquisto. Viaggio nelle pescherie di Bologna tra etichette poco chiare e sigle di additivi da decodificare Redazione Il Fatto Alimentare 28 ottobre 2016 Nutrizione Lascia un commento 1,419 Visto pesce«Vorrei preparare una cena a base di pesce. Mi raccomando, però, senza lische!» Non è raro sentire una frase come questa davanti al banco del pesce. Nei primi sei mesi del 2016 gli italiani hanno consumato meno carne e più prodotti ittici, avvicinandosi ai 26 chili l’anno, anche se per molti si tratta ancora di un alimento piuttosto “misterioso”. È consigliato perché nutriente e digeribile, adatto a tutte le età e per tutte le diete. Il pesce però è un alimento “delicato” perché si presta più facilmente alle frodi, perché non è sempre facile riconoscere il grado di freschezza soprattutto quando è venduto in tranci o filetti. L’ultima criticità è la difficoltà di verificare se ciò che viene offerto è davvero la specie indicata in etichetta oppure un’altra meno pregiata. pesce crudoI pesci di dimensioni maggiori, come tonno e pesce spada, accumulano inquinanti e con una certa regolarità interi lotti vengono ritirati dal commercio perché contengono troppo mercurio. I prodotti surgelati o decongelati possono essere trattati con alcuni additivi per migliorarne l’aspetto e mantenerli “freschi”. Infine, non dimentichiamo che gran parte degli stock ittici (il 90% nel Mediterraneo e nel Mar Nero) sono sfruttati oltre il limite di sostenibilità. Per questo motivo bisognerebbe scegliere il più possibile pesce sostenibile, pescato con attrezzi che non impoveriscono eccessivamente l’ecosistema marino, e abbiano dimensioni “di sicurezza” (la legge proibisce di catturare pesci molto piccoli per consentire loro di crescere e dare il tempo di riprodursi favorendo così il rinnovo delle popolazioni ittiche). pesce fresco Nel nostro mare si trovano tanti pesci poco noti e poco sfruttati, come sarago, pagello, sugarello, leccia e tonnetto striato. Per orientarsi, conviene consultare il sito della commissione europea e le diverse guide sul pesce sostenibile, come quella di consumaregiusto. Per quanto riguarda gli attrezzi di pesca ci sono quelli a ridotto impatto come: canne, arpioni, nasse, reti da imbrocco, reti da posta e palangari di fondo, mentre sono poco sostenibili: reti a strascico, draghe e palangari di superficie. Secondo un sondaggio commissionato da Greenpeace, di cui abbiamo già parlato, risulta che il 77% degli italiani sarebbe disposto a spendere di più per avere pesce sostenibile. In realtà le statistiche raccontano un’altra verità. I pesci maggiormente consumati a casa sono tonno (scelto dall’81% degli intervistati), merluzzo/nasello (71%), acciughe (70%) e salmone (70%) mentre al ristorante preferiamo orata (42%), pesce spada (42%), salmone (42%) e tonno (36%). Gli stock di pesce spada e tonno sono però in condizioni critiche, per il merluzzo dipende dalla zona di pesca e il salmone è in gran parte allevato, quindi non è a rischio anche se gli allevamenti possono avere un notevole impatto ambientale. Bisogna poi notare che meno del 30% degli italiani conosce la nuova normativa sulle etichette (in vigore dal 13 dicembre 2014) e solo uno su 10 sa che tra le diciture deve comparire anche il metodi di cattura. Sulle etichette del pesce dobbiamo trovare: il nome scientifico e comune, il prezzo al chilo, se il prodotto è fresco o decongelato, se allevato (e dove) oppure pescato con la zona di cattura e gli attrezzi usati per la pesca. Tutte queste informazioni, insieme a qualche conoscenza sulla stagionalità del pesce, permettono di fare scelte consapevoli. Purtroppo in alcuni casi le indicazioni in etichetta sono incomplete e spesso scritte in caratteri così piccoli da risultare illeggibili. Greenpeace ha lanciato Fishadvisor: una sorta di Tripadvisor delle pescherie dove è possibile scrivere e consultare recensioni relative alla qualità, freschezza e sostenibilità del pesce, oltre che alla completezza delle informazioni fornite dalle etichette. pesce Banco del pesce al Pam di via Marconi Abbiamo visitato alcuni supermercati e pescherie nel centro di Bologna per vedere se e come la norma viene rispettata. Mentre le informazioni riportate sulle confezioni del pesce surgelato sono sempre complete, le etichette sul banco del pesce fresco in molti casi lasciano a desiderare. Nel punto vendita Pam di via Marconi le etichette riportano tutte le informazioni, ma i caratteri sono veramente piccoli: per leggerle bisognerebbe posizionarsi sul prodotto. Osservando gli anelli di calamari decongelati si legge che sono trattati con fosfati e polifosfati con funzione di stabilizzanti: E450, E451 ed E452. Queste sostanze trattengono acqua (che paghiamo al prezzo del pesce), sono consentite e impiegate in un gran numero di alimenti, e potrebbero essere dannose per la salute in caso di sovradosaggio. Niente additivi invece su calamari e seppie freschi, né sugli altri pesci freschi. pesce Banco del pesce alla Coop di via Massarenti Situazione simile alla Coop San Vitale, in via Massarenti. Le indicazioni ci sono, ma sono scritte in piccolo, inoltre le zone e gli attrezzi di pesca sono indicati con un codice numerico. Per trovare la corrispondenza è necessario consultare il poster e gli stampati esposti nei pressi del banco pescheria. Sulle seppie decongelate non ci sono stabilizzanti, ma acido citrico (E 330) con funzione antiossidante. Nel banco pescheria del Conad Pola, in via Emilia levante, oltre ai “soliti” tranci di tonno (pinna gialla), pesce spada e smeriglio, ci sono orate e branzini, seppie e calamari, ma anche pesci nostrani, meno sfruttati e più sostenibili, come leccia stella e lampuga. Nelle etichette ci sono tutte le informazioni, in caratteri molto piccoli, e sono esposti i cartelli sulle zone di pesca e i metodi di cattura. pesce Banco del pesce al Conad di via Emilia Levante Ci sono anche prodotti congelati sfusi in vendita self-service: le etichette sono complete. Gli anelli di calamari sono trattati con polifosfati e le code di gamberi con il conservante E223 (metabisolfito di sodio). I filetti congelati e surgelati nella maggior parte dei casi non contengono additivi, tranne quelli di pangasio (pesce allevato in acque dolci in Thailandia o in Vietnam) che spesso sono addizionati con stabilizzanti. Diversa la situazione nelle pescherie del centro, in via Drapperie. Qui, oltre alle specie più pregiate, nelle cassette esposte sulla strada si trovano molti pesci pescati in Adriatico: sugarelli, more, triglie, pagelli, melù, saraghi, sarde, alici, sgombri e delle orate vendute a sei euro al chilo. Le dimensioni a volte sono vicine al limite di legge e questo può spiegare il prezzo basso. In un angolino spunta anche del novellame. pesce Il pesce della Pescheria Brunelli in via Drapperie Le etichette ci sono, più o meno precise: quelle della pescheria Brunelli sono scritte in caratteri leggibili ma non sono complete e per l’attrezzo di pesca rimandano al cartello collocato all’interno. Alla pescheria Adriatica, invece, le etichette sono più precise, ma meno leggibili. Gli attrezzi di pesca per questi prodotti sono quasi sempre reti da traino, le più usate in Adriatico. È un metodo che può avere un impatto più o meno sostenibile a seconda di diversi fattori: le reti per il pesce azzurro sono trainate a mezz’acqua (pelagiche) e, usate correttamente, con maglie non troppo strette, hanno un impatto accettabile. Il pesce della Pescheria L’Adriatica in via Drapperie Il pesce della Pescheria L’Adriatica in via Drapperie Cosa è meglio scegliere, allora? «Se voglio fare attenzione alla sostenibilità – raccomanda Valentina Tepedino di Eurofishmarket – devo scegliere specie alternative alle solite dieci, variando la mia dieta ittica seguendo la stagionalità delle specie e preferendo quando possibile prodotti con l’origine più vicina a dove vivo. Conviene rivolgersi a distributori che acquistano direttamente dal produttore o dal primo intermediario, insomma preferire la cosiddetta filiera corta. È importante, dato che oggi la normativa lo richiede obbligatoriamente, acquistare solo su banchi dove l’etichetta c’è ed è completa con tutte le indicazioni di legge. Solo se il pesce è stato pescato legalmente e ha una rintracciabilità può essere anche sostenibile». Se apriamo gli occhi e cominciamo a chiedere informazioni, i rivenditori saranno costretti a porre più attenzione a ciò che acquistano e propongono a noi consumatori. foto e testo di Valeria Balboni

giovedì 20 ottobre 2016

lunedì 12 settembre 2016

Prosciutto.....? NO GRAZIE

Prosciutto cotto: addio al termine minimo di conservazione stabilito per legge. Sarà il produttore a fissare liberamente l’intervallo Giulia Crepaldi 7 settembre 2016 Etichette & Prodotti Commenti 761 Visto prosciutto cotto Il termine di minimo di conservazione del prosciutto cotto confezionato non ha più una TMC massima stabilita per legge Il prosciutto cotto confezionato in vaschetta non ha più un termine minimo di conservazione prestabilito dalla legge. Lo stabilisce l’articolo 5 del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 26 maggio 2016, che modifica il decreto del Ministero delle attività produttive del 21 settembre 2005 sulla produzione e la vendita di alcuni salumi. L’articolo 7 disciplina in modo particolare le condizioni di vendita del prosciutto cotto. Il nuovo decreto cancella i riferimenti al termine minimo di conservazione, che non poteva essere superiore a 30 giorni dalla data di confezionamento per il prosciutto cotto affettato e di 60 giorni per quello venduto in tranci. Prima il limite era uguale per tutti ed era fissato senza considerare il tipo di materia prima, il sistema di lavorazione e soprattutto il metodo di confezionamento. Adesso le regole cambiano e il periodo di conservazione del prosciutto cotto affettato in vaschetta oppure venduto in tranci o a cubetti sarà stabilita dal produttore sulla base delle caratteristiche, della tecnologia di confezionamento e di prove condotte in laboratorio, come avviene per quasi tutti i prodotti alimentari. mortadella affettati 179050622 Per gli altri salumi confezionati, il termine minimo di conservazione è sempre stato stabilito dai produttori Il produttore che vende di prosciutto cotto affettato conservato in vaschette confezionate in atmosfera modificata, magari sottoponendo i contenitori ad un preventivo passaggio sotto lampade UV per ridurre la carica microbica, potrebbe stabilire anche una durata superiore ai 30 giorni prefissati dal vecchio regolamento. Il vantaggio è duplice: dare più servizio al consumatore e ridurre le possibilità di gettare nella spazzatura affettati ancora buoni e sicuri. Il nuovo decreto corregge anche una disparità normativa nella vendita dei salumi confezionati, visto che i limiti alla scadenza riguardavano solo il prosciutto cotto confezionato. Per gli altri salumi come salame e prosciutto crudo presenti nei banchi frigo dei supermercati italiani, il termine minimo di conservazione era già stabilito dal produttore. © Riproduzione riservata Giulia Crepaldi

È normale che la superficie non sia liscia?”

Quello strano guscio delle uova: una lettrice chiede perché la superficie non è liscia. Risponde l’azienda: “diverse le possibili cause, dal mangime allo stress della gallina” Redazione Il Fatto Alimentare 8 settembre 2016 Lettere Lascia un commento 560 Visto uova “È normale che la superficie non sia liscia?” Una lettrice allarmata dall’aspetto inusuale di alcune uova appena acquistate, ci ha scritto chiedendoci un consiglio. Ecco la lettera. Questa mattina ho comprato una confezione di uova giganti allevate a terra della marca “le Naturelle“. Con una certa sorpresa ho scoperto che la superficie non è liscia, ma tutta rigata. Le ho acquistate a Roma, e il numero di lotto è (H) 35328503. Dentro il guscio presenta delle chiazze e si nota anche che il colore usato per stampare su ogni singolo uovo il lotto e la scadenza, è passato all’interno. Per non sbagliare l’uovo lo butto! Paola Ecco la riposta dell’azienda Eurovo che produce, tra le altre, anche la marca “le Naturelle”. L’uovo è un prodotto di origine animale pertanto non è possibile l’omogeneità e la replicabilità sempre uguale dello stesso. Nel caso specifico segnalato dalla consumatrice, l’“irregolarità” rilevata sul guscio può essere stata causata da diversi fattori quali per esempio l’età dell’animale, la formulazione del mangime, lo stress sulla gallina provocato da “cambio di stagione”, poiché nel nostro campione del lotto indicato non abbiamo riscontrato anomalie. uova Il colore usato per stampare sulla superficie esterna il lotto e la scadenza, è passato all’interno La conformazione del guscio è composta prevalentemente da carbonato di calcio, pertanto una scorretta assimilazione da parte dell’animale dei micronutrienti presenti nel mangime somministrato può provocare una non uniformità della superficie del guscio. L’inchiostro usato per la stampigliatura del guscio è di tipo, per legge, alimentare, pertanto innocuo per la salute del consumatore se, eventualmente, dovesse entrare a contatto con il contenuto interno dell’uovo. Il potenziale trasferimento dell’inchiostro dall’esterno all’interno del guscio può avvenire poiché lo stesso è poroso, soprattutto quando la calcificazione non è completa. Ci teniamo a sottolineare che tali caratteristiche, che a prima vista possono sembrare anomalie, sono assolutamente innocue per la salute e per la sicurezza del consumatore finale. Trattasi di anomalie visive su un prodotto di origine animale. Responsabile assicurazione qualità Eurovo © Riproduzione riservata sostieni il fatto alimetnare Le donazioni si possono fare: * Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui * Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare Redazione Il Fatto Alimentare

economia sinonimo di partiche scorrette

RONTO CONSUMATORE LUGLIO/AGOSTO 2016 Bollettino d'informazione del Centro Tutela Consumatori Utenti - supplemento al n. 43/50 La versione integrale cartacea del Pronto Consumatore viene recapitata gratuitamente via posta ai soci del CTCU (http://www.centroconsumatori.it/30 v30d30485.html) oppure è disponibile in formato PDF nella sezione download (http://www.centroconsumatori.it/35v35d37881.html). Le seguenti news sono un estratto. CLASS ACTION: IL DDL È ARENATO IN SENATO DA OLTRE UN ANNO. I CONSUMATORI CHIEDONO LO SBLOCCO IMMEDIATO PER RENDERE POSSIBILE UNA RIFORMA DI VITALE IMPORTANZA PER LA TUTELA DEI CITTADINI Il 3 giugno 2015, la Camera dei deputati aveva approvato quasi all’unanimità un'importante riforma della class action. Da allora, nonostante sia trascorso più di un anno, il Senato non ha fatto ancora nulla per l’approvazione definitiva del disegno di legge n.1950 (class action). Per questo motivo, dodici Associazioni di consumatori hanno inviato, di recente, una lettera a tutti i Senatori per chiedere lo sblocco immediato per l'approvazione del ddl. Le associazioni ritengono che la riforma della class action sia urgente e improcrastinabile. Tutti i principali ordinamenti europei hanno già una disciplina delle azioni collettive risarcitorie idonea per contrastare gli illeciti di massa e tutelare i danneggiati. Le Associazioni di consumatori chiedono quindi che si apra anche in Senato il dibattito sul disegno di legge della class action, onde arrivare in tempi rapidi ad un'approvazione della riforma. PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE NELLA VENDITA DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI AGCM COMMINA UNA SANZIONE DI 640.000 EURO AL GRUPPO GREEN POWER! SEGNALAZIONE PARTITA DAL CTCU - PARECCHI CASI ANCHE IN ALTO ADIGE Una sanzione di 640.000 euro è stata irrogata dall’Antitrust al Gruppo Green Power, per le pratiche commerciali adottate nella vendita di impianti per lo sfruttamento dell'energia solare e la produzione di elettricità e calore: queste sono risultate scorrette in quanto ingannevoli, riguardo agli effettivi risparmi ottenibili dall'installazione e ai legami dell’azienda con il gruppo Enel; e aggressive in quanto limitative del diritto di recesso. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha ritenuto che la prospettazione di tali impianti come "a costo zero", in virtù dei risparmi ottenibili e dei ricavi dalla vendita dell'energia prodotta in eccesso, ingannasse il consumatore sulla aleatorietà e sulla distribuzione temporale di tali benefici, a fronte dei pagamenti certi per l'acquisto dell'impianto che, spesso, avveniva attraverso un finanziamento proposto da società convenzionate con Green Power. Per dissuadere i clienti dal recedere dalla proposta, infine, il Gruppo ha previsto una penale pari al 25% del valore dell'impianto. La sanzione originaria di 680.000 euro, comminata per queste condotte scorrette, è stata ridotta di 40.000 euro a causa dei bilanci in perdita di Green Power. ESCE DALLA PORTA COME TIM PRIME E... RIENTRA DALLA FINESTRA COME TIM PRIME GO! DAL 15 GIUGNO AD ALCUNI UTENTI È STATA ATTIVATA L'OFFERTA; È POSSIBILE DISATTIVARLA TRAMITE IL NUMERO GRATUITO 409162 O TRAMITE IL SITO INTERNET DI TIM, CAMBIANDO PIANO TARIFFARIO! Nel mese di marzo di quest'anno la stessa società aveva annunciato l'attivazione del servizio TIM PRIME a tutti gli utenti in possesso di scheda ricaricabile al costo di 49 centesimi a settimana a partire dal 10 aprile. Da subito il CTCU aveva segnalato la pratica commerciale scorretta all'Autorità e in seguito all'apertura del relativo Procedimento da parte dell'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato e dell'Autorità Garante per le Comunicazioni, TIM aveva deciso di non attivare l'offerta. Ora però la societá ci ha ripensato, annunciando l'attivazione di una nuova offerta dal 15 giugno, questa volta denominata TIM PRIME go. Anche in questo caso il CTCU ha subito provveduto a segnalare la presunta pratica scorretta da parte di TIM. Ricordiamo che i nostri uffici sono a vostra disposizione per ulteriori informazioni in merito. OLIO D'OLIVA: TANTO DESIDERATO E SPESSO "FALSIFICATO"? Sembrano moltiplicarsi i casi di olii con etichette contraffatte. Negli ultimi mesi le Autorità di controllo italiane hanno potuto far luce su vari casi di truffa in commercio, con relative sanzioni per alcuni produttori. Questi avevano venduto olii come “extra vergine”, i quali non rispettavano o rispettavano solo in parte i requisiti qualitativi previsti per questa tipologia di prodotto. Olio d'oliva dichiarato come “italiano”, ma in realtà ricavato da olive raccolte in Spagna e Grecia, olio “extra vergine” che poi si è rivelato olio di soia o girasole colorato: sono soltanto due dei casi di truffa portati alla luce dalle Autorità italiane negli ultimi mesi. L'Antitrust ora ha multato diversi produttori per pratiche commerciali scorrette in relazione all'olio da loro prodotto: Lidl, Carapelli, Sasso, Bertolli e Coricelli. La Procura ha fatto analizzare gli oli dal laboratorio dell'Agenzia delle Dogane. Gli olii venivano venduti come “extra vergine”, mentre secondo i risultati delle analisi corrispondevano soltanto alla categoria “vergine”. Così i consumatori si sono trovati a pagare un prezzo più alto per un prodotto solo apparentemente di alta qualità. INCOMPRENSIBILE RITARDO NELL'APERTURA DI NUOVE FARMACIE! IL CTCU: LA PROVINCIA NON DOVREBBE ESSERE DIETRO ALLE ALTRE REGIONI BENSÌ STIMOLARE LA CONCORRENZA E NON LIMITARLA Una volta, grazie a una rigida normativa veniva garantito al cittadino un alto livello di approvvigionamento dei farmaci. Oggi invece un eccesso di regolamentazione limita la concorrenza e ha come conseguenza quella di aumentare i costi, che vanno poi a carico dei cittadini! Ecco perché, a livello nazionale e su insistenza delle associazioni dei consumatori si cerca, già da anni, di giungere a una completa liberalizzazione del mercato in questo specifico settore. Purtroppo il potere delle lobbies è troppo incisivo e ad oggi le liberalizzazioni, introdotte con la Riforma Monti del 2012 (L. 27 del 24.3.2012), sono ancora in una fase di stallo. A ciò si aggiunge il fatto che in Alto Adige era prevista l'apertura di ben 28 nuove farmacie mentre la legge provinciale ha deciso di ridurre il loro numero a 19, motivando tale decisione con il fatto che “il fabbisogno dei farmaci in Alto Adige è inferiore rispetto al resto d'Italia”. E allora come la mettiamo per quel che riguarda la distribuzione dei farmaci sul nostro (vasto) territorio e i presidi sanitari ai quali gli anziani e le famiglie con bambini potrebbero rivolgersi? L'apertura delle 19 nuove farmacie richiede – incomprensibilmente - tempi lunghi. In Piemonte, in Toscana, in Emilia Romagna e in Puglia le prime nuove farmacie sono già state aperte. Il CTCU ritiene l'apertura delle farmacie una priorità assoluta ed è giunta inoltre l'ora che la concorrenza venga utilizzata, seppur in maniera ridotta, anche a beneficio dei pazienti in Alto Adige. LEASING IMMOBILIARE ABITATIVO - CTCU: UN'ALTERNATIVA AL MUTUO IPOTECARIO? Con il termine leasing immobiliare si indica un'operazione finanziaria che ha come scopo quello di permettere l'acquisto di un immobile, destinato ad abitazione principale, pagando un anticipo minimo, un canone mensile per un determinato periodo contrattualmente prestabilito e una maxi-rata finale (cd. riscatto). Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica o i suoi familiari dimorano abitualmente. L'immobile acquistato grazie al leasing immobiliare abitativo deve essere effettivamente utilizzato come abitazione principale entro un anno dalla consegna. L'operazione finanziaria di leasing consiste in un contratto tra una banca o un intermediario finanziario, autorizzato e vigilato dalla Banca d'Italia, ossia una società di leasing (cd. concedente) e un privato (cd. utilizzatore). Con l'accordo il concedente si impegna ad acquistare, o far costruire, l’immobile per conto dell'utilizzatore. La proprietà resta quindi al finanziatore, mentre il cliente ha il diritto di utilizzare l'appartamento a fronte del versamento di una rata iniziale e dell'impegno a pagare canoni mensili. Il finanziamento prevede un tasso di interesse annuo e canoni calcolati sulla base del prezzo di acquisto e della durata del contratto. Alla sua scadenza il cliente potrà esercitare il cd. diritto di riscatto dell'appartamento pagando la rata finale stabilita alla firma del contratto. Con il leasing finanziario è quindi la banca ad acquistare la casa e rimanerne proprietaria fintantoché l'utilizzatore non pagherà l'eventuale importo del riscatto finale. Maggiori informazioni su: http://www.centroconsumatori.it/45v39081d108464.ht ml. VENDITE PORTA A PORTA ATTENZIONE ALLE PROPOSTE DI SCONTI: SI TRATTA DI VERI E PROPRI CONTRATTI DA 3.000 EURO! Diversi cittadini si stanno rivolgendo ai nostri sportelli per avere informazioni su “proposte di commissione” che vengono sottoposte e fatte sottoscrivere durante delle improvvise visite di venditori presso le loro abitazioni. Queste proposte, che sono dei veri e propri contratti, prevedono l'acquisto di articoli, per lo più casalinghi, da scegliere all'interno di un catalogo, a fronte del pagamento di ca. duemilacinquecento, tremila euro. Di norma, viene fatta sottoscrivere una prima commissione dove è difficile individuare l'oggetto contrattuale e poi a distanza di circa un paio di settimane, un secondo verbale di consegna merce, con l'indicazione di alcuni prodotti che però … non vengono realmente consegnati! Durante la prima visita si rischia di essere tratti in inganno dal fatto che vengono proposti dei fantomatici sconti per l'acquisto di prodotti da catalogo da poter effettuare nel corso di 5 anni e solo dopo la sottoscrizione ci si rende conto di essersi impegnati al l'acquisto di articoli per la casa per importi anche molto importanti. Informazioni e consulenza presso il CTCU (tel. 0471-975597). VENDITE "PORTA A PORTA" DI RILEVATORI DI FUGHE DI GAS - LA LORO INSTALLAZIONE NON È OBBLIGATORIA! IL RECESSO DAL CONTRATTO È POSSIBILE ENTRO 14 GIORNI DALLA CONSEGNA DEL PRODOTTO! Negli ultimi giorni sono di nuovo numerose le segnalazioni che giungono al CTCU riguardo un’azienda che sta vendendo nella nostra zona rilevatori di fughe di gas (“aiutano a prevenire le fughe di gas”) attraverso il sistema della vendita “porta a porta”. Secondo quanto riferito dai consumatori, i venditori, per piazzare il prodotto, si soffermano soprattutto “sulla sicurezza tra le quattro mura”. Il CTCU ricorda che l'installazione di tali apparecchi non è assolutamente obbligatoria e non è prevista in alcun modo dalla legge. I consumatori non sono quindi obbligati a far entrare alcun rappresentante della ditta in questione all'interno della propria abitazione e tantomeno sono obbligati ad acquistare il prodotto. In ogni caso si consiglia di verificare prima se sul mercato esistano dispositivi analoghi, confrontando eventualmente i relativi prezzi. --------------------------------------------------------------------------- Per un eventuale cambio di indirizzo email la preghiamo di collegarsi a http://www.centroconsumatori.it/newsletter_it.php per poter rimuovere l'indirizzo vecchio e iscrivere quello nuovo. Per non ricevere più la nostra newsletter basta collegarsi a http://www.centroconsumatori.it/newsletter_it.php per poter rimuovere il suo indirizzo email. ---------------------------------------------------------------------------- - Pronto Consumatore del Centro Tutela Consumatori ed Utenti Alto Adige I-39100 Bolzano, via Dodiciville 2 http://www.centroconsumatori.it Riproduzione salvo citazione della fonte. Isc. reg.st. Trib. di BZ n. 7/95 del 27.02.95. Dir. resp. Walther Andreaus ---------------------------------------------------------------------------- -

domenica 11 settembre 2016

veleni nelle carne di pollo

25 polli su 40 contaminati da batteri resistenti agli antibiotici (Cefalosporine). L’inchiesta di Altroconsumo conferma una situazione di criticità Redazione Il Fatto Alimentare 6 settembre 2016 Sicurezza Alimentare Commenti 1,482 Visto carne macello polli 179131760 La resistenza è causata anche dall’utilizzo eccessivo di questi antibiotici negli allevamenti Quanti polli venduti in supermercati e macellerie sono contaminati da batteri resistenti agli antibiotici? Altroconsumo ha provato a rispondere a questa domanda, con un’inchiesta in 20 punti vendita situati a Roma e Milano. Su 40 petti di pollo acquistati, 25 sono risultati contaminati da Escherichia Coli resistente a diversi antibiotici utilizzati per curare infezioni alle vie urinarie che colpiscono l’uomo. Premesso che è assolutamente normale trovare sulla carne di pollo come di altri alimenti una quantità elevata di batteri, come l’Escherichia Coli, è altrettanto vero che questi microrganismi non sono considerati pericolosi anche perché vengono eliminati con la cottura. Il problema non riguarda tanto il petto di pollo che quando è cotto viene mangiato senza problemi, quanto la possibilità che i batteri resistenti si diffondano nell’ambiente domestico fino ad arrivare all’uomo. In questo caso si parla di resistenza agli antibiotici è il problema assume un carattere sanitario ben più ampio e serio. Altroconsumo ha verificato la presenza in molti campioni di carne di pollo ( 25 su 40) di batteri resistenti agli antibiotici della classe delle cefalosporine, farmaci battericidi simili, ma meno potenti, alle penicilline e per questo difficilmente utilizzati come terapia di prima scelta. La notizia buona è che Altroconsumo non ha trovato microrganismi resistenti ai Carbapenemi, antibiotici importanti perché ultima spiaggia per infezioni piuttosto serie. La resistenza agli antibiotici è una caratteristica che i batteri possono acquisire quando sono a contatto con i farmaci a causa di una mutazione casuale nel Dna. Il risultato finale è che il microorganismo risulta insensibile al farmaco. Questa caratteristica viene trasmessa alla progenie, dando origine a ceppi resistenti, che si diffondono nel cibo e nell’ambiente. Inoltre, la resistenza agli antibiotici può essere trasmessa anche ad altre specie batteriche attraverso scambi di materiale genetico, che si verificano comunemente da un microorganismo all’altro. Negli allevamenti di polli, anche se non non è più legale utilizzare medicinali per prevenire le malattie intestinali ed evitare il diffondersi di malattie che possono rallentare la crescita degli animali – gli antibiotici vengono usati lo stesso con una certa frequenza. In genere quando si riscontrano avvisaglie di una malattia su alcuni capi si programma subito un trattamento di antibiotici esteso a tutti gli animali per evitare il contagio. Questo impiego massiccio e diffuso facilita e permette la selezione di batteri che resistono. Le conseguenze non si esauriscono negli allevamenti, ma rischiano di trasferirsi anche all’uomo, perché attraverso la contaminazione del pollo i batteri resistenti si diffondono negli ambienti domestici. pollo cucinare antibiotici È importante saper maneggiare correttamente il pollo durante la preparazione dei piatti: la contaminazione zero non esiste Il problema riguarda tutti i paesi. La rivista ha condotto analoghe indagini in Belgio, Spagna e Portogallo dove sono stati trovati rispettivamente il 76, l’83 e l’85% di polli contaminati con batteri resistenti. Per quanto riguarda invece i residui di antibiotici nella carne le analisi hanno dato esito negativo. Questo però non deve far pensare che gli antibiotici non siano stati utilizzati. La norma prevede che dopo il trattamento debbano trascorrere alcuni giorni per permettere al farmaco di essere metabolizzato e solo dopo questo lasso di tempo i polli possono essere macellati. L’inchiesta infine valuta anche un terzo parametro: l’igiene. In 4 casi è stato trovato Escherichia Coli in quantità elevate tali da da essere un problema; a Roma tre campioni erano contaminati addirittura con Salmonella. La presenza di altri batteri molto pericolosi come Campylobacter e Listeria è stata rilevata in pochi campioni e in quantità molto basse e questo aspetto indica un discreto livello di pulizia e igiene nella fase di macellazione. Si tratta di un elemento interessante vista la facilità con la quale si può andare incontro a contaminazione durante la macellazione. Per questo è fondamentale trattare correttamente il pollo in cucina quando si prepara: non lavarlo per evitare che i batteri si diffondano nel lavandino attraverso l’acqua, cuocerlo bene ad alte temperature, non mischiare carne cruda e cotta, lavare le mani e tutti gli utensili e i ripiani con sapone e acqua calda dopo aver manipolato il pollo crudo, non far entrare in contatto la carne cruda con verdura o altri alimenti. Per contribuire concretamente alla soluzione del problema dell’antibiotico resistenza, Altroconsumo ha aderito alla campagna Basta antibiotici nel piatto di Consumer International, invitando i principali avicoltori e le più importanti catene di distribuzione a evitare l’abuso di antibiotici negli allevamenti e a garantire buone condizioni igieniche. Anche i consumatori possono partecipare – come si legge nel comunicato – inviando una mail – già compilata, con le richieste della campagna – ad allevatori e distributori. Dopo l’inchiesta di Altroconsumo Unaitalia ha diffuso un comunicato in cui precisa qual è il ruolo del settore avicolo nella lotta all’antibiotico-resistenza nel nostro paese e annuncia di avere avviato, d’intesa con il Ministero della Salute, un piano volontario di riduzione dell’impiego di antibiotici. Secondo Unaitalia, nel 2015 il consumo di antibiotici negli allevamenti avicoli è stato ridotto del 39,95% rispetto al 2011. L’obiettivo del piano era di diminuire del 15% l’uso di antibiotici entro il 2015 e di arrivare a meno 40% nel 2018. Obiettivo raggiunto con tre anni di anticipo. Continua a leggere … fonte il Fatto alimentare 6 settembre 2016

mercoledì 7 settembre 2016

gorgonzola ritirato

Nella settimana n°34 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 49 (5 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende un solo caso per la presenza di sostanza non autorizzata (tetraidrocannabinolo – THC, il principio attivo della cannabis) in semi di canapa dalla Germania. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: eccesso di mercurio in lombi di pesce spada scongelati (Xiphias gladius) dalla Spagna. cannabis Principio attivo della cannabis in semi di canapa Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: allergene (soia) non dichiarato in etichetta di grissini italiani; migrazione di cromo da coltelli da bistecca dalla Cina; istamina in sgombro fresco (Scomber scombrus) dalla Francia; Salmonella in pinoli provenienti dalla Turchia. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Svizzera segnala Listeria monocytogenes in gorgonzola “Selezione Reale” in confezione da 200 g (Lotti L16202 con data di scadenza 11.09.2016; L17516 con data di scadenza 25.09.201; Lotto L17516 con data di scadenza 30.09.2016); la Francia segnala un altro caso di Listeria monocytogenes in gorgonzola. © Riproduzione riservata

UE NEMICA DELLA SALUTE UMANA

I criteri scientifici proposti in giugno dalla Commissione europea per identificare gli interferenti endocrini (sostanze presenti nei pesticidi e nei biocidi, in grado di interferire con il sistema ormonale e di causare patologie anche gravi) stanno raccogliendo critiche da tutti i fronti: mondo scientifico, industria, organizzazioni non governative. Dal mondo scientifico la critica arriva dell’Endocrine Society, la più prestigiosa associazione di endocrinologi al mondo, che conta 18.000 membri in 122 Paesi. Secondo l’associazione i criteri indicati dalla Commissione europea, con due anni e mezzo di ritardo rispetto al termine previsto, non sono in grado di proteggere efficacemente la salute pubblica e porteranno a identificare come interferenti endocrini poche sostanze chimiche. sicurezza alimentare allerta 185915920 Il mondo scientifico critica i criteri della Commissione Ue per identificare gli interferenti endocrini, giudicati troppo lassi Critiche di segno opposto arrivano, invece, dal fronte dell’industria chimica, secondo la quale i criteri proposti dalla Commissione Ue non permettono di distinguere con chiarezza le sostanze che causano un danno da quelle che non presentano alcun rischio per la salute umana e per l’ambiente e che contribuiscono al benessere economico e sociale delle persone. Anche secondo Coceral, l’Associazione europea del commercio dei cereali, riso, mangimi semi oleosi, olio d’oliva, oli e grassi e fornitori agricoli, molti prodotti per la protezione delle colture ampiamente utilizzati saranno rimossi dal mercato. Secondo Coceral la Commissione europea ha perso l’opportunità di includere ogni elemento di caratterizzazione del pericolo, così come qualsiasi considerazione sull’esposizione e sugli impatti socio-economici nel progetto di definizione degli interferenti endocrini. L’associazione sottolinea come la mancata inclusione di qualsiasi elemento di caratterizzazione del pericolo, significa che le sostanze poco pericolose per la salute umana o l’ambiente saranno ora classificate come interferenti endocrini e inutilmente vietate. sicurezza alimentare allerta 156854733 Per industria chimica e Coceral i criteri non permettono di distinguere le sostanze realmente pericolose per uomo e ambiente All’opposto, ClientEarth, una Ong che opera nel campo della giurisprudenza ambientale, accusa di illegalità i criteri scientifici proposti dalla Commissione Ue, perché includono solo quelli per i quali sono stati già riconosciuti effetti negativi sulla salute, escludendo quelli per cui il nesso è solo presunto, alterando l’equilibrio tra tutela dell’ambiente e della salute, da una parte, e funzionamento del mercato interno, dall’altra.

IL CIBO NUOVO NEMICO EPATITE MANGIANDO SUCCHI DI FRUTTA

Usa, epatite A da fragole surgelate egiziane. Il bilancio provvisorio è di 70 persone colpite dal virus Beniamino Bonardi 5 settembre 2016 Pianeta Lascia un commento 404 Visto fragole frutta 452244025 Negli USA è in corso un’epidemia di epatite A causata da fragole surgelate importate dall’Egitto Le fragole surgelate importate dall’Egitto, considerato il sesto produttore mondiale, sono al centro di un focolaio di epatite A negli Stati Uniti, che da maggio ad oggi ha colpito 70 persone ( con 32 ricoveri in ospedale). I casi riportati dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) sono concentrati in un’area geografica circoscritta, con al centro la Virginia, con 55 casi, West Virginia (5), Maryland (6), New York, Carolina, New York e Wisconsin, con un caso ciascuno. succhi di frutta fragola smoothies Le persone colpite avevano consumato succhi di frutta che contenevano fragole presso una catena di smoothie café Quasi tutte le persone colpite dall’epatite A hanno riferito di aver bevuto succhi di frutta contenenti fragole presso negozi della catena Tropical Smoothie Café. La catena di negozi l’8 agosto ha comunicato di aver cambiato fornitore, eliminando quelle surgelate importate dall’Egitto, ritenute la fonte più probabile del virus. I CDC, che stanno indagando insieme alla Food and Drug Administration (FDA), si aspettano che il numero delle persone colpite aumenti, dato che i sintomi dell’epatite A si manifestano tra 15 e 50 giorni dopo aver consumato un cibo o una bevanda contaminati. Tra il 2013 e il 2015, in varie parti del mondo ci sono stati allerta per la vendita al dettaglio di frutti di bosco surgelati contaminati dal virus dell’epatite A. In Italia i casi sono stati circa 1.780. © Riproduzione riservata Beniamino Bonardi 07/09/2016

sabato 6 agosto 2016

BISCOTTI senza cancerogeni, molto meglio o no???? le multinazionali devono lavorare con i contadini

galletti confrontoI biscotti Galletti cambiano ricetta e abbandonano l’olio di palma. Si tratta del 38°prodotto di Mulino Bianco “geneticamente modificato” in pochi mesi. Un vero record per i fratelli Guido e Paolo Barilla che fino a un anno fa vestivano la casacca di paladini della natura, pur utilizzando nei biscotti e nelle merendine il mediocre e impresentabile olio di palma. L’azienda di Parma non è però un caso di mutazione isolato, basta andare nel corridoio dedicato a biscotti, merendine e fette biscottate di un supermercato per notare che più della metà dei prodotti esposti è palm free. La sostituzione dell’olio tropicale con il girasole e/o altri grassi di miglior pregio, che fino a pochi mesi fa era ritenuta dalle aziende associate all’Aidepi un’operazione difficile e quasi impraticabile, adesso viene realizzata senza problemi. In verità l’ottusa avversione verso il cambiamento delle ricette è sempre stata collegata a una banale questione di portafoglio, visto che l’olio tropicale costa meno rispetto ad altri grassi vegetali. Per capire meglio quanto sia semplice la sostituzione proponiamo l’esempio dei Galletti Mulino Bianco, fotografati nella versione “con” e “senza”. La differenza sul frontespizio (vedi foto in alto), è solamente la scritta che abbiamo evidenziato in rosso “-75% di grassi saturi – senza olio di palma”. L’elenco degli ingredienti è pressoché identico, non considerando lo scambio “alla pari” tra palma e girasole. Barilla ha cambiato solo l’olio lasciando identica la ricetta! galletti confronto ingredienti Da un punto di vista nutrizionale la sostituzione del palma con il girasole ha permesso la drastica riduzione degli acidi grassi saturi (dal 9,2% al 2,2%) con somma gioia delle arterie. Persino le calorie sono rimaste le stesse con un lievissimo incremento da 473 a 475 per 100g. Alla fine il bilancio per il settore dei biscotti, delle merendine e degli snack è interessante, perché eliminare il palma vuol dire minori incendi, minore deforestazione e il salvataggio dell’habitat dei pochi oranghi che ancora vivono in Indonesia. il fatto alimentare 6 agosto 2016

la guerra continua,, IL GRANO è vita non a import

Proteste di Coldiretti in Puglia e in altre regioni contro il grano importato dall’estero e contro il prezzo troppo basso pagato alle aziende agricole italiane per il prodotto nazionale. Sono questi i titoli dei quotidiani, dei siti internet e dei telegiornali per raccontare l’ennesima protesta di lobby che fa capo a Coldiretti. Gli articoli riportavano la solita denuncia sul fatto che 1 pacco di pasta su 3 contiene grano importato dall’estero. La sceneggiata funziona sempre. I giornalisti raccontano le proteste senza un briciolo di approfondimento, la gente è contenta per la difesa a oltranza del made in Italy. La maggioranza dei commentatori ignora che la pasta italiana ha assolutamente bisogno del grano duro scaricato dalle navi, come pure delle cisterne di olio spagnole e greche, del latte e delle cosce di maiale che attraversano le Alpi, per produrre ed esportare prodotti considerati tra i migliori della produzione alimentare nel mondo. I dati sulle importazioni vanno letti con intelligenza. Pasta grano Senza l’import, Barilla, De Cecco, Delverde, Garofalo… non potrebbero produrre pasta di qualità È vero, il 30-40% di grano duro viene dall’estero. Ma le granaglie importate da Ucraina, Canada, Stati Uniti e altri paesi sono di alta qualità, hanno un’elevata percentuale di glutine. Solo miscelando questo grano con quello italiano si ottiene la pasta che esportiamo in tutto il mondo! Senza quel grano la nostra pasta non sarebbe così famosa nel mondo. Barilla, De Cecco, Delverde, Garofalo… potrebbero produrre solo grandi quantità di spaghetti e fusilli di qualità mediocre. Certo esistono linee di pasta confezionata con il 100% di grano nazionale, ma si tratta di quantità risibili, perché manca la materia prima di alta qualità. L’unico marchio presente su tutto il territorio in grado di proporre una pasta di alta qualità ricavata da grano duro italiano è Voiello. L’operazione è stata possibile solo perché 10 anni fa Barilla (proprietaria del marchio) ha iniziato a costruire una filiera di grano duro di alta qualità in grado di garantire l’approvvigionamento. pasta qualità La mancanza di un’etichettatura di origine dei grani è dovuta al timore dei produttori che possa nuocere all’immagine. Coldiretti lamenta la mancanza sulle etichette dell’origine del grano e ha ragione, perché i produttori, dimostrando poca lungimiranza e una certa miopia, non scrivono sulle confezioni la provenienza del grano, pensando che la trasparenza possa nuocere all’immagine. Lo stesso comportamento di Barilla è ambivalente. Nella pasta a suo marchio non riporta l’origine, mentre per il marchio Voiello di sua proprietà sbandiera a destra e manca l’impiego di materia prima 100% made in Italy. Per risolvere il problema basterebbe riportare sulla confezione l’elenco dei paesi stranieri che abitualmente riforniscono l’azienda. Si tratta di una scelta doverosa, da affiancare a un messaggio in cui si dice la verità: la pasta italiana è buona perché è preparata con una percentuale rilevante di grano pregiato straniero. granoro pasta La linea di pasta Dedicato Granoro è preparata con 100% di grano pugliese “Per Granoro – che propone la linea di pasta Dedicato preparata con 100% di grano pugliese – la soluzione alla Crisi del Grano non va cercata nella contrapposizione e il discredito fra i diversi attori della filiera (agricoltori – mugnai e pastai), ma promuovendo un nuovo modello di integrazione, legato alla produzione italiana di grano di qualità. In questa situazione, non guasterebbe un contributo concreto delle istituzioni volto a favorire l’integrazione di filiera per favorire lo sbocco dei prodotti di filiera nella grande distribuzione affinché il percorso “virtuoso” si completi fino al consumatore”. Un altro suggerimento che i pastifici potrebbero seguire è di riconoscere un quid in più rispetto al prezzo di mercato al grano nazionale come ha fatto recentemente Granarolo con il latte fresco per sostenere le aziende agricole. Chissà se l’associazione di categoria Aidepi che raggruppa buona parte dei marchi importanti come Barilla, De Cecco e tutti gli altri, saprà rispondere in modo adeguato alla crisi sui prezzi. Tre sono le cose che dovrebbe fare Aidepi: smettere di starnazzare con Coldiretti, adottare provvedimenti concreti come le etichette trasparenti e prevedere un sostegno per i prezzi dei grani nazionale. Conoscendo però la scarsa flessibilità dell’associazione di categoria sarà difficile realizzare anche solo una di queste cose in attesa della prossima sceneggiata di Coldiretti. Il fatto alimentare 6 agosto 2016

sabato 9 luglio 2016

GOLDEN RICE

OGM e Golden Rice, 110 Nobel contro Greenpeace. “È solo un fallimentare e costoso esperimento”, replica l’organizzazione ecologista Beniamino Bonardi 5 luglio 2016 OGM Commenti 577 Visto campi riso 110 premi Nobel firmano una lettera contro Greenpeace e le sue posizioni su OGM e Golden Rice 110 premi Nobel hanno sottoscritto un appello in cui attaccano le posizioni di Greenpeace e di altre organizzazioni contrarie agli OGM. I firmatari focalizzano l’attenzione in particolare sul riso Golden Rice, sostenendo che le posizioni ambietaliste non hanno alcun fondamento scientifico, visto che tutte le evidenze dimostrano un buon livello di sicurezza per uomini, animali e ambiente. Nella lettera, in cui si invitano anche i governi a respingere questa “opposizione basata sull’emozione e i dogmi, contraddetta dai dati”, si definisce la campagna contro gli OGM “un crimine contro l’umanità”. L’appello dei Nobel, pubblicato su un sito appositamente dedicato, che ne riprende il titolo, Supporting Precision Agricolture, è accompagnato da una petizione che dal 30 giugno è stata sottoscritta da 2.547 scienziati e cittadini. Il Golden Rice è un riso geneticamente modificato, la cui colorazione dorata è dovuta a una modificazione genetica che lo rende capace di produrre betacarotene, un precursore della vitamina A. La carenza di questa vitamina causa ogni anno la morte di quasi 700.000 bambini sotto i 5 anni e oltre 500.000 casi di cecità. I 110 premi Nobel affermano che il Golden Rice “ha il potenziale per ridurre o eliminare gran parte della morte e della malattia causata da un deficit di vitamina A”. Lo scorso anno, All’Expo di Milano dedicato al cibo, nel Cluster del riso che riuniva quattro paesi asiatici (Bangladesh, Cambogia, Myanmar e Laos) un pannello all’entrata del padiglione del Bangladesh affermava che il Golden Rice “è uno degli OGM più famosi e discussi: i suoi effetti benefici rimangono tuttora incerti”. campi riso Dopo 24 anni di ricerca, il Golden Rice non è ancora pronto per l’entrata in commercio Un mese fa, Marion Nestle, nutrizionista dell’Università di New York, ricordava sul suo blog che il 31 luglio del 2000 il Golden Rice aveva conquistato la copertina del Time, ma che dopo sedici anni non era ancora sul mercato. Il motivo non è da ricercare nella forza degli ambientalisti, ma per lo scarso successo riscontrato nelle sperimentazioni sul campo condotte nelle Filippine, come ha sottolineato una recente ricerca della Washington University. Il Golden Rice, sottolinea questo studio “non è stato neppure presentato per l’approvazione all’agenzia di regolamentazione, il Philippine Bureau of Plant Industry (…) Il fatto è semplicemente che, dopo 24 anni di ricerche e sperimentazioni, il Golden Rice è ancora lontano dall’essere pronto per il rilascio”. Le stesse considerazioni sul Golden Rice vengono fatte da Greenpeace, in risposta alle accuse dei premi Nobel. L’organizzazione ecologista ricorda che “persino l’ente di ricerca che lo sta sviluppando, l’International Rice Research Institute (IRRI), ha ammesso che non vi è alcuna prova che sarà in grado di affrontare la carenza di vitamina A”. In realtà, afferma Greenpeace, “il Golden Rice non esiste. È solo un fallimentare e costoso esperimento”. Beniamino Bonardi

UE E OGM...

OGM: il Parlamento EU contesta la decisione di autorizzare piante geneticamente modificate resistenti al glifosato e a un erbicida Beniamino Bonardi 16 giugno 2016 Il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza due distinte risoluzioni, con cui chiede alla Commissione Ue di ritirare il progetto di decisione con cui intende autorizzare alcuni tipi di mais OGM resistenti al glifosato e ad altri erbicidi in alimenti e mangimi, nonché un garofano geneticamente modificato, resistente a un farmaco utilizzato nella cura del diabete di tipo 2. L’autorizzazione all’immissione in commercio per la vendita al dettaglio di fiori recisi di un garofano geneticamente modificato riguarda il Dianthus caryophyllus L., linea shd-27531-4, prodotto dalla giapponese Suntory Holdings Limited, che è resistente all’erbicida sulfonilurea. La risoluzione del Parlamento europeo, approvata con 430 voti a favore, 188 contrari e 33 astensioni, osserva che i sulfonilureici “sono opzioni comuni di seconda linea per il trattamento del diabete di tipo 2 e sono associati a un rischio più elevato di incidenti cardiovascolari rispetto ad altri farmaci contro il diabete”. Questi farmaci possono essere utilizzati anche come erbicidi, essendo altamente tossici per le piante a dosi molto basse. Secondo il Parlamento europeo, “la creazione di un mercato delle piante resistenti ai sulfonilureici incoraggerà l’uso a livello mondiale come erbicida di tale farmaco contro il diabete”, ma ciò potrebbe avere gravi conseguenze, perché “l’utilizzo di un farmaco per fini diversi dalla sanità pubblica, che porta a una sua diffusione incontrollata negli ecosistemi, può avere effetti deleteri sulla biodiversità a livello mondiale e provocare la contaminazione chimica dell’acqua potabile”. campo agricoltura La procedura di autorizzazione degli OGM prevede una valutazione del rischio da parte dell’Efsa La richiesta di commercializzazione dei fiori recisi di questo garofano OGM ha ricevuto il parere favorevole dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che però, afferma la risoluzione del Parlamento europeo, pur essendo “a conoscenza dell’abitudine alimentare di determinate popolazioni di consumare petali di garofano come condimento (…) non ha tuttavia valutato le possibili conseguenze per l’uomo del consumo intenzionale di garofani GM”, e ha escluso dal proprio parere “l’assunzione orale intenzionale e accidentale di fiori recisi di garofano GM da parte degli animali”. Infine, la risoluzione fa presente come “la potenziale propagazione di polline del garofano Dianthus GM shd-27531-4 a garofani Dianthus selvatici, ad opera di lepidotteri, non possa essere esclusa”, sottolineando come, “una volta finita la loro funzione ornamentale, i Dianthus caryophyllus L. GM, linea shd-27531-4, diventano rifiuti che, conformemente ai principi dell’economia circolare, possono essere smaltiti mediante compostaggio, ma che l’Efsa non ha esaminato l’impatto di tali emissioni nell’ambiente”. glifosato L’utilizzo di un farmaco per fini diversi dalla sanità pubblica può avere effetti deleteri Per quanto riguarda i tipi di mais geneticamente modificati, la risoluzione del parlamento europeo è stata approvata 426 a favore, 202 contrari e 33 astensioni, e ricorda che “il 20 marzo 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – l’organismo specializzato dell’Organizzazione mondiale della sanità – ha classificato il glifosato come probabilmente cancerogeno per l’uomo”, affermando che il progetto di decisione della Commissione va oltre le sue competenze. L’attuale procedura di autorizzazione degli OGM, sia per la coltivazione che per l’alimentazione umana e animale, prevede una valutazione del rischio da parte dell’Efsa. Se i risultati sono favorevoli, la Commissione presenta agli Stati membri un progetto di decisione, che richiede una maggioranza qualificata, a favore o contro. In assenza di una maggioranza qualificata, come sinora è accaduto, la decisione viene rimessa alla Commissione, che rilascia l’autorizzazione. A questo punto, i singoli Stati possono vietare la coltivazione sul proprio territorio, mentre non possono impedire la vendita e l’utilizzo di alimenti e mangimi contenenti ingredienti geneticamente modificati. © Riproduzione riservata sostieni

DIMINUISCONO OGM ...bellissima notizia

Nel 2015, per la prima volta le coltivazioni Ogm sono diminuite. Quasi l’85% concentrato in quattro paesi delle Americhe Beniamino Bonardi 4 luglio 2016 OGM Lascia un commento 568 Visto campo agricoltura Per la prima volta cala la superficie coltivata a OGM Da quando nel 1996 sono arrivati sul mercato i semi geneticamente modificati, le coltivazioni Ogm hanno registrato per dodici anni una crescita con incrementi a doppia cifra. Lo scorso anno il settore del transgenico ha mostrato una flessione e per la prima volta si è rilevata una diminuzione dell’1% ( le superfici agricole sono scese da 181,5 milioni di ettari a 179,7 milioni). Il dato è stato fornito dal rapporto annuale pubblicato dall’International Service for Acquisition of Agri-biotech Applications (ISAAA), che sostiene la diffusione delle biotecnologie. Il calo e attribuito alla riduzione complessiva delle superfici agricole coltivate nel 2015, associata alla congiuntura di prezzi bassi e alla forte siccità che ha colpito il Sud Africa. R-124664030-mais-campo Soia, mais, cotone e colza rappresentano il 99% delle coltivazioni OGM Andando a vedere nel dettaglio i numeri, si nota che nel 2015 le maggiori riduzioni si sono registrate negli Stati Uniti (-2,2 milioni di ettari) e in Brasile (-2 milioni) con un calo del 3% e nell’Unione europea, dove le coltivazioni Ogm sono però poco diffuse, del 18%. A distanza di vent’anni dall’esordio il 99% delle coltivazioni riguarda sempre le stesse specie: soia (51%), mais (30%), cotone (13%)e colza (5%). I paesi che coltivano Ogm sono 28, ma in realtà l’85% del territorio si trova negli Stati Uniti con 70,9 milioni di ettari, in Brasile con 44,2, in Argentina con 24,5 e in Canada con 11. Beniamino Bonardi

ogm in america? NON TUTTI LO VOGLIONO ERA ORA...

OGM: dopo il Vermont, in USA arriva la legge federale sull’etichettatura. Piovono le critiche: “Favorisce l’industria a scapito della trasparenza” Agnese Codignola 8 luglio 2016 OGM Lascia un commento 195 Visto supermercato etichetta Francia indicazione di origine Gli USA hanno approvato una legge federale molto criticata sull’etichettatura degli OGM Nei giorni scorsi il Senato degli Stati Uniti ha approvato la nuova legge nazionale sulle indicazioni in etichetta degli organismi geneticamente modificati (GM). La notizia è stata accolta come una svolta su un tema tanto dibattuto quanto controverso. Anche se il dispositivo dovrà superare ulteriori votazioni, la legge prevede che le aziende possano scegliere tra differenti modalità: l’indicazione in etichetta, il rimando a un sito internet o l’apposizione di un codice QR da leggere sullo smartphone o su uno strumento situato in negozio. La decisione di una legge nazionale giunge dopo che il Vermont ne ha approvata una entrata in vigore il primo luglio che prevede la dicitura OGM sulla confezione. Secondo l’associazione ambientalista Environmental Working Group, leggi analoghe sono state approvate in Maine e Connecticut, mentre sono state bocciate in California, Colorado e Oregon, probabilmente anche grazie alle campagne finanziate dalle aziende con 100 milioni di dollari solo nel 2015. Dopo l’approvazione della prima normativa alcune aziende avevano però reagito: la Campbell aveva iniziato a indicare la presenza di ingredienti GM in gennaio, ed era stata poi seguita da ConAgra, General Mills e da altre. Queste decisioni erano confortate da molti sondaggi che avevano confermato il desiderio dei consumatori di essere informati, ma anche la scarsissima influenza sulla propensione agli acquisti correlata alle scritte sulle etichette. E ora arriva il Bill federale ????. ingredienti Campbell e altre aziende hanno cominciato a indicare spontaneamente la presenza di OGM in etichetta Secondo molti la proposta di norma nazionale è frutto della pressione delle aziende, che se da un lato sono ormai convinte della necessità di un ordinamento omogeneo, dall’altra cercano di rendere l’indicazione poco comprensibile. I punti oggetto di critiche sono molteplici come scrive in un articolo il New York Times. La poca chiarezza su cosa dovrebbe essere sottoposto a norma, dal momento che, gli oli vegetali derivati da sementi GM così come gli zuccheri di canna non dovrebbero rientrare. Il testo attuale è destinato “ai materiali genetici che sono stati modificati in vitro con tecniche di DNA ricombinante e secondo modalità non ottenibili con le normali tecniche di ibridazione” ed esclude tutti gli alimenti con grassi o zuccheri derivati da piante GM, che non contengono frammenti di DNA modificato, come ha specificato la FDA, né altri cibi quali alcuni formaggi, lavorati con enzimi GM. C’è di più: per i trasgressori non è prevista alcuna sanzione, e questo renderebbe di fatto la normativa poco più che un amichevole invito ad adeguarsi a uno standard. spesa supermercato etichetta iStock_000036698536_Small Non sono previste sanzioni per i trasgressori alla legge. Nel dibattito è intervenuta la FDA, da sempre contraria all’obbligo e il Department of Agriculture (organo preposto al controllo dell’applicazione della legge. Quest’ultimo ha fatto presente che, se la versione finale fosse simile a quella del Vermont, i prodotti coinvolti sarebbero non meno di 24.000. L’associazione di categoria dei negozianti, la Grocery Manufacturers Association, che nei mesi scorsi aveva perso una battaglia contro la legge del Vermont, non si è schierata in modo netto, ma secondo alcuni politici, sarà ancora in prima linea in cause, ricorsi e guerre legali volte a smontare la legge. Vista l’importanza dell’argomento, il giornale dedica al tema l’editoriale con un commento molto critico. Il board sostiene che si tratta di una normativa voluta dalle grandi aziende per evitare il caos correlato all’approvazione di diverse leggi nazionali, e ne individua la prova nel fatto che le modalità possibili rendono complicata la comprensione degli ingredienti. etichette, alimentari, cibo, italian sounding 105938384 Intere categorie di ingredienti da colture OGM non sarebbero incluse nella norma USA La seconda grande falla è l’ambiguità nella definizione di che cosa deve rientrare nella legge. Dal momento che, nella sua versione attuale, la norma consentirebbe a intere, grandi categorie di trovare una via d’uscita del tutto legale, gli editorialisti chiedono che sia fatta chiarezza e un testo chiaro analogo a quello in vigore in Europa e Australia e in una sessantina di paesi. Se insomma è bene proporre una normativa omogenea per tutto il paese – questa la conclusione – c’è ancora molto lavoro da fare. © Riproduzione riservata Agnese Codignola Agnese Codignola giornalista scientifica 9-7-2016