lunedì 12 settembre 2016

Prosciutto.....? NO GRAZIE

Prosciutto cotto: addio al termine minimo di conservazione stabilito per legge. Sarà il produttore a fissare liberamente l’intervallo Giulia Crepaldi 7 settembre 2016 Etichette & Prodotti Commenti 761 Visto prosciutto cotto Il termine di minimo di conservazione del prosciutto cotto confezionato non ha più una TMC massima stabilita per legge Il prosciutto cotto confezionato in vaschetta non ha più un termine minimo di conservazione prestabilito dalla legge. Lo stabilisce l’articolo 5 del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 26 maggio 2016, che modifica il decreto del Ministero delle attività produttive del 21 settembre 2005 sulla produzione e la vendita di alcuni salumi. L’articolo 7 disciplina in modo particolare le condizioni di vendita del prosciutto cotto. Il nuovo decreto cancella i riferimenti al termine minimo di conservazione, che non poteva essere superiore a 30 giorni dalla data di confezionamento per il prosciutto cotto affettato e di 60 giorni per quello venduto in tranci. Prima il limite era uguale per tutti ed era fissato senza considerare il tipo di materia prima, il sistema di lavorazione e soprattutto il metodo di confezionamento. Adesso le regole cambiano e il periodo di conservazione del prosciutto cotto affettato in vaschetta oppure venduto in tranci o a cubetti sarà stabilita dal produttore sulla base delle caratteristiche, della tecnologia di confezionamento e di prove condotte in laboratorio, come avviene per quasi tutti i prodotti alimentari. mortadella affettati 179050622 Per gli altri salumi confezionati, il termine minimo di conservazione è sempre stato stabilito dai produttori Il produttore che vende di prosciutto cotto affettato conservato in vaschette confezionate in atmosfera modificata, magari sottoponendo i contenitori ad un preventivo passaggio sotto lampade UV per ridurre la carica microbica, potrebbe stabilire anche una durata superiore ai 30 giorni prefissati dal vecchio regolamento. Il vantaggio è duplice: dare più servizio al consumatore e ridurre le possibilità di gettare nella spazzatura affettati ancora buoni e sicuri. Il nuovo decreto corregge anche una disparità normativa nella vendita dei salumi confezionati, visto che i limiti alla scadenza riguardavano solo il prosciutto cotto confezionato. Per gli altri salumi come salame e prosciutto crudo presenti nei banchi frigo dei supermercati italiani, il termine minimo di conservazione era già stabilito dal produttore. © Riproduzione riservata Giulia Crepaldi

È normale che la superficie non sia liscia?”

Quello strano guscio delle uova: una lettrice chiede perché la superficie non è liscia. Risponde l’azienda: “diverse le possibili cause, dal mangime allo stress della gallina” Redazione Il Fatto Alimentare 8 settembre 2016 Lettere Lascia un commento 560 Visto uova “È normale che la superficie non sia liscia?” Una lettrice allarmata dall’aspetto inusuale di alcune uova appena acquistate, ci ha scritto chiedendoci un consiglio. Ecco la lettera. Questa mattina ho comprato una confezione di uova giganti allevate a terra della marca “le Naturelle“. Con una certa sorpresa ho scoperto che la superficie non è liscia, ma tutta rigata. Le ho acquistate a Roma, e il numero di lotto è (H) 35328503. Dentro il guscio presenta delle chiazze e si nota anche che il colore usato per stampare su ogni singolo uovo il lotto e la scadenza, è passato all’interno. Per non sbagliare l’uovo lo butto! Paola Ecco la riposta dell’azienda Eurovo che produce, tra le altre, anche la marca “le Naturelle”. L’uovo è un prodotto di origine animale pertanto non è possibile l’omogeneità e la replicabilità sempre uguale dello stesso. Nel caso specifico segnalato dalla consumatrice, l’“irregolarità” rilevata sul guscio può essere stata causata da diversi fattori quali per esempio l’età dell’animale, la formulazione del mangime, lo stress sulla gallina provocato da “cambio di stagione”, poiché nel nostro campione del lotto indicato non abbiamo riscontrato anomalie. uova Il colore usato per stampare sulla superficie esterna il lotto e la scadenza, è passato all’interno La conformazione del guscio è composta prevalentemente da carbonato di calcio, pertanto una scorretta assimilazione da parte dell’animale dei micronutrienti presenti nel mangime somministrato può provocare una non uniformità della superficie del guscio. L’inchiostro usato per la stampigliatura del guscio è di tipo, per legge, alimentare, pertanto innocuo per la salute del consumatore se, eventualmente, dovesse entrare a contatto con il contenuto interno dell’uovo. Il potenziale trasferimento dell’inchiostro dall’esterno all’interno del guscio può avvenire poiché lo stesso è poroso, soprattutto quando la calcificazione non è completa. Ci teniamo a sottolineare che tali caratteristiche, che a prima vista possono sembrare anomalie, sono assolutamente innocue per la salute e per la sicurezza del consumatore finale. Trattasi di anomalie visive su un prodotto di origine animale. Responsabile assicurazione qualità Eurovo © Riproduzione riservata sostieni il fatto alimetnare Le donazioni si possono fare: * Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui * Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare Redazione Il Fatto Alimentare

economia sinonimo di partiche scorrette

RONTO CONSUMATORE LUGLIO/AGOSTO 2016 Bollettino d'informazione del Centro Tutela Consumatori Utenti - supplemento al n. 43/50 La versione integrale cartacea del Pronto Consumatore viene recapitata gratuitamente via posta ai soci del CTCU (http://www.centroconsumatori.it/30 v30d30485.html) oppure è disponibile in formato PDF nella sezione download (http://www.centroconsumatori.it/35v35d37881.html). Le seguenti news sono un estratto. CLASS ACTION: IL DDL È ARENATO IN SENATO DA OLTRE UN ANNO. I CONSUMATORI CHIEDONO LO SBLOCCO IMMEDIATO PER RENDERE POSSIBILE UNA RIFORMA DI VITALE IMPORTANZA PER LA TUTELA DEI CITTADINI Il 3 giugno 2015, la Camera dei deputati aveva approvato quasi all’unanimità un'importante riforma della class action. Da allora, nonostante sia trascorso più di un anno, il Senato non ha fatto ancora nulla per l’approvazione definitiva del disegno di legge n.1950 (class action). Per questo motivo, dodici Associazioni di consumatori hanno inviato, di recente, una lettera a tutti i Senatori per chiedere lo sblocco immediato per l'approvazione del ddl. Le associazioni ritengono che la riforma della class action sia urgente e improcrastinabile. Tutti i principali ordinamenti europei hanno già una disciplina delle azioni collettive risarcitorie idonea per contrastare gli illeciti di massa e tutelare i danneggiati. Le Associazioni di consumatori chiedono quindi che si apra anche in Senato il dibattito sul disegno di legge della class action, onde arrivare in tempi rapidi ad un'approvazione della riforma. PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE NELLA VENDITA DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI AGCM COMMINA UNA SANZIONE DI 640.000 EURO AL GRUPPO GREEN POWER! SEGNALAZIONE PARTITA DAL CTCU - PARECCHI CASI ANCHE IN ALTO ADIGE Una sanzione di 640.000 euro è stata irrogata dall’Antitrust al Gruppo Green Power, per le pratiche commerciali adottate nella vendita di impianti per lo sfruttamento dell'energia solare e la produzione di elettricità e calore: queste sono risultate scorrette in quanto ingannevoli, riguardo agli effettivi risparmi ottenibili dall'installazione e ai legami dell’azienda con il gruppo Enel; e aggressive in quanto limitative del diritto di recesso. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha ritenuto che la prospettazione di tali impianti come "a costo zero", in virtù dei risparmi ottenibili e dei ricavi dalla vendita dell'energia prodotta in eccesso, ingannasse il consumatore sulla aleatorietà e sulla distribuzione temporale di tali benefici, a fronte dei pagamenti certi per l'acquisto dell'impianto che, spesso, avveniva attraverso un finanziamento proposto da società convenzionate con Green Power. Per dissuadere i clienti dal recedere dalla proposta, infine, il Gruppo ha previsto una penale pari al 25% del valore dell'impianto. La sanzione originaria di 680.000 euro, comminata per queste condotte scorrette, è stata ridotta di 40.000 euro a causa dei bilanci in perdita di Green Power. ESCE DALLA PORTA COME TIM PRIME E... RIENTRA DALLA FINESTRA COME TIM PRIME GO! DAL 15 GIUGNO AD ALCUNI UTENTI È STATA ATTIVATA L'OFFERTA; È POSSIBILE DISATTIVARLA TRAMITE IL NUMERO GRATUITO 409162 O TRAMITE IL SITO INTERNET DI TIM, CAMBIANDO PIANO TARIFFARIO! Nel mese di marzo di quest'anno la stessa società aveva annunciato l'attivazione del servizio TIM PRIME a tutti gli utenti in possesso di scheda ricaricabile al costo di 49 centesimi a settimana a partire dal 10 aprile. Da subito il CTCU aveva segnalato la pratica commerciale scorretta all'Autorità e in seguito all'apertura del relativo Procedimento da parte dell'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato e dell'Autorità Garante per le Comunicazioni, TIM aveva deciso di non attivare l'offerta. Ora però la societá ci ha ripensato, annunciando l'attivazione di una nuova offerta dal 15 giugno, questa volta denominata TIM PRIME go. Anche in questo caso il CTCU ha subito provveduto a segnalare la presunta pratica scorretta da parte di TIM. Ricordiamo che i nostri uffici sono a vostra disposizione per ulteriori informazioni in merito. OLIO D'OLIVA: TANTO DESIDERATO E SPESSO "FALSIFICATO"? Sembrano moltiplicarsi i casi di olii con etichette contraffatte. Negli ultimi mesi le Autorità di controllo italiane hanno potuto far luce su vari casi di truffa in commercio, con relative sanzioni per alcuni produttori. Questi avevano venduto olii come “extra vergine”, i quali non rispettavano o rispettavano solo in parte i requisiti qualitativi previsti per questa tipologia di prodotto. Olio d'oliva dichiarato come “italiano”, ma in realtà ricavato da olive raccolte in Spagna e Grecia, olio “extra vergine” che poi si è rivelato olio di soia o girasole colorato: sono soltanto due dei casi di truffa portati alla luce dalle Autorità italiane negli ultimi mesi. L'Antitrust ora ha multato diversi produttori per pratiche commerciali scorrette in relazione all'olio da loro prodotto: Lidl, Carapelli, Sasso, Bertolli e Coricelli. La Procura ha fatto analizzare gli oli dal laboratorio dell'Agenzia delle Dogane. Gli olii venivano venduti come “extra vergine”, mentre secondo i risultati delle analisi corrispondevano soltanto alla categoria “vergine”. Così i consumatori si sono trovati a pagare un prezzo più alto per un prodotto solo apparentemente di alta qualità. INCOMPRENSIBILE RITARDO NELL'APERTURA DI NUOVE FARMACIE! IL CTCU: LA PROVINCIA NON DOVREBBE ESSERE DIETRO ALLE ALTRE REGIONI BENSÌ STIMOLARE LA CONCORRENZA E NON LIMITARLA Una volta, grazie a una rigida normativa veniva garantito al cittadino un alto livello di approvvigionamento dei farmaci. Oggi invece un eccesso di regolamentazione limita la concorrenza e ha come conseguenza quella di aumentare i costi, che vanno poi a carico dei cittadini! Ecco perché, a livello nazionale e su insistenza delle associazioni dei consumatori si cerca, già da anni, di giungere a una completa liberalizzazione del mercato in questo specifico settore. Purtroppo il potere delle lobbies è troppo incisivo e ad oggi le liberalizzazioni, introdotte con la Riforma Monti del 2012 (L. 27 del 24.3.2012), sono ancora in una fase di stallo. A ciò si aggiunge il fatto che in Alto Adige era prevista l'apertura di ben 28 nuove farmacie mentre la legge provinciale ha deciso di ridurre il loro numero a 19, motivando tale decisione con il fatto che “il fabbisogno dei farmaci in Alto Adige è inferiore rispetto al resto d'Italia”. E allora come la mettiamo per quel che riguarda la distribuzione dei farmaci sul nostro (vasto) territorio e i presidi sanitari ai quali gli anziani e le famiglie con bambini potrebbero rivolgersi? L'apertura delle 19 nuove farmacie richiede – incomprensibilmente - tempi lunghi. In Piemonte, in Toscana, in Emilia Romagna e in Puglia le prime nuove farmacie sono già state aperte. Il CTCU ritiene l'apertura delle farmacie una priorità assoluta ed è giunta inoltre l'ora che la concorrenza venga utilizzata, seppur in maniera ridotta, anche a beneficio dei pazienti in Alto Adige. LEASING IMMOBILIARE ABITATIVO - CTCU: UN'ALTERNATIVA AL MUTUO IPOTECARIO? Con il termine leasing immobiliare si indica un'operazione finanziaria che ha come scopo quello di permettere l'acquisto di un immobile, destinato ad abitazione principale, pagando un anticipo minimo, un canone mensile per un determinato periodo contrattualmente prestabilito e una maxi-rata finale (cd. riscatto). Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica o i suoi familiari dimorano abitualmente. L'immobile acquistato grazie al leasing immobiliare abitativo deve essere effettivamente utilizzato come abitazione principale entro un anno dalla consegna. L'operazione finanziaria di leasing consiste in un contratto tra una banca o un intermediario finanziario, autorizzato e vigilato dalla Banca d'Italia, ossia una società di leasing (cd. concedente) e un privato (cd. utilizzatore). Con l'accordo il concedente si impegna ad acquistare, o far costruire, l’immobile per conto dell'utilizzatore. La proprietà resta quindi al finanziatore, mentre il cliente ha il diritto di utilizzare l'appartamento a fronte del versamento di una rata iniziale e dell'impegno a pagare canoni mensili. Il finanziamento prevede un tasso di interesse annuo e canoni calcolati sulla base del prezzo di acquisto e della durata del contratto. Alla sua scadenza il cliente potrà esercitare il cd. diritto di riscatto dell'appartamento pagando la rata finale stabilita alla firma del contratto. Con il leasing finanziario è quindi la banca ad acquistare la casa e rimanerne proprietaria fintantoché l'utilizzatore non pagherà l'eventuale importo del riscatto finale. Maggiori informazioni su: http://www.centroconsumatori.it/45v39081d108464.ht ml. VENDITE PORTA A PORTA ATTENZIONE ALLE PROPOSTE DI SCONTI: SI TRATTA DI VERI E PROPRI CONTRATTI DA 3.000 EURO! Diversi cittadini si stanno rivolgendo ai nostri sportelli per avere informazioni su “proposte di commissione” che vengono sottoposte e fatte sottoscrivere durante delle improvvise visite di venditori presso le loro abitazioni. Queste proposte, che sono dei veri e propri contratti, prevedono l'acquisto di articoli, per lo più casalinghi, da scegliere all'interno di un catalogo, a fronte del pagamento di ca. duemilacinquecento, tremila euro. Di norma, viene fatta sottoscrivere una prima commissione dove è difficile individuare l'oggetto contrattuale e poi a distanza di circa un paio di settimane, un secondo verbale di consegna merce, con l'indicazione di alcuni prodotti che però … non vengono realmente consegnati! Durante la prima visita si rischia di essere tratti in inganno dal fatto che vengono proposti dei fantomatici sconti per l'acquisto di prodotti da catalogo da poter effettuare nel corso di 5 anni e solo dopo la sottoscrizione ci si rende conto di essersi impegnati al l'acquisto di articoli per la casa per importi anche molto importanti. Informazioni e consulenza presso il CTCU (tel. 0471-975597). VENDITE "PORTA A PORTA" DI RILEVATORI DI FUGHE DI GAS - LA LORO INSTALLAZIONE NON È OBBLIGATORIA! IL RECESSO DAL CONTRATTO È POSSIBILE ENTRO 14 GIORNI DALLA CONSEGNA DEL PRODOTTO! Negli ultimi giorni sono di nuovo numerose le segnalazioni che giungono al CTCU riguardo un’azienda che sta vendendo nella nostra zona rilevatori di fughe di gas (“aiutano a prevenire le fughe di gas”) attraverso il sistema della vendita “porta a porta”. Secondo quanto riferito dai consumatori, i venditori, per piazzare il prodotto, si soffermano soprattutto “sulla sicurezza tra le quattro mura”. Il CTCU ricorda che l'installazione di tali apparecchi non è assolutamente obbligatoria e non è prevista in alcun modo dalla legge. I consumatori non sono quindi obbligati a far entrare alcun rappresentante della ditta in questione all'interno della propria abitazione e tantomeno sono obbligati ad acquistare il prodotto. In ogni caso si consiglia di verificare prima se sul mercato esistano dispositivi analoghi, confrontando eventualmente i relativi prezzi. --------------------------------------------------------------------------- Per un eventuale cambio di indirizzo email la preghiamo di collegarsi a http://www.centroconsumatori.it/newsletter_it.php per poter rimuovere l'indirizzo vecchio e iscrivere quello nuovo. Per non ricevere più la nostra newsletter basta collegarsi a http://www.centroconsumatori.it/newsletter_it.php per poter rimuovere il suo indirizzo email. ---------------------------------------------------------------------------- - Pronto Consumatore del Centro Tutela Consumatori ed Utenti Alto Adige I-39100 Bolzano, via Dodiciville 2 http://www.centroconsumatori.it Riproduzione salvo citazione della fonte. Isc. reg.st. Trib. di BZ n. 7/95 del 27.02.95. Dir. resp. Walther Andreaus ---------------------------------------------------------------------------- -

domenica 11 settembre 2016

veleni nelle carne di pollo

25 polli su 40 contaminati da batteri resistenti agli antibiotici (Cefalosporine). L’inchiesta di Altroconsumo conferma una situazione di criticità Redazione Il Fatto Alimentare 6 settembre 2016 Sicurezza Alimentare Commenti 1,482 Visto carne macello polli 179131760 La resistenza è causata anche dall’utilizzo eccessivo di questi antibiotici negli allevamenti Quanti polli venduti in supermercati e macellerie sono contaminati da batteri resistenti agli antibiotici? Altroconsumo ha provato a rispondere a questa domanda, con un’inchiesta in 20 punti vendita situati a Roma e Milano. Su 40 petti di pollo acquistati, 25 sono risultati contaminati da Escherichia Coli resistente a diversi antibiotici utilizzati per curare infezioni alle vie urinarie che colpiscono l’uomo. Premesso che è assolutamente normale trovare sulla carne di pollo come di altri alimenti una quantità elevata di batteri, come l’Escherichia Coli, è altrettanto vero che questi microrganismi non sono considerati pericolosi anche perché vengono eliminati con la cottura. Il problema non riguarda tanto il petto di pollo che quando è cotto viene mangiato senza problemi, quanto la possibilità che i batteri resistenti si diffondano nell’ambiente domestico fino ad arrivare all’uomo. In questo caso si parla di resistenza agli antibiotici è il problema assume un carattere sanitario ben più ampio e serio. Altroconsumo ha verificato la presenza in molti campioni di carne di pollo ( 25 su 40) di batteri resistenti agli antibiotici della classe delle cefalosporine, farmaci battericidi simili, ma meno potenti, alle penicilline e per questo difficilmente utilizzati come terapia di prima scelta. La notizia buona è che Altroconsumo non ha trovato microrganismi resistenti ai Carbapenemi, antibiotici importanti perché ultima spiaggia per infezioni piuttosto serie. La resistenza agli antibiotici è una caratteristica che i batteri possono acquisire quando sono a contatto con i farmaci a causa di una mutazione casuale nel Dna. Il risultato finale è che il microorganismo risulta insensibile al farmaco. Questa caratteristica viene trasmessa alla progenie, dando origine a ceppi resistenti, che si diffondono nel cibo e nell’ambiente. Inoltre, la resistenza agli antibiotici può essere trasmessa anche ad altre specie batteriche attraverso scambi di materiale genetico, che si verificano comunemente da un microorganismo all’altro. Negli allevamenti di polli, anche se non non è più legale utilizzare medicinali per prevenire le malattie intestinali ed evitare il diffondersi di malattie che possono rallentare la crescita degli animali – gli antibiotici vengono usati lo stesso con una certa frequenza. In genere quando si riscontrano avvisaglie di una malattia su alcuni capi si programma subito un trattamento di antibiotici esteso a tutti gli animali per evitare il contagio. Questo impiego massiccio e diffuso facilita e permette la selezione di batteri che resistono. Le conseguenze non si esauriscono negli allevamenti, ma rischiano di trasferirsi anche all’uomo, perché attraverso la contaminazione del pollo i batteri resistenti si diffondono negli ambienti domestici. pollo cucinare antibiotici È importante saper maneggiare correttamente il pollo durante la preparazione dei piatti: la contaminazione zero non esiste Il problema riguarda tutti i paesi. La rivista ha condotto analoghe indagini in Belgio, Spagna e Portogallo dove sono stati trovati rispettivamente il 76, l’83 e l’85% di polli contaminati con batteri resistenti. Per quanto riguarda invece i residui di antibiotici nella carne le analisi hanno dato esito negativo. Questo però non deve far pensare che gli antibiotici non siano stati utilizzati. La norma prevede che dopo il trattamento debbano trascorrere alcuni giorni per permettere al farmaco di essere metabolizzato e solo dopo questo lasso di tempo i polli possono essere macellati. L’inchiesta infine valuta anche un terzo parametro: l’igiene. In 4 casi è stato trovato Escherichia Coli in quantità elevate tali da da essere un problema; a Roma tre campioni erano contaminati addirittura con Salmonella. La presenza di altri batteri molto pericolosi come Campylobacter e Listeria è stata rilevata in pochi campioni e in quantità molto basse e questo aspetto indica un discreto livello di pulizia e igiene nella fase di macellazione. Si tratta di un elemento interessante vista la facilità con la quale si può andare incontro a contaminazione durante la macellazione. Per questo è fondamentale trattare correttamente il pollo in cucina quando si prepara: non lavarlo per evitare che i batteri si diffondano nel lavandino attraverso l’acqua, cuocerlo bene ad alte temperature, non mischiare carne cruda e cotta, lavare le mani e tutti gli utensili e i ripiani con sapone e acqua calda dopo aver manipolato il pollo crudo, non far entrare in contatto la carne cruda con verdura o altri alimenti. Per contribuire concretamente alla soluzione del problema dell’antibiotico resistenza, Altroconsumo ha aderito alla campagna Basta antibiotici nel piatto di Consumer International, invitando i principali avicoltori e le più importanti catene di distribuzione a evitare l’abuso di antibiotici negli allevamenti e a garantire buone condizioni igieniche. Anche i consumatori possono partecipare – come si legge nel comunicato – inviando una mail – già compilata, con le richieste della campagna – ad allevatori e distributori. Dopo l’inchiesta di Altroconsumo Unaitalia ha diffuso un comunicato in cui precisa qual è il ruolo del settore avicolo nella lotta all’antibiotico-resistenza nel nostro paese e annuncia di avere avviato, d’intesa con il Ministero della Salute, un piano volontario di riduzione dell’impiego di antibiotici. Secondo Unaitalia, nel 2015 il consumo di antibiotici negli allevamenti avicoli è stato ridotto del 39,95% rispetto al 2011. L’obiettivo del piano era di diminuire del 15% l’uso di antibiotici entro il 2015 e di arrivare a meno 40% nel 2018. Obiettivo raggiunto con tre anni di anticipo. Continua a leggere … fonte il Fatto alimentare 6 settembre 2016

mercoledì 7 settembre 2016

gorgonzola ritirato

Nella settimana n°34 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 49 (5 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende un solo caso per la presenza di sostanza non autorizzata (tetraidrocannabinolo – THC, il principio attivo della cannabis) in semi di canapa dalla Germania. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: eccesso di mercurio in lombi di pesce spada scongelati (Xiphias gladius) dalla Spagna. cannabis Principio attivo della cannabis in semi di canapa Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: allergene (soia) non dichiarato in etichetta di grissini italiani; migrazione di cromo da coltelli da bistecca dalla Cina; istamina in sgombro fresco (Scomber scombrus) dalla Francia; Salmonella in pinoli provenienti dalla Turchia. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Svizzera segnala Listeria monocytogenes in gorgonzola “Selezione Reale” in confezione da 200 g (Lotti L16202 con data di scadenza 11.09.2016; L17516 con data di scadenza 25.09.201; Lotto L17516 con data di scadenza 30.09.2016); la Francia segnala un altro caso di Listeria monocytogenes in gorgonzola. © Riproduzione riservata

UE NEMICA DELLA SALUTE UMANA

I criteri scientifici proposti in giugno dalla Commissione europea per identificare gli interferenti endocrini (sostanze presenti nei pesticidi e nei biocidi, in grado di interferire con il sistema ormonale e di causare patologie anche gravi) stanno raccogliendo critiche da tutti i fronti: mondo scientifico, industria, organizzazioni non governative. Dal mondo scientifico la critica arriva dell’Endocrine Society, la più prestigiosa associazione di endocrinologi al mondo, che conta 18.000 membri in 122 Paesi. Secondo l’associazione i criteri indicati dalla Commissione europea, con due anni e mezzo di ritardo rispetto al termine previsto, non sono in grado di proteggere efficacemente la salute pubblica e porteranno a identificare come interferenti endocrini poche sostanze chimiche. sicurezza alimentare allerta 185915920 Il mondo scientifico critica i criteri della Commissione Ue per identificare gli interferenti endocrini, giudicati troppo lassi Critiche di segno opposto arrivano, invece, dal fronte dell’industria chimica, secondo la quale i criteri proposti dalla Commissione Ue non permettono di distinguere con chiarezza le sostanze che causano un danno da quelle che non presentano alcun rischio per la salute umana e per l’ambiente e che contribuiscono al benessere economico e sociale delle persone. Anche secondo Coceral, l’Associazione europea del commercio dei cereali, riso, mangimi semi oleosi, olio d’oliva, oli e grassi e fornitori agricoli, molti prodotti per la protezione delle colture ampiamente utilizzati saranno rimossi dal mercato. Secondo Coceral la Commissione europea ha perso l’opportunità di includere ogni elemento di caratterizzazione del pericolo, così come qualsiasi considerazione sull’esposizione e sugli impatti socio-economici nel progetto di definizione degli interferenti endocrini. L’associazione sottolinea come la mancata inclusione di qualsiasi elemento di caratterizzazione del pericolo, significa che le sostanze poco pericolose per la salute umana o l’ambiente saranno ora classificate come interferenti endocrini e inutilmente vietate. sicurezza alimentare allerta 156854733 Per industria chimica e Coceral i criteri non permettono di distinguere le sostanze realmente pericolose per uomo e ambiente All’opposto, ClientEarth, una Ong che opera nel campo della giurisprudenza ambientale, accusa di illegalità i criteri scientifici proposti dalla Commissione Ue, perché includono solo quelli per i quali sono stati già riconosciuti effetti negativi sulla salute, escludendo quelli per cui il nesso è solo presunto, alterando l’equilibrio tra tutela dell’ambiente e della salute, da una parte, e funzionamento del mercato interno, dall’altra.

IL CIBO NUOVO NEMICO EPATITE MANGIANDO SUCCHI DI FRUTTA

Usa, epatite A da fragole surgelate egiziane. Il bilancio provvisorio è di 70 persone colpite dal virus Beniamino Bonardi 5 settembre 2016 Pianeta Lascia un commento 404 Visto fragole frutta 452244025 Negli USA è in corso un’epidemia di epatite A causata da fragole surgelate importate dall’Egitto Le fragole surgelate importate dall’Egitto, considerato il sesto produttore mondiale, sono al centro di un focolaio di epatite A negli Stati Uniti, che da maggio ad oggi ha colpito 70 persone ( con 32 ricoveri in ospedale). I casi riportati dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) sono concentrati in un’area geografica circoscritta, con al centro la Virginia, con 55 casi, West Virginia (5), Maryland (6), New York, Carolina, New York e Wisconsin, con un caso ciascuno. succhi di frutta fragola smoothies Le persone colpite avevano consumato succhi di frutta che contenevano fragole presso una catena di smoothie café Quasi tutte le persone colpite dall’epatite A hanno riferito di aver bevuto succhi di frutta contenenti fragole presso negozi della catena Tropical Smoothie Café. La catena di negozi l’8 agosto ha comunicato di aver cambiato fornitore, eliminando quelle surgelate importate dall’Egitto, ritenute la fonte più probabile del virus. I CDC, che stanno indagando insieme alla Food and Drug Administration (FDA), si aspettano che il numero delle persone colpite aumenti, dato che i sintomi dell’epatite A si manifestano tra 15 e 50 giorni dopo aver consumato un cibo o una bevanda contaminati. Tra il 2013 e il 2015, in varie parti del mondo ci sono stati allerta per la vendita al dettaglio di frutti di bosco surgelati contaminati dal virus dell’epatite A. In Italia i casi sono stati circa 1.780. © Riproduzione riservata Beniamino Bonardi 07/09/2016