sabato 19 novembre 2016

selvaggina slovena al piombo....

Piombo in selvaggina congelata dalla Slovenia e migrazione da padella tipo “wok” dalla Cina… Ritirati dal mercato europeo 59 prodotti Valeria Nardi 15 novembre 2016 Allerta Commenti 588 Visto carne piatto piombo Piombo in carne di selvaggina congelata dalla Slovenia Nella settimana n°45 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 59 (12 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: piombo in carne di selvaggina congelata dalla Slovenia; Salmonella typhimurium in anatre eviscerate, congelati e senza frattaglie dall’Ungheria. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: contenuto troppo alto di vitamina D in brodo arricchito con vitamina D2 dal Belgio; livello di migrazione globale troppo alto da guanti monouso italiani; Salmonella in farine di carne dalla Polonia destinate a mangime; Salmonella in farine di carne dalla Spagna destinate a mangime; migrazione di manganese e livello di migrazione globale troppo alto da padella tipo “wok” dalla Cina. pentola wokTra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: scarso controllo della temperatura (da -8 a -3° C) per tonno congelato (Thunnus albacares) dalle Seychelles; livello di migrazione globale troppo alto da cestino per cottura a vapore dalla Cina; aflatossine in anacardi tostati dal Vietnam; mercurio in lombi di pesce spada scongelati (Xiphias gladius) dalla Spagna; livello di migrazione globale troppo alto da teglie in acciaio provenienti dalla Cina. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato la Spagna segnala la presenza di sostanze non autorizzate (tiosildenafilo e homosildenafilo, derivati dal sildenafil) in integratore alimentare in capsule VitalPlant Sport, commercializzato dall’azienda Antonio Pérez Guardia, Avda. de Madrid 39, Chipiona (Cádiz); la Norvegia segnala perclorato in spinaci freschi biologici; l’Italia segnala rischio di rottura di bottiglie contenenti bevande analcoliche.

bisfenolo

Il bisfenolo A o BPA è un interferente endocrino in grado di alterare l’equilibrio ormonale e il metabolismo, utilizzato nei rivestimenti interni delle lattine di bibite e dei cibi in scatola. Questa sostanza può migrare in piccole quantità nel cibo, soprattutto quando si creano alcune condizioni (conservazione prolungata, alte temperature, alimenti con elevata presenza di grassi), mettendo a rischio la salute dei soggetti più vulnerabili come neonati, bambini e donne incinte. Secondo la legge europea, il bisfenolo A può essere usato per la produzione di imballaggi, articoli da cucina e materiali a contatto con alimenti (fino al 2011 era impiegato anche per la realizzazione di biberon), purché non vi sia una migrazione eccessiva (0,6 mg/kg di alimento). In assenza di decisioni a livello europeo, e a fronte di diversi studi che suggeriscono l’esistenza di un collegamento tra l’aumento dei livelli di BPA nelle urine e la maggiore incidenza di gravi patologie (*), molti paesi hanno adottato delle restrizioni. Francia, Svezia, California, Austria, Belgio, Danimarca, oltre agli Stati Uniti, Canada e altre nazioni nel mondo hanno deciso di limitare l’esposizione dei consumatori, in virtù del principio di precauzione. In Francia per esempio è vietato o soggetto a forti restrizioni, in altri paesi viene indicata la presenza in etichetta ecc. Mother Feeding Baby Boy In High Chair La petizione chiede di segnalare in etichetta la presenza di BPA negli imballaggi di cibi e stoviglie per bambini L’Italia non ha adottato misure restrittive e per questo i consumatori non possono sapere quali sono i prodotti senza bisfenolo A anche perché non esiste un sistema ufficiale in grado di certificarne l’assenza negli articoli in vendita. Chiediamo alla Ministra della salute Beatrice Lorenzin un provvedimento legislativo per segnalare sulle etichette dei prodotti e degli alimenti la presenza di bisfenolo A. Vogliamo che il consumatore sia libero di scegliere cosa acquistare, conscio della presenza di questa sostanza, perlomeno in articoli destinati all’alimentazione di bambini e negli imballaggi per alimenti destinati a neonati. Firma la petizione: Bisfenolo A (BPA) in etichetta in imballaggi e articoli per la nutrizione di bambini. (*) cardiopatie e diabete, difetti nello sviluppo del cervello dei bambini, danni al sistema nervoso centrale degli adulti e al sistema immunitario, maggior predisposizione al tumore della mammella Luca Foltran Luca Foltran esperto sicurezza dei materiali

TRUMP CONTRO TTIP????? MAGARI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!1

TTIP, negoziati ufficialmente congelati dopo elezione di Trump. La Commissione Ue prende atto della contrarietà agli accordi commerciali internazionali Beniamino Bonardi 17 novembre 2016 Pianeta Commenti 355 Visto TTIPNel mese di ottobre i negoziati sul Trattato commerciale di libero scambio tra Usa e Ue (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP) erano stati di fatto sospesi su pressioni franco-tedesche, in attesa degli appuntamenti elettorali dei due Paesi nel 2018 e in vista delle presidenziali Usa. Ora con la vittoria di Donald Trump sono stati ufficialmente congelati come ha dichiarato la Commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmström, “la vittoria di Trump ha creato un certo grado di incertezza riguardo a ciò che saranno le sue priorità come presidente e vi è ragione di credere che ci sarà una pausa estesa nei negoziati TTIP”. In campagna elettorale il nuovo presidente Usa si è chiaramente espresso contro gli accordi commerciali internazionali, che tolgono posti di lavoro ai cittadini statunitensi, ed è probabile che per capire se e quando i negoziati sul TTIP riprenderanno bisognerà aspettare molto. Non a caso, la Commissione Ue ha sarebbe stato opportuno firmare il trattato prima della fine del mandato di Obama. trump-donald Con la vittoria di Donald Trump sono stati ufficialmente interrotti le trattative sul TTIP Il pessimismo sul futuro del TTIP è condiviso anche da operatori del commercio internazionale. Lucio Miranda, presidente di ExportUsa, società di consulenza per l’export verso gli Stati Uniti, ha dichiarato a Labitalia: “Dal risultato delle elezioni presidenziali americane, in termini di export, non mi aspetto grossi impatti sull’export tipico italiano. Certo è che possiamo intonare il “de profundis” per trattati come il TTIP”. © Riproduzione riservata

NO OLIO DI PALMA... AI BAMBINI

Aggiornamento dell’11 ottobre 2016 Raccolte 25 mila firme dopo 1 mese dal lancio della petizione. Firma anche tu. Clicca qui Togliere subito l’olio di palma contaminato con sostanze cancerogene dal latte in polvere per i neonati. Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade rivolgono questo invito alle aziende produttrici, ritenendola una scelta dettata da ragioni di tipo economico. Non esistono motivi nutrizionali tali da giustificare l’impiego del grasso tropicale tanto più che diverse industrie già impiegano altri grassi senza per questo penalizzare la qualità del latte. Oggi la scelta di usare il palma risulta inaccettabile alla luce dei pareri dell’Efsa sulla presenza significativa di contaminanti cancerogeni in tale grasso, oltreché per le rapine delle terre e le deforestazioni tuttora in corso per estendere le coltivazioni in Africa subsahariana, Asia e America Latina. Premesso che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) raccomanda l’allattamento al seno in maniera esclusiva fino al compimento del 6° mese di vita e ricorda che il latte materno deve rimanere la scelta prioritaria, in redazione i primi dubbi sulla presenza dei grassi tropicali nel latte in polvere li abbiamo sollevati quattro anni fa. Allora i produttori omettevano l’indicazione della presenza dell’olio di palma, riportando in etichetta la generica dicitura “olio vegetale” ammessa dalla legge. Quando nel dicembre 2014 il Regolamento europeo 1169/2011 ha obbligato le aziende a specificare il tipo di olio impiegato, abbiamo scoperto che il palma era presente nel 95% dei prodotti da forno e in quasi tutti i tipi di latte in polvere. Ci siamo chiesti perché venisse usato un olio considerato dai nutrizionisti di qualità mediocre per un alimento destinato ai neonati. La risposta è da ricercare nel costo decisamente ridotto rispetto ad altri grassi. Il palma non rappresenta quindi un passo in avanti nel tentativo di avvicinarsi alla formula del latte materno, ma una scorciatoia per risparmiare sulle materie prime visto che la componente lipidica rappresenta il 25% del latte e il palma risulta il grasso più economico. L’altro elemento da considerare è che diverse marche di latte vendute in Italia non contengono il grasso tropicale. Si tratta dei latti firmati da Bimbosan, Coop, Sicura e Dicofarm, talora a un prezzo inferiore, e da pochi mesi anche una nuova linea di Plasmon (la tabella in fondo all’articolo riporta l’elenco completo dei marchi di latte in polvere senza olio di palma). Queste aziende (vedi tabella) usano miscele di altri oli vegetali come l’extravergine di oliva, il girasole, il colza o il cocco. olio di palma allerta Nel 2013, su 52 referenze di latte in polvere solo 7 non avevano l’olio di palma In un documento della Società Italiana di Pediatria (SIP) pubblicato nel 2013, si legge che su 52 latti formula solo 7 non avevano l’olio di palma. L’industria giustifica l’impiego del palma nel cosiddetto “latte formula” con la necessità di ottenere una composizione di grassi adeguata alle esigenze nutrizionali dei lattanti, oppure con il vantaggio di ottenere un prodotto più stabile. Si tratta di argomenti deboli, simili a quelli dei produttori di biscotti e merendine che giustificavano l’impiego dell’olio tropicale, con tesi improbabili, salvo poi cambiare le ricette per non perdere quote di mercato (come ha fatto Barilla con l’intera gamma dei prodotti Mulino Bianco). A tutto ciò si aggiunge la preoccupante questione del land grabbing e degli ecocidi legati alla continua avanzata delle piantagioni di palma, con ulteriori guai come le emissioni di CO2 causate dagli incendi per la deforestazione che rendono irrespirabile l’aria in Malesia, Indonesia e dintorni. latte in polvere Non esistono motivi nutrizionali da giustificare l’impiego dell’olio di palma nel latte in polvere L’ultimo argomento e forse anche il più grave riguarda la salute dei neonati e dei bambini. L’Efsa è stata chiara quando nel parere 3.5.16 ha scritto: “Le sostanze cancerogene e genotossiche presenti nell’olio di palma a causa dei processi industriali di raffinazione sono effettivamente pericolose. Le quantità di questi contaminanti, nel grasso tropicale, sono superiori fino a dieci volte rispetto a quelle presenti negli altri oli vegetali.” Le grandi industrie erano a conoscenza di tali rischi almeno dal 2004. Le responsabilità sono gravi e la presenza di contaminanti tossici negli alimenti destinati alla prima infanzia non può essere tollerata oltre. Abbiamo chiesto ai produttori delucidazioni: ma le risposte sono state generiche e nessuno ha preso impegni precisi. Per questo motivo abbiamo deciso insieme a Great Italian Food Trade di lanciare una nuova petizione su Change.org affinché: Mellin, Nutricia, Ordesa, Hipp, Humana, Milte, Nestlé, Unifarm, Sterilfarma, Nipiol, Menarini, Laboratori Alter, Plasmon e Holle cambino subito le formule del latte in polvere. In genere non è facile convincere le imprese a modificare un prodotto ma siamo fiduciosi. Già in passato abbiamo raccolto 176 mila firme e scritto oltre 100 articoli per convincere Mulino Bianco, Pavesi, Colussi, Plasmon… a togliere l’olio di palma da biscotti e merendine e ci siamo riusciti. Questa volta speriamo di impiegare meno tempo.

CIBONEMICO

cibonemico

IP MORGAN ITALIA IN MANO A STRANIERI

La verità sulla mano JPMorgan al referendum costituzionale di Renzi Fonte e link: https://www.forexinfo.it/JPMorgan-referendum-Costituzione-Renzi-influenza-verita?utm_source=Forexinfo+Forex+Trading+Online&utm_campaign=4eaf482888-forexinfo-daily-email&utm_medium=email&utm_term=0_4302bacf08-4eaf482888-302716845 18 Novembre 2016 Flavia Provenzani Quale influenza di JPMorgan sul referendum di Matteo Renzi e la necessità di riformare la Costituzione Italiana? Referendum costituzionale e l’influenza di JPMorgan sulla riforma della costituzione italiana di Matteo Renzi e Boschi: dov’è la verità? Da tempo ormai si parla della mano forte di JPMorgan, istituto finanziario tra i più potenti al mondo, sul primo ministro italiano Matteo Renzi e sul suo progetto di modifica della Costituzione di stampo eccessivamente “anti-fascista”. Complice anche i possibili effetti di MPS dall’esito del referendum. Le grandi decisioni vengono da sempre prese per bocca di pochi, e la stessa dinamica sembra caratterizzare il referendum in Italia e la forte influenza internazionale di JP Morgan, banca americana ritenuta responsabile della bolla dei mutui sub-prime che ha scatenato la grave crisi mondiale del 2008 – come sentenziato dal Tribunale di New York – e di vari altri scandali, come la Balena di Londra che è costata a JP Morgan 920 milioni di dollari. Matteo Renzi sarebbe dunque complice di un’intesa segreta e strettamente personale per modificare l’impostazione della Costituzione italiana a del nostro Parlamento per renderli più flessibili alle esigenze delle grandi potenze finanziarie mondiali, che operano più facilmente in contesti semplificati. Accusa portata avanti con forza dal Movimento 5 Stelle. Via la Costituzione Italiana implementata nel post-fascismo e benvenuta alla Costituzione che promette una maggiore governabilità, senza contare che la suddetta “rivoluzione” minaccia di ledere la democrazia e i diritti primari della popolazione. È questa la verità, è questo il progetto che la tanto discussa JPMorgan ha sul referendum costituzionale e sul primo ministro Matteo Renzi? La mano di JP Morgan sul referendum costituzionale Verba volant, scripta manent. È del 2013 un report di JPMorgan in cui spiega che la costituzione dei Paesi periferici come l’Italia soffre di enormi problemi, tra cui un Governo troppo debole rispetto al Parlamento, troppo potere alle Regioni, troppi diritti per i lavoratori, troppo diritto di dire la propria “se i cambiamenti sono sgraditi”. I numerosi indizi che testimoniano un rapporto non istituzionalmente documentato tra Renzi e JPMorgan, complice anche l’ex primo ministro inglese Tony Blair, hanno spinto la Adusbef (associazione in difesa dei consumatori e utenti bancari, finanziari e assicurativi) a denunciare il primo ministro italiano alla procura di Roma per alto tradimento. Secondo l’associazione, infatti, l’interna riforma costituzionale messa alla prova al referendum del 4 dicembre sarebbe frutto di accordi privati e di comodo tra Renzi e l’istituto finanziario americano. La mano forte di JPMorgan sul referendum italiano non è l’unica forza esterna a sostenere la riforma della costituzione: a favore anche la grande burocrazia internazionale, dalle lobby negli Stati Uniti all’Unione Europea. Ma quale legame esiste davvero tra JPMorgan e Renzi? JPMorgan e Renzi: gli indizi di un rapporto “sospetto” Il primo filo conduttore è Tony Blair, ex primo ministro del Regno Unito e consulente pluriennale per l’americana JPMorgan. Renzi, Blair e il numero uno di JPMorgan, Jamie Dimon, si sono incontrati più volte in occasioni non istituzionali. A partire dalla cena a palazzo Corsini a Firenze, alla quale Dimon invitò l’allora sindaco fiorentino Matteo Renzi e Blair. Poi ancora nel 2014, con un Renzi in veste assai diverse: primo ministro italiano. Fece scandalo l’intervista rilasciata da Tony Blair a Repubblica all’indomani del meeting di aprile 2014, in cui definisce Renzi il suo erede, elogia il suo programma di riforma costituzionale e il suo piano per rilanciare l’economia. Lo stesso Blair, poco dopo, dichiarò al The Times: «Il mutamento cruciale, delle istituzioni politiche, neanche è cominciato. Il test chiave sarà l’Italia: il governo ha l’opportunità concreta di iniziare riforme significative». Perché JPMorgan spinge il referendum costituzionale Il primo grande elemento che sottolinea un rapporto tra la JPMorgan e il referendum costituzionale risale al lontano 28 maggio 2013 – giorno in cui l’istituto statunitense pubblica un report dal titolo “Aggiustamenti nell’area euro” che di lì a poco sarebbe diventato virale in tutto il mondo. Lo studio di JPMorgan sottolinea in che modo la Costituzione dei Paesi europei periferici, tra cui l’Italia, freni le possibilità di crescita economica, poiché piene di limiti e caratteristiche che ostacolano l’integrazione con l’area dell’euro. La Costituzione Italiana ha un impianto troppo anti-fascista, troppo datato ormai, secondo la banca americana. Nello specifico: «Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del Sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea». Ed è proprio la sua Costituzione ad aver alimentato i problemi economici dell’Italia secondo il report. Troppo socialismo, un approccio troppo ispirato all’anti-dittatura. Infatti, continuiamo a leggere nel report di JPMorgan: «I problemi economici dell’Europa sono dovuti al fatto che i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo». I difetti della Costituzione Italiana secondo JPMorgan Secondo JPMorgan la Costituzione Italiana proprio non va, insieme ad alcune altre della periferia UE, e la banca ne elenca i motivi: «I sistemi politici e costituzionali del Sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori, tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo, il diritto di protestare se i cambiamenti sono sgraditi. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)». Referendum, Renzi e JPMorgan: i 10 indizi del M5S Sta facendo discutere l’elenco di indizi che, secondo il post pubblicato sul blog di Beppe Grillo, testimonierebbero il rapporto e l’influenza di JPMorgan su Renzi e il referendum costituzionale. Sebbene sia ad onor di cronaca impossibile parlare di prove, tutti gli eventi descritti di seguito evidenziano l’esistenza di un certo legame tra Renzi e la banca americana e la possibile influenza di quest’ultima nell’implementazione della riforma costituzionale. 1 giugno 2012 – Renzi è invitato alla cena presso palazzo Corsini organizzata grande istituto finanziario a Firenze nella carica di sindaco della città. A mandare l’invito è Jamie Dimon, CEO di JPMorgan. Presente anche Tony Bair, allora già non più primo ministro inglese. Nessun report, nessuna notizia sui contenuti dell’incontro. 28 maggio 2013 – JPMorgan divulga il tanto discusso report dal titolo “Aggiustamenti nell’area euro” già ampiamente discusso. 1 Aprile 2014 – Renzi visita l’ambasciata italiana a Londra a poco meno di due mesi dalla nomina a presidente del Consiglio, ospite di Pasquale Terracciano. Presente anche Tony Blair, con il quale Renzi discute in in privato. Due giorni dopo Bair definirà Renzi «mio erede» in un’intervista a La Repubblica. 6 luglio 2016 – Questione MPS: a inizio anno Renzi invita ad investire su MPS, “ormai risanata, su cui investire è un affare”. In estate Jamie Dimon, CEO di JPMorgan, convince Renzi a lasciargli campo libero su MPS, con la conseguente rimozione di Viola dal ruolo di ad. 8 settembre 2016 – Fabrizio Viola si dimette da ad di Monte Paschi. «Alla luce delle perplessità espresse da alcuni investitori in vista del prossimo aumento di capitale e d’accordo con la Presidenza del Consiglio, riteniamo opportuno che lei si faccia da parte», racconterà Viola circa la chiamata ricevuta da Padoan, ministro dell’economia. 13 ottobre 2016 – Al via al terrorismo dell’agenzia di rating Moody’s, per cui «con il no al referendum rischi per l’aumento di capitale di Mps». 25 ottobre 2016 – Il futuro di MPS viene ancorato alla vittoria del SI al referendum costituzionale da tutte le grandi banche internazionali. Alla guida di MPS, da un mese, Marco Morelli – ex di JPMorgan. IL NOSTRO COMMENTO: Questo JP Morgan è stato la rovina dell’Italia e della Europa e continua ad esserlo grazie ai Ns politici camerieri che prendono ordini da lui. E’ un vera vergogna! Sarebbe ora di dargli una severa lezione! Ormai anche i bambini sanno chi tira le fila…. ma nessuno fa niente! Che schifo! Renzi vergognati! Ormai hai finito di fare politica. Il “NO” ti travolgerà! Guarda anche il Ns sito: http://www.dominioglobale.info e informati chi sono i padroni del mondo…..

imbroglio del TTIP

di MoVimento 5 Stelle Europa Per un selfie con Obama, Renzi svende l'Italia alle grandi multinazionali. Ecco il prezzo che i cittadini italiani pagano per avere un endorsement presidenziale alla riforma costituzionale Boschi-Verdini. A Obama non sembrava vero: ha trovato in Renzi il premier (non eletto) perfetto per imporre la sua linea politica su TTIP e ostilità verso la Russia. Durante il suo discorso alla Casa Bianca ha dichiarato: "entrambi riafferriamo il nostro forte appoggio al TTIP che aumenterà i posti di lavoro, le esportazioni, l'innovazione e la crescita in entrambi i lati dell'Atlantico". È falso! Il TTIP è un imbroglio per cittadini e imprese e ve lo dimostriamo in cinque punti: 1) PERDITA POSTI LAVORO Uno studio del CEPR (Centro per la ricerca sulla politica economica) nel 2013 ha fatto i calcoli su quanti posti di lavoro si perderebbero con il TTIP: 1 milione e 300 mila. Ci sarebbe inoltre un calo del commercio all'interno dei Paesi europei del 30-40%. 2) INVASIONE PRODOTTI AMERICANI Un rapporto del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti parla chiaro: con il Ttip il surplus commerciale europeo scenderebbe da 7,6 a 0,1 miliardi di euro. E infatti i prodotti americani che più beneficerebbero del TTIP - sempre secondo questo autorevole studio - sono la carne (+965%), il latte in polvere (+900%), il formaggio (+987%), ma soprattutto il pollo (+33.500%) e il maiale (+4.000%). 3) CIBO SPAZZATURA L'obiettivo degli Stati Uniti è quello di rimuovere tutte le barriere al commercio e azzerare i dazi di ingresso. In Italia e in tutti i Paesi europei entrerebbero, così, alimenti e prodotti altamente nocivi o le cui conseguenze sulla salute sono oggi sconosciute. Negli Stati Uniti non ci sono barriere a pesticidi, OGM e sostanze chimiche usate per disinfettare gli animali, come il cloro sul pollo. 4) DEMOCRAZIA IN PERICOLO Le multinazionali vogliono piegare i governi ostili con l'arbitrato internazionale tra investitori e Stati che prevede: totale mancanza di trasparenza, assenza di criteri di selezione dei regolatori, vuoto di giurisprudenza sui meccanismi delle controversie e, soprattutto, massiccia cessione di sovranità a un ente terzo (sovranazionale). È uno scacco macco per la democrazia. 5) ATTACCO ALLE PMI Il TTIP avvantaggia i Paesi del nord Europa, la cui economia si basa prevalentemente sui servizi, penalizzando soprattutto le PMI e chi ha forti eccellenze da tutelare. Con questo trattato si rischia di ridurre il flusso commerciale tra Stati europei del 30%. Per le PMI italiane, che commerciano principalmente con il resto d'Europa, sarà un massacro: non sono pronte oggi a riorientarsi verso il mercato americano. Per fortuna la realtà è ben diversa da quella che Obama e Renzi auspicano: il TTIP è a un binario morto. La Commissione europea ha fatto trapelare la notizia che fino al voto in Germania non si muoverà foglia. L'ultimo round di negoziati che si è svolto a New York dal 3 al 7 ottobre è stato un fiasco totale. Francia e Germania sono sulle barricate e centinaia di migliaia di cittadini continuano a riempire le piazze europee in manifestazioni di protesta contro l'approvazione. Il Movimento 5 Stelle denuncia il fallimento dei negoziati e chiede la loro immediata sospensione. Il selfie di Obama a Renzi non è indolore. Serve per pungolare la Germania che lo ha scaricato sul TTIP e che vuole porre fine alle controproducenti sanzioni alla Russia. Renzi pensa di approfittare delle crepe nell'alleanza USA-Germania per fare campagna referendaria in Italia, dimenticando però che i cittadini sono avanti, pensano con la loro testa e non si lasciano imporre le decisioni. Vi ricordate cosa aveva detto Obama a Londra sulla Brexit? Sappiamo come è andata...

vogliono , dopo aver intossicato i cibi ....toglierci le leggi,

L’Adusbef: "Ecco perché abbiamo denunciato Renzi per alto tradimento" mercoledì, 16 novembre 2016, 10:08 di barbara pavarotti Matteo Renzi denunciato per alto tradimento alla procura di Roma. E con lui la banca d’affari americana JpMorgan, ritenuta responsabile della crisi dei mutui subprime del 2008, secondo l’inchiesta della procura di New York. A presentare la denuncia il 12 ottobre è stato Elio Lannutti, a nome dell’Adusbef, l’associazione difesa consumatori e utenti bancari, finanziari e assicurativi, di cui è presidente. Insieme all’Adusbef hanno firmato l’esposto anche quattro parlamentari 5 Stelle. La notizia, data in anteprima dal periodico d’inchiesta “La voce delle voci”, è uscita nel totale disinteresse di tutti i maggiori giornali italiani. Perché si è arrivati a questa denuncia? Che è successo? Ne parliamo con lo stesso Lannutti, protagonista di 30 anni di battaglie a fianco dei correntisti e dei risparmiatori, autore di nove saggi di carattere economico (l’ultimo, “La Banda d’Italia”, Chiarelettere, 2015, è un’inchiesta su Bankitalia). Elio Lannutti, perché avete denunciato Renzi e JpMorgan per alto tradimento? Adusbef ha rintracciato indizi gravi, precisi e concordanti che suffragano la manina di JpMorgan nella modifica della Costituzione, la quale, essendo 'troppo socialista', intralcia l'agire economico dei banchieri di affari: costoro mirano a imporre l'egemonia degli esclusivi interessi della finanza di carta e del denaro dal nulla sulla sovranità popolare, condizionando il governo Renzi ad approvare leggi liberticide dei diritti conquistati dai lavoratori, quale il Jobs Act. Scendendo più sul concreto, quali sono i fatti e i documenti su cui vi siete basati per questa denuncia? Bisogna partire da lontano, da un documento di 16 pagine di JpMorgan del 28 maggio 2013, scoperto e denunciato da Luca Ciarrocca, giornalista fondatore di Wall Street Italia. In questo documento c’è scritto che i limiti dei paesi del Sud Europa non sono solo di natura prettamente economica, ma anche politica. Ecco un passaggio: “I sistemi politici dei paesi del Sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea. I sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste. E caratteristiche comuni: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna) e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”. Riassumendo: la JpMorgan consiglia di superare le Costituzioni antifasciste. E quella italiana, appunto, pensata per impedire una futura svolta autoritaria, deve essere stravolta. Così ha deciso il presidente del consiglio Matteo Renzi accogliendo i suggerimenti di JpMorgan. Sì, ma in che consisterebbero esattamente i legami fra Renzi e JpMorgan? I legami sono acclarati e passano anche attraverso Tony Blair, dal 2008 consulente di JpMorgan. Il quotidiano britannico “Daily Mirror” ha scritto: “Renzi è il Blair italiano non solo nelle intenzioni politiche, ma anche nelle alleanze economiche. Un esempio? La JpMorgan”. Alcuni incontri ufficiali sono stati ricostruiti dal giornalista Franco Fracassi. Primo giugno 2012: l’amministratore delegato della JpMorgan Jamie Dimon invita a cena a palazzo Corsini a Firenze l’allora sindaco Renzi e l’ex primo ministro inglese Blair. Primo aprile 2014, Londra: ospiti dell’ambasciatore italiano Terracciano ancora Renzi e Blair che durante la cena discutono in privato. Il giorno dopo, in un’intervista a “Repubblica”, Blair afferma: “In tempi normali sarebbe difficile per chiunque realizzare un programma ambizioso come quello delineato dal nuovo premier italiano. Ma questi non sono tempi normali per l’Italia. C’è una coerenza tra il suo programma di riforme costituzionali e le riforme strutturali per rilanciare l’economia”. E sempre Blair al quotidiano britannico “The Times”: “Il mutamento cruciale, delle istituzioni politiche, neanche è cominciato. Il test chiave sarà l’Italia”. Ricapitolando. Blair ha confermato il suo appoggio a Renzi sulla strada delle riforme. Ma non è più il politico che parla. Il fu leader dei laburisti (quello che ha tardivamente ammesso che esportare la democrazia in Iraq con le bombe dell’amico Bush ha innescato la nascita dell’Isis) ormai riceve uno stipendio di milioni di dollari per fare da consulente alla seconda banca d’affari più importante al mondo (dopo Goldman Sachs), formalmente denunciata dalla Casa Bianca di essere stata la “responsabile della crisi dei subprime”, che ha poi scatenato la crisi economica mondiale. Insomma, voi accusate Renzi di una politica compiacente alla grande finanza internazionale, in particolare JpMorgan. I fatti parlano. JpMorgan è la banca d’affari prescelta da Renzi e Padoan, per ricapitalizzare il Monte dei Paschi di Siena, dopo averne licenziato in tronco l’amministratore delegato Fabrizio Viola. Mps, la più antica banca, del mondo, nata nel 1472, è stata spogliata e saccheggiata da irresponsabili banchieri con il concorso dei distratti vigilanti, che dopo aver autorizzato operazioni rischiosissime come l’acquisizione di Antonveneta coi suoi 7 miliardi di debiti, hanno assunto la veste di Ponzio Pilato, bruciando il sudato risparmio di intere generazioni con pesanti ricadute sui lavoratori e sui territori, continuando nella segretezza e nella più totale opacità, a favorire banchieri amici, beneficiati così di centinaia di milioni di euro di commissioni. Operazione che vede, tanto per cambiare, tra i protagonisti principali, l’allora direttore generale del Tesoro - e poi ministro dell’Economia nel governo Monti - Vittorio Grilli, assoldato nel 2014 da JpMorgan. In effetti per il salvataggio di Mps si sono incontrati a Palazzo Chigi Renzi e l’amministratore delegato di JpMorgan Jamie Dimon, l’organizzatore della famosa cena. E molto si discute sul mezzo miliardo di commissioni previste per i due advisor dell’operazione, JpMorgan e Mediobanca. Un compenso davvero alto visto che oggi Mps capitalizza appena 542 milioni. Infatti. Il successo dell'aumento di capitale (5 miliardi) comporterebbe per Jp Morgan una commissione del 4,75% che sia l’ex presidente Tononi sia Viola hanno giudicato elevata e forse, proprio per questo, sono stati dimissionati. Quindi, nella denuncia presentata il 12 ottobre 2016, chiediamo alla procura della Repubblica di aprire una indagine volta ad accertare se le manovre che hanno indotto il presidente del Consiglio Renzi, per bocca del ministro dell’Economia Padoan, a licenziare in tronco Fabrizio Viola, per piazzare al suo posto Marco Morelli, già in MPS ed ideatore dell’operazione ‘Fresh’ per l’acquisto di Antonveneta, autorizzata dall’ex direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, oggi a capo di JP Morgan in Europa, che guida l’aumento di capitale Mps e che avrebbe imposto lo stesso Morelli, non abbiano avuto la finalità di favorire la banca americana producendo un esborso per la dissanguata banca senese, per centinaia di milioni di euro integrando i reati di truffa. Chiediamo se tali manovre, che hanno indebolito ulteriormente il valore del titolo in borsa, non abbiano integrato ipotesi delittuose per far avviluppare nella rete di JPMorgan il Monte dei Paschi in ogni sua parte, con l’ex ministro dell’economia, Vittorio Grilli che, in qualità di presidente corporate investment banking della banca Usa per l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente, ha seguito tutti i dettagli dell’operazione sponsorizzandola al premier Renzi e al ministro dell’economia Padoan. Con Marco Morelli, che prima di riapprodare a Siena, aveva lavorato per Jp Morgan. Con Claudio Costamagna, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, che ha partecipato agli incontri col Governo e la banca a stelle e strisce, la cui coniuge Alberica Brivio Sforza, da qualche mese è stata assunta da Jp Morgan, settore private banking. In sostanza Jp Morgan ed altre banche, offriranno un prestito ponte di 5 mld, che costerà centinaia di milioni di commissioni, senza rischiare nulla essendo il finanziamento interamente garantito dal Gacs (Garanzia Cartolarizzazione Sofferenze), quindi dallo Stato e dalla fiscalità generale. Un quadro in effetti che ha suscitato molti dubbi, ma voi siete i primi a farne oggetto di una denuncia. Sì. E vorremmo sapere anche perché per la ricapitalizzazione di MPS è stata esclusa l’offerta alternativa messa in piedi da Corrado Passera, ex ad di Banca Intesa ed ex ministro del Governo Monti, al quale è stato negato l’accesso ai documenti e la cui lettera di rinuncia si chiude con note di rammarico: «La banca e i suoi amministratori hanno deciso di puntare tutto su una unica alternativa e mi auguro, non solo nell’interesse della Banca, ma dell’intera Italia, che questa strategia, alquanto rischiosa, porti comunque ai risultati sperati. La risposta della Banca è stata inequivocabile e ne siamo molto dispiaciuti». Tutto questo senza che le Autorità Vigilanti e l’Anac (foglia di fico funzionale alla propaganda del Governo Renzi), siano intervenute per obbligare gli amici di JPMorgan, a fornire i documenti richiesti da Passera, non solo per le minimali regole di trasparenza, ma nell’interesse di risparmiatori, lavoratori e nel futuro di una banca, che dopo aver disseminato morti sul suo cammino, come David Rossi ‘suicidato’, non può permettersi ulteriori ombre e sospetti di favoritismi amorali (se non di natura penale). Molta carne al fuoco in questo esposto.. Già. Nell’esposto depositato si chiede di svolgere tutte le indagini ritenute opportune e necessarie, circa il comportamento delle persone coinvolte nella vicenda denunciata, alfine di verificare l’eventuale sussistenza di fatti costituenti reato, posti in danno di risparmiatori espropriati dei propri beni tutelati dall’art.47 della Costituzione, già per i reati p.e p. dagli artt. 81, 640 e 646 c.p., con le aggravanti di cui all’art. 61 nn. 7 e 11 c.p., e/o per gli altri differenti reati, compresi gli art. 90 della Costituzione e gli art.241; 264; 283; 323; 416 Bis del Codice Penale, che la S.V. ravvisi nei fatti sopra descritti. Con espressa istanza di punizione degli eventuali responsabili per i reati che si riterranno configurabili e sussistenti a loro carico e con espressa riserva di costituirsi parte civile nell’instaurando procedimento penale, anche al fine di contribuire alla affermazione della penale responsabilità dei suddetti soggetti. E il referendum dunque si collocherebbe a vostro avviso in questo disegno di “assoggettamento” alla finanza internazionale? Chiari indizi sono le manovre per manipolare gli spread in attesa del referendum, come confermato perfino dall'imprudente ministro dell'Economia Padoan, come prova più lampante degli interessi di agenzie di Rating, banche di affari, potenze economiche e mafio-massonerie internazionali, per tenere in vita con l'ossigeno, un governo che asseconda gli ordini di JPMorgan e della grande finanza criminale e rendere la Costituzione, uscita dalle lotte partigiane, un inutile orpello funzionale a svolte autoritarie. Ho l’ottimistica speranza, suffragata dal riscontro nelle piazze, su bus, metro, nei mercati, nelle Università e sui luoghi di lavoro che il popolo strangolato, offeso ed impoverito, i risparmiatori espropriati da un governo che salva le banche ed utilizza i manganelli per reprimere il sacrosanto dissenso delle vittime, i lavoratori derisi ed umiliati dal Jobs Act, costretti a contrarre un mutuo ventennale e costose polizze vita per andare in pensione dopo 40 anni di duro lavoro, i giovani indebitati da Renzi al ritmo di 116.000 euro al minuto, col futuro ipotecato da un gravame di debito pubblico arrivato a 2.224,7 mld di euro (+ 114 mld con Renzi), ai quali la politica ha sottratto ogni speranza, impediranno col No corale, che la Costituzione nata dalle lotte partigiane e scritta nell’unità dei partiti, dai monarchici ai comunisti, possa essere modificata da burattini e cortigiani manovrati dalle banche di affari e dalla finanza criminale, da buffoni di corte e voltagabbana, noti saltimbanchi portati in gita premio perfino negli States da Obama, per premiarne le miserabili capriole. 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sabato 5 novembre 2016

ecco a voi IL CETA ne parleremo spesso.....

Firmato l’accordo di libero scambio tra Canada ed Europa. Il ritardo dovuto alla Vallonia e a una clausola sull’Investment Court System (ICS) Beniamino Bonardi 1 novembre 2016 Pianeta Lascia un commento 476 Visto TTIP CETA Freihandelsabkommen zwischen USA und EU Il destino finale del CETA sarà decisivo per il futuro già incerto del più grande accordo di libero scambio tra Ue e Usa, il TTIP. Il 30 ottobre, a Bruxelles, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il primo ministro canadese Justin Trudeau hanno firmato il CETA, l’accordo commerciale di libero scambio tra Ue e Canada, che si era incagliato sul veto della Vallonia, la regione francofona belga, che impediva al governo federale di dare il proprio consenso. Alla fine la Vallonia ha dato il proprio via libera, in cambio di alcune concessioni in merito alla clausola oggetto della contestazione, quella riguardante l’Investment Court System (ICS), che consente agli investitori stranieri di citare in giudizio gli Stati presso delle Corti speciali, e non davanti ai tribunali ordinari, se ritengono che determinati provvedimenti abbiano danneggiato i loro interessi, chiedendo un risarcimento. bandiere europee Nonostante la firma che prelude all’entrata in vigore provvisoria dell’Accordo Ue-Canada, la sua ratifica finale è ancora in forse La contestazione riguarda il fatto che questo meccanismo potrebbe limitare la libertà legislativa dei governi nazionali e della stessa Unione europea in settori come quello della tutela ambientale e della sicurezza alimentare. La Vallonia ha ottenuto che sulla legittimità dell’ICS si pronunci la Corte di Giustizia europea e che questa clausola non entri in vigore provvisoriamente, insieme ad altre, dopo che il CETA avrà ottenuto il parere favorevole del Parlamento europeo e dei 28 governi nazionali, ma non la ratifica dei parlamenti dei singoli Stati. Quindi, nonostante la firma che prelude all’entrata in vigore provvisoria dell’Accordo Ue-Canada, la sua ratifica finale da parte del parlamento belga è ancora in forse. E il destino finale del CETA sarà decisivo per il futuro già incerto del più grande accordo di libero scambio tra Ue e Usa, il TTIP. Beniamino Bonardi

POVERTA? : la gente mangia MENO non ha soldi per i cibi, morira coi cibi tossici a poco prezzo?

La povertà nel piatto: gli italiani hanno ridotto i consumi di carne, pesce, verdura e frutta in relazione al reddito. L’indagine del Censis sulle abitudini alimentari Beniamino Bonardi 31 ottobre 2016 Nutrizione 1 Commento 664 Visto carne macellazione Nell’ultimo anno 16,6 milioni di persone hanno ridotto il consumo di carne Il Censis ha realizzato una ricerca sui cambiamenti delle abitudini alimentari degli italiani, da cui risulta che nell’ultimo anno 16,6 milioni di persone hanno ridotto il consumo di carne, 10,6 milioni quello di pesce, 9,8 milioni la pasta, 3,6 milioni la frutta, 3,5 milioni la verdura. E meno si guadagna, più si risparmia nella scelta del cibo: negli ultimi 7 anni la spesa alimentare è diminuita in media del 12,2%, ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4 e tra i disoccupati del 28,4%. La disparità sociale, secondo la ricerca del Censis anticipata da Repubblica, si ritrova in ogni tipo di cibo: hanno tagliato il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito contro il 32% dei benestanti, quello di pesce il 35,8% dei meno abbienti contro il 12,6% dei più ricchi. Per la verdura, il consumo familiare è diminuito del 15,9% tra chi ha basso reddito rispetto al 4,4% . Per la frutta, la riduzione tocca il 16,3% dei meno abbienti e solo il 2,6% delle famiglie con un reddito elevato. consumi Le persone meno abbienti hanno ridotto di più i consumi di frutta e verdura rispetto ai benestanti «Questo significa che molti non possono permettersi i cibi base della dieta mediterranea. La tavola diventa così luogo di iniquità sociale, che produrrà rilevanti costi sociali: sempre più gente malata o obesa», sottolinea Massimiliano Valeri, direttore generale del Censis. La ricerca evidenzia come il tasso di obesità sia più alto nelle regioni dove i redditi sono più bassi e la spesa alimentare in forte diminuzione. Al Sud, per esempio, negli ultimi sette anni la spesa è scesa del 16,6 % e il reddito è di un quarto inferiore alla media nazionale: qui le persone obese e in sovrappeso sono il 49,3%, ossia quasi metà della popolazione. Beniamino Bonardi

PESCE attenzione attenzione attenzione

Pesce fresco: le cose da sapere prima dell’acquisto. Viaggio nelle pescherie di Bologna tra etichette poco chiare e sigle di additivi da decodificare Redazione Il Fatto Alimentare 28 ottobre 2016 Nutrizione Lascia un commento 1,419 Visto pesce«Vorrei preparare una cena a base di pesce. Mi raccomando, però, senza lische!» Non è raro sentire una frase come questa davanti al banco del pesce. Nei primi sei mesi del 2016 gli italiani hanno consumato meno carne e più prodotti ittici, avvicinandosi ai 26 chili l’anno, anche se per molti si tratta ancora di un alimento piuttosto “misterioso”. È consigliato perché nutriente e digeribile, adatto a tutte le età e per tutte le diete. Il pesce però è un alimento “delicato” perché si presta più facilmente alle frodi, perché non è sempre facile riconoscere il grado di freschezza soprattutto quando è venduto in tranci o filetti. L’ultima criticità è la difficoltà di verificare se ciò che viene offerto è davvero la specie indicata in etichetta oppure un’altra meno pregiata. pesce crudoI pesci di dimensioni maggiori, come tonno e pesce spada, accumulano inquinanti e con una certa regolarità interi lotti vengono ritirati dal commercio perché contengono troppo mercurio. I prodotti surgelati o decongelati possono essere trattati con alcuni additivi per migliorarne l’aspetto e mantenerli “freschi”. Infine, non dimentichiamo che gran parte degli stock ittici (il 90% nel Mediterraneo e nel Mar Nero) sono sfruttati oltre il limite di sostenibilità. Per questo motivo bisognerebbe scegliere il più possibile pesce sostenibile, pescato con attrezzi che non impoveriscono eccessivamente l’ecosistema marino, e abbiano dimensioni “di sicurezza” (la legge proibisce di catturare pesci molto piccoli per consentire loro di crescere e dare il tempo di riprodursi favorendo così il rinnovo delle popolazioni ittiche). pesce fresco Nel nostro mare si trovano tanti pesci poco noti e poco sfruttati, come sarago, pagello, sugarello, leccia e tonnetto striato. Per orientarsi, conviene consultare il sito della commissione europea e le diverse guide sul pesce sostenibile, come quella di consumaregiusto. Per quanto riguarda gli attrezzi di pesca ci sono quelli a ridotto impatto come: canne, arpioni, nasse, reti da imbrocco, reti da posta e palangari di fondo, mentre sono poco sostenibili: reti a strascico, draghe e palangari di superficie. Secondo un sondaggio commissionato da Greenpeace, di cui abbiamo già parlato, risulta che il 77% degli italiani sarebbe disposto a spendere di più per avere pesce sostenibile. In realtà le statistiche raccontano un’altra verità. I pesci maggiormente consumati a casa sono tonno (scelto dall’81% degli intervistati), merluzzo/nasello (71%), acciughe (70%) e salmone (70%) mentre al ristorante preferiamo orata (42%), pesce spada (42%), salmone (42%) e tonno (36%). Gli stock di pesce spada e tonno sono però in condizioni critiche, per il merluzzo dipende dalla zona di pesca e il salmone è in gran parte allevato, quindi non è a rischio anche se gli allevamenti possono avere un notevole impatto ambientale. Bisogna poi notare che meno del 30% degli italiani conosce la nuova normativa sulle etichette (in vigore dal 13 dicembre 2014) e solo uno su 10 sa che tra le diciture deve comparire anche il metodi di cattura. Sulle etichette del pesce dobbiamo trovare: il nome scientifico e comune, il prezzo al chilo, se il prodotto è fresco o decongelato, se allevato (e dove) oppure pescato con la zona di cattura e gli attrezzi usati per la pesca. Tutte queste informazioni, insieme a qualche conoscenza sulla stagionalità del pesce, permettono di fare scelte consapevoli. Purtroppo in alcuni casi le indicazioni in etichetta sono incomplete e spesso scritte in caratteri così piccoli da risultare illeggibili. Greenpeace ha lanciato Fishadvisor: una sorta di Tripadvisor delle pescherie dove è possibile scrivere e consultare recensioni relative alla qualità, freschezza e sostenibilità del pesce, oltre che alla completezza delle informazioni fornite dalle etichette. pesce Banco del pesce al Pam di via Marconi Abbiamo visitato alcuni supermercati e pescherie nel centro di Bologna per vedere se e come la norma viene rispettata. Mentre le informazioni riportate sulle confezioni del pesce surgelato sono sempre complete, le etichette sul banco del pesce fresco in molti casi lasciano a desiderare. Nel punto vendita Pam di via Marconi le etichette riportano tutte le informazioni, ma i caratteri sono veramente piccoli: per leggerle bisognerebbe posizionarsi sul prodotto. Osservando gli anelli di calamari decongelati si legge che sono trattati con fosfati e polifosfati con funzione di stabilizzanti: E450, E451 ed E452. Queste sostanze trattengono acqua (che paghiamo al prezzo del pesce), sono consentite e impiegate in un gran numero di alimenti, e potrebbero essere dannose per la salute in caso di sovradosaggio. Niente additivi invece su calamari e seppie freschi, né sugli altri pesci freschi. pesce Banco del pesce alla Coop di via Massarenti Situazione simile alla Coop San Vitale, in via Massarenti. Le indicazioni ci sono, ma sono scritte in piccolo, inoltre le zone e gli attrezzi di pesca sono indicati con un codice numerico. Per trovare la corrispondenza è necessario consultare il poster e gli stampati esposti nei pressi del banco pescheria. Sulle seppie decongelate non ci sono stabilizzanti, ma acido citrico (E 330) con funzione antiossidante. Nel banco pescheria del Conad Pola, in via Emilia levante, oltre ai “soliti” tranci di tonno (pinna gialla), pesce spada e smeriglio, ci sono orate e branzini, seppie e calamari, ma anche pesci nostrani, meno sfruttati e più sostenibili, come leccia stella e lampuga. Nelle etichette ci sono tutte le informazioni, in caratteri molto piccoli, e sono esposti i cartelli sulle zone di pesca e i metodi di cattura. pesce Banco del pesce al Conad di via Emilia Levante Ci sono anche prodotti congelati sfusi in vendita self-service: le etichette sono complete. Gli anelli di calamari sono trattati con polifosfati e le code di gamberi con il conservante E223 (metabisolfito di sodio). I filetti congelati e surgelati nella maggior parte dei casi non contengono additivi, tranne quelli di pangasio (pesce allevato in acque dolci in Thailandia o in Vietnam) che spesso sono addizionati con stabilizzanti. Diversa la situazione nelle pescherie del centro, in via Drapperie. Qui, oltre alle specie più pregiate, nelle cassette esposte sulla strada si trovano molti pesci pescati in Adriatico: sugarelli, more, triglie, pagelli, melù, saraghi, sarde, alici, sgombri e delle orate vendute a sei euro al chilo. Le dimensioni a volte sono vicine al limite di legge e questo può spiegare il prezzo basso. In un angolino spunta anche del novellame. pesce Il pesce della Pescheria Brunelli in via Drapperie Le etichette ci sono, più o meno precise: quelle della pescheria Brunelli sono scritte in caratteri leggibili ma non sono complete e per l’attrezzo di pesca rimandano al cartello collocato all’interno. Alla pescheria Adriatica, invece, le etichette sono più precise, ma meno leggibili. Gli attrezzi di pesca per questi prodotti sono quasi sempre reti da traino, le più usate in Adriatico. È un metodo che può avere un impatto più o meno sostenibile a seconda di diversi fattori: le reti per il pesce azzurro sono trainate a mezz’acqua (pelagiche) e, usate correttamente, con maglie non troppo strette, hanno un impatto accettabile. Il pesce della Pescheria L’Adriatica in via Drapperie Il pesce della Pescheria L’Adriatica in via Drapperie Cosa è meglio scegliere, allora? «Se voglio fare attenzione alla sostenibilità – raccomanda Valentina Tepedino di Eurofishmarket – devo scegliere specie alternative alle solite dieci, variando la mia dieta ittica seguendo la stagionalità delle specie e preferendo quando possibile prodotti con l’origine più vicina a dove vivo. Conviene rivolgersi a distributori che acquistano direttamente dal produttore o dal primo intermediario, insomma preferire la cosiddetta filiera corta. È importante, dato che oggi la normativa lo richiede obbligatoriamente, acquistare solo su banchi dove l’etichetta c’è ed è completa con tutte le indicazioni di legge. Solo se il pesce è stato pescato legalmente e ha una rintracciabilità può essere anche sostenibile». Se apriamo gli occhi e cominciamo a chiedere informazioni, i rivenditori saranno costretti a porre più attenzione a ciò che acquistano e propongono a noi consumatori. foto e testo di Valeria Balboni