martedì 22 marzo 2016

FARINA...... DALL 'ESTERO

Pasta Barilla: il 25% del grano proviene da Francia e Canada. La telenovela di Coldiretti finisce male: il Corpo Forestale dice che non ci sono micotossine nel grano importato Roberto La Pira 4 marzo 2016 Etichette & Prodotti Commenti 5,146 Visto Sound Music Production pasta barilla penne rigate confezione Il 25% del grano duro della pasta Barilla è importato Il 25% del grano duro della pasta Barilla, è importato dalla Francia e da Nord America (leggi Canada). In genere questa materia prima costa di più rispetto al grano italiano ed è anche di ottima qualità. Il grano prodotto in Italia non è sufficiente e per questo l’azienda, come la maggior parte dei grandi pastifici, importa anche da altri paesi come Stati Uniti, Ucraina, Kazakistan. Barilla che è probabilmente il più grande acquirente di grano duro al mondo con 1,4 milioni di tonnellate l’anno, cerca sempre di acquistare la materia prima negli stessi paesi in cui si trovano gli stabilimenti ma se il raccolto dovesse risultare cattivo o non sufficiente, l’azienda compra sul mercato internazionale. Queste precisazioni sull’origine della materia prima sono state rilasciate da Barilla alla Radiotalevisione Svizzera (RSI) poche settimane fa. carboidrati pasta La produzione italiana di grano duro non è sufficiente Per le aziende del settore non si tratta di una novità. Un documento recente, firmato dall’associazione di categoria che raggruppa i grandi produttori di pasta italiana (Aidepi) precisa che: 1. La produzione italiana di grano duro non è sufficiente a soddisfare le richieste dei produttori italiani di pasta. C’è un deficit di materia prima nazionale pari a circa il 30-40% del fabbisogno. 2. L’industria pastaia importa da sempre grano duro dall’estero. Non è una novità di questi anni. Il mito della pasta italiana si è costruito nell’Ottocento, proprio utilizzando grano di altissima qualità russo e canadese. Il Canada è tutt’ora il principale produttore ed esportare di grano duro al mondo, seguono USA, Australia, Russia e Francia. pasta grano campi agricoltura 167584453 Il grano importato è risultato sicuro L’altra notizia sul grano duro riguarda il nuovo episodio della telenovela la “Battaglia del grano”, girata in Puglia da Coldiretti, che racconta la storia di un gruppo di volontari armati di bandiere gialle che cerca di respingere le navi nemiche cariche di granaglie importate dall’estero. La puntata finisce con le immagini del Corpo Forestale alle prese con un prelievo di grano da un camion e Coldiretti che grazie a un kit speciale fa un’analisi rapida e in tempo reale scopre la presenza di micotossine. Le immagini fanno il giro dei tg e tutti sono soddisfatti dei risultati delle indagini. Abbiamo scovato il grano contaminato che arriva dall’estero. La nuova puntata della telenovela non è andata in onda nei tg e pochissime testate l’hanno raccontata. Si tratta dell’esito delle analisi fatte su quel campione dal Corpo Forestale dello Stato in un laboratorio vero senza le telecamere puntate addosso. Il comandante Giuliano Palomba che ha eseguito l’esame ci ha confermato che nel grano duro prelevato non ci sono aflatossine mentre le quantità dei contaminanti sono meno della metà del valore massimo stabilito a livello europeo. Grano sicuro al 100%. © Riproduzione riservata sostieniProva2Le donazioni si possono fare: Glifosato: ecco perché lo IARC classifica l’erbicida come “probabilmente cancerogeno” Beniamino Bonardi 18 marzo 2016 Sicurezza Alimentare Commenti 876 Visto Sound Music Production glifosato La decisione dello IARC spiegata punto per punto: non ha utilizzato studi che non fossero pubblici L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità fornisce in un documento sul glifosato le risposte alle domande più frequenti, che hanno portato alla decisione di classificate la sostanza come “probabilmente cancerogeno”. Il documento è stato pubblicato pochi giorni prima della riunione degli esperti dei 28 paesi Ue, incaricati di esaminare la proposta della Commissione europea di rinnovare l’autorizzazione per altri 15 anni. La decisione si basa sul parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che, a differenza dello Iarc, ritiene “improbabile” che l’erbicida sia cancerogeno. Italia, Francia, Germania, Olanda e Svezia hanno sollevato obiezioni, facendo slittare la discussione a maggio. Lo Iarc risponde, in particolare, alle domande riguardanti la pericolosità del glifosato considerato da solo o con altre sostanze chimiche, le risultanze degli studi sugli animali, il tipo di studi preso in considerazione, la differenza di valutazione rispetto all’Efsa. Alla domanda se gli effetti cancerogeni del glifosato possano essere collegati ad altre sostanze presenti nelle formulazioni, lo Iarc risponde “no”, precisando che la valutazione ha preso in considerazione sia gli studi riguardanti la sostanza “pura”, sia quelli dove è miscelata ad altri componenti. In entrambi i casi, lo Iarc ha rilevato una forte rischio di effetti genotossici. In merito alle valutazioni più rassicuranti sui rischi di cancerogenicità presentate da altre Agenzie, come l’Efsa, lo Iarc sottolinea di aver considerato solo studi di dominio pubblico, anche di fonte industriale, sottoposti a revisione di terze parti. Non ha invece considerato quelli non pubblici, riguardanti sperimentazioni su animali, che non hanno fornito informazioni sufficienti per una revisione scientifica indipendente. Beniamino Bonardi Infezioni alimentari: la rete di sorveglianza PulseNet negli USA svolge un ruolo importante per monitorare e arginare le contaminazioni Agnese Codignola 18 marzo 2016 Sicurezza Alimentare Lascia un commento 277 Visto Sound Music Production PulseNet logo usa PulseNet, il network dei Center for Diseases Control per monitorare le infezioni alimentari Monitorare le infezioni alimentari aiuta la prevenzione e fa risparmiare molto denaro. È una promozione a pieni voti quella che emerge dallo studio pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine dai ricercatori delle università dell’Ohio e del Minnesota sulla rete PulseNet (network dei Center for Diseases Control di Atlanta dedicato alle crisi provocate da una contaminazione batterica alimentare). Lo studio fornisce alcune cifre molto significative, come il risparmio di 507 milioni di dollari realizzato in due decenni di sorveglianza, considerando solo le terapie mediche non effettuate e i giorni di lavoro non persi. Il sistema è basato su una rete composta da 83 laboratori di stato e federali che, appena individuano un possibile focolaio di infezione, compiono analisi su campioni del cibo sospetto e, in caso identifichino l’agente responsabile. Le informazioni vengono subito immesse in un un database, fornendo informazioni che possono rivelarsi utili anche in altri momenti, o per alimenti di provenienza all’apparenza diversa. Il sistema costa circa 7,3 milioni di dollari all’anno. In media, PulseNet individua 1.750 focolai ogni anno, 250 dei quali diffusi in più di uno stato contemporaneamente. pulsenet_map La mappa dei centri di PulseNet Nonostante la sorveglianza, negli Stati Uniti ogni anno si registrano 48 milioni di infezioni, 128.000 ricoveri e 3.000 decessi. Secondo le stime effettuate dagli autori la situazione potrebbe essere molto più grave. I ricercatori hanno compiuto due analisi. Nella prima hanno calcolato, con programmi studiati ad hoc e basati sulle differenze statistiche quante infezioni si evitano grazie a PulseNet. Nella seconda parte hanno valutato gli effetti correlati al ritiro immediato di un alimento contaminato, dimostrando che più la rete è tempestiva, maggiore è il numero di casi evitati. Ad esempio, per quanto riguarda la Salmonella, in un anno si sono evitati in media 17.000 casi, per l’Escherichia coli oltre 2.800, con un risparmio di oltre 37 milioni di dollari. melone frutta iStock_000003425384_Small Laddove PulseNet è attivo, c’è una diminuzione delle tossinfezioni alimentari I dati mostrano che laddove PulseNet è attivo, si ha una diminuzione generale delle tossinfezioni alimentari. Il network stimola un’azione preventiva, perché focalizza l’attenzione sui controlli e migliora la consapevolezza del rischio da parte dei cittadini. Anche produttori e rivenditori, temendo di incappare nei controlli, si preoccupano di non andare incontro a incidenti che potrebbero tradursi in un grave danno di immagine. Il sistema funziona anche nei casi più complicati perché scatta un livello di analisi più approfondito che, in genere, consente di individuare la causa. C’è poi un aspetto non trascurabile dell’attività della rete: il dialogo tra i protagonisti. PulseNet fornisce informazioni e dati tanto alle agenzie incaricate di vigilare sulla sicurezza alimentare quanto ai produttori, individuando i punti deboli delle filiere e i possibili miglioramenti. Le stime di PulseNet sono conservative ed è probabile che gli effetti positivi siano maggiori rispetto a quanto riportato nello studio, a conferma del fatto che le reti di sorveglianza, quando sono presenti e attive, possono dare un contributo significativo ala riduzione delle infezioni. © Riproduzione riservata sostieniProva2 roppi solfiti nel vino italiano e cadmio in tentacoli di calamaro indiano… Ritirati dal mercato europeo 52 prodotti Valeria Nardi 16 marzo 2016 Allerta Commenti 3,088 Visto Sound Music Production solfiti Eccesso di solfiti in vino bianco italiano Nella settimana n°10 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 52 (7 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende un caso per mercurio in squalo mako (Isurus oxyrinchus) congelato dalla Spagna. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: cadmio in tentacoli di calamaro indiano (Loligo duvauceli) congelato dall’India. calamari Troppo cadmio in tentacoli di calamaro indiano Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: sostanza vietata (nitrofurani, metabolita – nitrofurazone, SEM) in pesce pangasio congelato (Pangasius spp) dal Vietnam; sostanze non autorizzate (acefate e carbendazim) in riso Basmati dall’India; contenuto troppo alto di solfiti in vino bianco italiano (distribuito anche negli Usa e nei Paesi Bassi); sostanza non autorizzata (propargite) in tè nero fermentato dall’India; aflatossine in arachidi in guscio dall’Egitto. Questa settimana le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato sono le due: oltre all’eccesso di solfiti nel vino, già evidenziato sopra, i Paesi Bassi segnalano mercurio nel pesce spada congelato prodotto nei Paesi Bassi, con materie prime provenienti da Italia. © Riproduzione riservata sostieniProva2

FALSIFICARE ETICHETTE PER FAR SOLDI

Durante il Consiglio dei ministri dell’Agricoltura dell’Unione europea del 14 marzo, l’Italia ha posto in discussione la questione dell’etichetta a semaforo, adottata a livello volontario dalla Gran Bretagna (contro la quale si sono schierati 15 paesi: Croazia, Belgio, Cipro, Spagna, Grecia, Slovenia, Portogallo, Lussemburgo, Bulgaria, Polonia, Irlanda, Romania, Germania, Slovacchia e Lettonia). Lo schieramento contrario all’etichetta a semaforo chiede alla Gran Bretagna di rivedere la scelta e alla Commissione UE di intervenire per rimuovere questo “elemento distorsivo del mercato”, che secondo il Ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, provoca “danni economici e d’immagine ai nostri prodotti e nessun beneficio ai consumatori… e non promuove una dieta sana e un equilibrio nello stile alimentare, classificando i cibi con parametri discutibili e approssimativi”. Nell’ottobre 2014, la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura d’infrazione nei confronti del Regno Unito, che per ora è allo stadio di messa in mora. etichetta a semaforo Il semaforo rosso viene visto come uno stop all’acquisto piuttosto che come un “comprare occasionalmente” L’etichetta nutrizionale con i tre colori del semaforo è stata introdotta in Gran Bretagna come strumento volontario nel giugno 2013. È raccomandata dal Ministero della salute britannico ed è stata ampiamente adottata da molti supermercati (98% di adesione). L’etichetta a semaforo prende in considerazione le calorie, i grassi, gli zuccheri e il sale presenti in 100 grammi di prodotto. Quando in un determinato alimento uno dei componenti supera una certa concentrazione, in etichetta viene indicato con un bollino rosso, mentre se è presente in quantità basse il colore è verde, e nei casi intermedi giallo. Nomisma (società italiana che conduce ricerche economiche) ha condotto uno studio sugli effetti dell’etichetta a semaforo sul mercato inglese, prendendo in considerazione tre prodotti (prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano e Brie francese). La ricerca ha evidenziato un calo nelle vendite e nelle quote di mercato di questi prodotti etichettati con il sistema a semaforo, mentre si registra un incremento delle vendite quando non sono etichettati. Si va dal -8% del Brie al -13% fatto registrare dal Parmigiano Reggiano Dop porzionato, fino al -14% per il Prosciutto di Parma Dop. In precedenza, un sondaggio condotto da YouGov aveva messo in luce che il 70% dei consumatori interpreta il bollino rosso come un invito a “non comprare”, piuttosto che “da consumare con moderazione”. Due esempi di etichetta semaforo ricavati dal sito di Tesco, una delle catene più importanti in Inghilterra. crudoitaliano mozzarella tesco Beniamino Bonardi OLIO DI PALMA NOCIVO!!!!! Il comunicato stampa del Ministero della salute sul dossier dell’olio di palma ha avuto come conseguenza la pubblicazione di due lanci delle agenzie Ansa e Adnkronos, caratterizzati da un tono assolutorio. Da qui sono scaturiti a cascata un centinaio di articoli che hanno invaso la rete e non solo. La realtà è visto che il documento dell’Istituto Superiore di Sanità riporta gravi criticità correlate all’assunzione del grasso tropicale nella dieta di bambini e adulti. Il concetto è ribadito in questa intervista a Marco Silano dell’ISS rilasciata a Il Fatto Alimentare il 4 marzo, “Secondo l’OMS, la quantità di acidi grassi saturi nella dieta giornaliera non dovrebbe superiore al 10% delle calorie giornaliere totali. I bambini nella fascia di età 3-10 ne assumono 27,88 g/die, un valore compreso fra 11-18 % delle calorie totali. Ovvero fino al 40% in più. Di questi grassi saturi, 7,72 grammi derivano da alimenti con olio di palma aggiunto (merendine, biscotti, grissini, cracker, fette biscottate e prodotti da forno…). Anche per gli adulti il consumo giornaliero di saturi è di 27,21 g ovvero il 24% in più del dovuto”. Salvo poi concludere dicendo “Non è solo necessario ridurre la quantità di acidi grassi saturi nella dieta dei bambini, e dei soggetti adulti a rischio (ipertesi, cardiopatici, dislipidemici…) ma contemporaneamente aumentare l’apporto di acidi grassi mono-insaturi e poli-insaturi. Dovendo scegliere se ridurre latte, formaggi, carne, prosciutto cotto da una parte e biscotti e merendine dall’altra, direi che la scelta va indirizzata verso la moderazione dei prodotti da forno dolci e salati e dei cibi venduti nei supermercati che contengono olio di palma”. unione italiana olio di palma sostenibileRecuperare la verità dopo una valanga di articoli che assolvono il palma è difficile. La situazione è ancora più complicata per l’avvio di una campagna pubblicitaria milionaria firmata dalla lobby dei produttori, su tv e giornali che presenta l’olio tropicale come un prodotto di cui ci si può fidare all’interno di una dieta corretta. La realtà è un molto diversa visto che ogni italiano ne assume 12 g al giorno con i problemi che ne seguono, evidenziati dall’Istituto Superiore di Sanità! Si arriva al paradosso che il sito dell’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile (finanaziato da multinazionali come Ferrero, Nestlè e Unilever) ribalta il documento dell’ISS e dichiara soddisfatto che sono stati “sfatati finalmente gli inutili allarmismi nutrizionali” riferiti all’eccessivo consumo di palma. Parlare di inutili allarmismi è inaccettabile, ed è ancora più scandaloso interpretare a proprio favore il parere dell’Istituto Superiore di Sanità. È doveroso sgombrare il campo da qualsiasi forma di assoluzione e riflettere sul fatto che questa confusione è funzionale alla lobby delle aziende che utilizzano in gran quantità l’olio tropicale. Ci aspettiamo ora un nuovo parere dei nutrizionisti del Crea Nut sul problema del palma e, un intervento chiaro da parte dei siti e dei giornalisti che hanno accusato Il Fatto Alimentare di avere orchestrato una campagna denigratoria. Schermata 2016-03-01 alle 12.13.41 Il sito delle aziende si ritiene soddisfatto perché sono stati “sfatati finalmente gli inutili allarmismi nutrizionali”nei confronti del palma Ecco alcuni titoli dei lanci di agenzia e di articoli apparsi in rete: Ansa: Unione italiana olio palma sostenibile, Iss sfatato allarmismi Adnkronos (1° lancio): “L’olio di palma non è nocivo”, parola dell’Istituto superiore di sanità, poi limato con un 2° lancio Adnkronos: Iss, olio di palma non nocivo, eccessi da evitare La Stampa: L’olio di palma non è nocivo, rischi dall’eccesso di grassi saturi Greenstyle: Olio di palma: non fa male secondo l’Istituto Superiore di Sanità CorporeSano Magazine: L’Olio di Palma non è un veleno: fine del terrorismo alimentare? Magazine delle donne: Olio di palma fa male? A quanto pare no La Stampa: ISS e Ministero d’accordo l’olio di palma non è più dannoso © Riproduzione riservata sostieniProva2Le donazioni si possono fare: * Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui * Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264

NO TITIP

https://pbs.twimg.com/media/CeFkKaeUYAAz5TP.jpg:large OPPOSIZIONE AL TITIP non è stata forte in paesi come la Polonia, Cipro o la Romania. Un motivo importante è che i loro cittadini sperano che il trattato permetterà loro l’ ingresso negli USA senza visto. Molti si aspettano che il TTIP assicurerà l’ entrata dei loro paesi nel cosiddetto ‘V.W.P’, cioè “Visa Waiver Program” (Programma di abolizione dei visti), che permette ai cittadini di determinati paesi di viaggiare negli U.S.A. senza visto per soggiorni non superiori ai 90 giorni. Ne fanno parte 38 paesi,ma la Bulgaria, Cipro, la Polonia e la Romania sono gli stati membri della UE che ne sono ancora esclusi. Il problema è serio: il ministro dell’ economia bulgaro, Bozhidar Lukarski, ha minacciato che il suo paese non firmerà il TTIP se gli USA non aboliscono i requisiti attuali per il visto. Non si tratta di una novità. All’ inizio delle trattative per il CETA, la Bulgaria, la Romania e la Repubblica ceca erano gli unici stati membri della UE ancora esclusi dalla possibilità di ottenere visti di residenza temporanea nella versione canadese del VWP. Dato che ogni stato membro della UE sarà chiamato singolarmente a firmare e ratificare il CETA, i tre paesi citati hanno dichiarato che non firmeranno, né ratificheranno nessun accordo se non si aboliscono i requisiti attuali per il visto. Nel 2013 il Canada ha abolito l’ obbligo del visto solo per i cittadini cechi. La Bulgaria e la Romania hanno mantenuto la pressione e alla fine del 2014 la rappresentante della UE in Canada, Marie-Anne Coninsx, ha suggerito che il problema del visto sarà risolto “in una maniera costruttiva e coordinata”. Alla luce di quello che è successo con il CETA, forse non c’è da meravigliarsi che i cittadini dell’ UE ancora esclusi dal V.W.P. sperino che anche il TTIP eliminerà i requisiti per il visto. “E’ quasi fatta, ci siamo già consultati con i nostri partner americani – grazie a quest’ accordo, i polacchi non avranno bisogno del visto per andare negli Stati Uniti”, ha esclamato il viceministro dell’ economia polacco Andrzej Dycha. Anche la Commissione Europea sostiene che “è particolarmente attenta ad assicurare che ogni discussione sul TTIP sia coerente con gli sforzi a tutto campo per raggiungere al più presto possibile la piena reciprocità con gli USA nelle politiche sui visti.” Tuttavia, c’è un’ altra parte che ha bisogno di essere convinta: il governo degli USA, che si oppone a questi cambiamenti sui visti e sostiene che il TTIP riguarda il commercio, non l’ immigrazione. La settimana scorsa, durante un viaggio in Polonia, Michael Froman, il rappresentante del commercio degli USA, ha dichiarato: “Per quanto riguarda il Visa Waiver Program, per il quale c’è un grande interesse in questo paese, non è materia di discussione nel contesto del TTIP. Nel nostro sistema legale, il sistema congressuale, è molto chiaro che la politica sull’ immigrazione e gli accordi commerciali sono due cose separate.” E’ improbabile che gli USA cambino idea, e questo vuol dire che alla fine potrebbe essere un problema legato all’ immigrazione a far fallire il TTIP. Facebook 8 Twitter 0 Fai una donazione Newsletter Unisciti al movimento contro TTIP e CETA Informativa sulla Privacy February 24th, 2016 da Nils Loret, coordinatore della rete europea “Zone libere dal TTIP” French action_Choice1 In Europa più di 1500 tra centri urbani e comunità territoriali si sono già dichiarati “zone libere dal TTIP” o in allerta contro il TTIP. Intanto la mobilitazione va avanti e ogni giorno sempre più centri urbani e regioni si dichiarano “zone libere dal TTIP”. Un caso piuttosto recente e importante è quello della Contea di Claire, la prima zona libera dal TTIP in Irlanda. Altre zone libere dal TTIP sono la città di Birmingham nel Regno Unito e la città di Amsterdam nei Paesi Bassi. Di fatto, sono milioni i cittadini e le cittadine europei/e che oggi vivono in aree già dichiaratesi anti-TTIP. Tuttavia, restano ancora molte aree da sensibilizzare rispetto al tema TTIP/CETA. Come sappiamo, questi accordi commerciali avranno conseguenze disastrose a livello locale: il ridimensionamento delle norme ambientali, la privatizzazione dei servizi pubblici e l’apertura degli appalti pubblici ad una più ampia concorrenza internazionale costituiscono tutti, nella stessa misura, un attacco ai diritti sociali e ambientali, alla democrazia e allo sviluppo locale e colpiscono pesantemente le realtà locali. Tutto questo andrebbe a vantaggio delle multinazionali che, notoriamente, si preoccupano ben poco delle conseguenze delle loro azioni sulla vita delle popolazioni, senza contare che un impatto positivo di questi accordi sulle comunità locali è ancora tutto da dimostrare. Diversi studi, invece, segnalano proprio il rischio di una drastica riduzione dei posti di lavoro in Europa e di una destabilizzazione delle PMI (piccole e medie imprese,) che sono le fonti primarie di impiego, soprattutto per paesi come ad esempio il Regno Unito e l’Irlanda. Per questo sono state lanciate campagne contro il TTIP e il CETA in Germania, Austria, Belgio, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito e, sempre per queste ragioni, si lavora quotidianamente per coinvolgere nella mobilitazione sempre più comunità locali. Le città che si sono dichiarate libere dal TTIP costituiscono una risorsa formidabile nella lotta contro nuovi accordi di libero scambio. Per coinvolgerle in modo attivo ed efficace nella lotta contro questi trattati e nella messa a punto di alternative locali esse saranno chiamate a partecipare ad un incontro paneuropeo che avrà luogo a metà aprile, su iniziativa della città di Barcellona. Sarà un momento di forte mobilitazione delle comunità locali contro il TTIP e il CETA, ma anche un’occasione propizia al consolidarsi di una rete di città che si oppongano all’approvazione di questi accordi e che siano in grado di fare pressione sui partiti, sui governi e sulle istituzioni europee. Sarà mobilitandoci tutti/e che riusciremo a respingere il TTIP e il CETA. Anche tu puoi dare una mano: invita i tuoi rappresentanti elettivi ad approvare delibere che dichiarino il tuo comune o la tua regione “zona libera dal TTIP”. Facebook 22 Twitter 0 Fai una donazione

bambini muoiono con formaggi alterati

Allerta formaggio contaminato: “Ha già ucciso tre bimbi” sabato, 19 marzo 2016 Allerta della Commissione Europea, nel quadro del sistema di sicurezza alimentare europeo, sulla “presenza di escherichia coli nel formaggio di pecora proveniente dalla Romania”. Tutto nasce dal ricovero all’ospedale pediatrico Meyer di un bimbo di 14 mesi, per un caso di probabile sindrome emolitico – uremica. Il piccolo aveva mangiato formaggi della ditta rumena SC Bradet s.r.l. che aveva già avviato in data 9 marzo 2016 il ritiro precauzionale dei propri prodotti a base di latte a causa della presenza di Escherichia coli “O26:H11” in alcuni campioni. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Mediafax, l’azienda nega ogni responsabilità: “I prodotti lattiero-caseari della Bradet non hanno nulla a che vedere con l’ondata di E.coli che ha colpito diversi bambini”, sono le parole di Marius Badea, proprietario dell’azienda. I campioni prelevati dopo il ricovero del bimbo al Meyer sono stati sottoposti ad analisi microbiologiche condotte dall’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana (IZS) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), evidenziando la connessione tra il formaggio contaminato e l’infezione diagnosticata al bambino. Connessa alla contaminazione da escherichia coli del formaggio sarebbe la vicenda degli undici bambini di Arges, ricoverati poi a Bucarest con la sindrome emolitico-uremica. Alcuni media romeni avevano ipotizzato che il malessere dei piccoli, tre dei quali sono poi deceduti, potesse essere legato agli effetti del vaccino per l’epatite B. GM

mercoledì 16 marzo 2016

LAVORARE sulla COSCIENZA dei consumatori

Il cibo rappresenta per definizione la sicurezza, la fiducia, mangiare da sempre è sinonimo di star bene. Oggi non è più così: mangiare è pericolosissimo. Questa faccenda va svelata ai consumatori, non possiamo alzare gli occhi e le braccia e far finta di nulla: ma si, mangiamo veleni per tutelare posti di lavoro. No. Non possiamo lavorare per morire,non possiamo produrre cibi tossici per arricchire Multinazionali senza scrupoli, cieche e bieche, che fanno interessi loro e di finanze anonime e pericolose socialmente. Queste società manovrano la politica, che spesso è al loro servizio. Tutto qua: se i cibi che mangiamo sono senza etichette, per legge, gli Stati NON VOGLIONO ETICHETTARE I PRODOTTI, ci sarà un motivo! Perché non dire, riso prodotto e confezionato in Cambogia e Torino? Riso prodotto in Cambogia e confezionato nello stabilimento di Reggio Emilia? Nessuno acquisterebbe perché non si fida!!! Perché non etichettano la provenienza dei cibi? La risposta la conoscete: perché barano, tradiscono la nostra salute, intossicano il nostro sangue con prodotti coltivati in zone dove NON ESISTONO CONTROLLI sui veleni che usano per coltivarli. QUESTO E'GRAVISSIMO il cibo è diventato merce di scambio pericolosissima, io ti faccio importare riso e TU in cambio accetti che le mie aziende metalmeccaniche costruiscano porti, automobili,dighe, e Dio solo sa cos' altro. Ma vi rendete conto? Noi in Italia non possiamo fare nulla, non possiamo coltivare nulla senza denunciare ogni azione che facciamo, nemmeno i sacchetti dei semi possiamo buttare vanno conferiti,i diserbi sono controllatissimi,DA NOI, e da altri no???? Da noi si, si controlla, non si pagano i prodotti AGRICOLI,mais, riso,grano hanno prezzi bassissimi, perché dicono ma non è vero...arriva tutto da Paesi esteri.... appena i prezzi si alzano immediatamente le borse, ossia le multinazionali che comandano le borse, li abbassano subito, ma quello che poi abbiamo nel piatto, tutto importato, no nessun controllo, no!!! Questi sono reati, vanno denunciati,il cibo è vita chi minaccia la vita con cibi tossici compie un reato. prof.ss CAROLINA MANFREDINI docente SCIENZE UMANE

RITIRATA NUTELLA???? certo le etichette ..... pare, non siano importanti.....

Ritirata la Nutella dai supermercati. L'inquietante scoperta sulla crema Ritirata la Nutella dagli scaffali dei supermercati tedeschi. La Ferrero in Germania, riporta il Fatto alimentare, ha infatti diramato un avviso per informare i consumatori che sulle etichette dei vasetti da un chilo mancano le indicazioni corrette riferite a tre ingredienti allergenici (nocciole, latte in polvere e soia). I lotti di crema alle nocciole ritirata dagli scaffali sono due (L032 con termine minimo di ocnservazione 2017/01/31 e L033 con termine minimo di conservazione 2017/01/029). I consumatori allergici a nocciole, latte e soia sono invitati a non consumare la crema. L'azienda ha messo a disposizione un numero verde e invita i consumatori allergici a restituire il prodotto che nel frattempo è stato ritirato dagli scaffali dei punti vendita. Nessun problema per le persone che non soffrono di allergie. libero, scienza e Thec, 15 marzo 2016

lunedì 14 marzo 2016

LETTERE INVIATE DA ME AI GIORNALI

Lettere al direttore La fine dell' Agricoltura italiana. La vicenda Finlandese svela, anche se non ne avevamo bisogno, o conferma quanto sta accadendo in Europa e nel mondo. Abbiamo Governi che dipendono da Multinazionali Europee, nel piatto abbiamo cibi che provengono da zone dove i controlli sono inesistenti, cibi sempre piu pericolosi per la salute umana, ricchi che diventano sempre piu ricchi e poveri sempre piu poveri. In questi giorni in Finlandia i tavoli di mediazione, che finiscono sempre con caviale e champagne rivelano la sempre piu scriteriata politica di devastazione dei territori, delle risorse e dalle catene di un import-export creato al solo fine di asservire il settore alla speculazione finanziaria Una catastrofe, un settore che affoga. L'agricoltura la descrivono così, gli agricoli finlandesi arrivati con i loro trattori davanti al Parlamento di Helsinki e in molte città del Paese. Protestano contro le sanzioni alla Russia e le speculazioni sui prezzi sempre più bassi. Ma accade ovunque in Europa che gli agricoltori di un Paese si sentano dire che i prezzi dei loro prodotti non sono concorrenziali rispetto a quelli di un altro Paese. Così è per il latte italiano, rispetto a quello francese. O per le patate che in Romania dicono abbiano un prezzo maggiore rispetto a quello italiano. Poi vai in Francia, in Romania o vieni qui a Helsinki e scopri che le cose non stanno proprio così. Nessun agricoltore europeo guadagna più alcunché dalla terra, dai suoi prodotti, dai suoi allevamenti chi ci sta guadagnando davvero? Nell'ultimo anno, i redditi nel settore agricolo sono caduti del 40% in Finlandia, nazione che ha comunque una vocazione quasi autarchica su molti prodotti, soprattutto caseari. Peccato che proprio i prodotti caseari abbiano trascinato a picco il settore. La Russia, Paese confinante, ha risposto alle sanzioni con altre sanzioni. E a farne le spese sono stati loro. Una brutta storia che si ripete in ogni angolo di questa Europa piena di muri, di barriere, di sanzioni e di norme, costuita da burocrati a misura di burocrati. Nel frattempo, la manifestazione prosegue e i trattori stanno bloccando le vie di uscita della città. E in Italia? Prof. Carolina Manfredini 14-3-16 docente di Scienze Umane Ghedi, Brescia autorizzo alla pubblicazione con mio nome.

AGRICOLOTORI FINLANDIA adesso basta!!!

Terra nostra Finlandia: agricoltori contro tutti di Marco Dotti 11 marzo 2016 I tavoli di mediazione finiscono sempre con belle firme innaffiate da caviale e champagne. Lo sanno bene gli agricoltori di tutta Europa, sacrificati dalle sanzioni contro la Russia e da una scriteriata politica di devastazione dei territori, delle risorse e dalle catene di un import-export creato al solo fine di asservire il settore alla speculazione finanziaria Una catastrofe, un settore che affoga. L'agricoltura la descrivono così, gli agricoli finlandesi arrivati questa mattina, giacca, cravatta e trattore davanti al Parlamento di Helsinki e in molte città del Paese. Protestano contro le sanzioni alla Russia e le speculazioni sui prezzi sempre più bassi. Accade ovunque in Europa che gli agricoltori di un Paese si sentano dire che i prezzi dei loro prodotti non sono concorrenziali rispetto a quelli di un altro Paese. Così è per il latte italiano, rispetto a quello francese. O per le patate che in Romania dicono abbiano un prezzo maggiore rispetto a quello italiano. Poi vai in Francia, in Romania o vieni qui a Helsinki e scopri che le cose non stanno proprio così. Insomma, se nessun agricoltore europeo guadagna più alcunché dalla terra, dai suoi prodotti, dai suoi allevamenti chi ci sta guadagnando davvero? La speculazione e la burocrazia, rispondono a Helsinki. E protestano. Anche perché, nell'ultimo anno, i redditi nel settore agricolo sono caduti del 40% in Finlandia, nazione che ha comunque una vocazione quasi autarchica su molti prodotti, soprattutto caseari. Peccato che proprio i prodotti caseari abbiano trascinato a picco il settore. La Russia, Paese confinante, ha risposto alle sanzioni con altre sanzioni. E a farne le spese sono stati loro. Una brutta storia che si ripete in ogni angolo di questa Europa piena di muri, di barriere, di sanzioni e di norme, costuita da burocrati a misura di burocrati. Nel frattempo, la manifestazione prosegue e i trattori stanno bloccando le vie di uscita della città. Europa Parlamento Il Gruppo Note Legali Chi Siamo Condizioni d'uso Privacy Advertise

venerdì 11 marzo 2016

VELENI NEL PIATTO avanti con UE

Escherichia coli in formaggi dalla Francia e frammenti di plastica in barrette di cioccolato Mars… Ritirati dal mercato europeo 49 prodotti Valeria Nardi 2 marzo 2016 Allerta Lascia un commento 1,356 Visto Sound Music Production Escherichia coli Tossina di Shiga, prodotta dal gruppo Escherichia coli, in formaggi a latte crudo dalla Francia Nella settimana n°8 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 49 (13 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende cinque casi: mercurio in fette Verdesca congelata (Prionace glauca) dalla Spagna; conteggio troppo elevato di Escherichia coli in due lotti di mitili vivi (Mytilus galloprovincialis) Esselunga comunica il ritiro da tutti i punti vendita del prodotto “salsiccia punta di coltello”, confezionata in vaschetta e del peso netto di 300/400 grammi e venduta a marchio del supermercato. Il ritiro è stato disposto a causa della presenza di frammenti metallici avvenuta accidentalmente. I consumatori dovrebbero controllare che la data di incarto corrisponda a quella del prodotto in questione (dal 12 al 23 febbraio) e riconsegnarlo al supermercato per il rimborso. L’azienda si scusa e invita tutti coloro avessero acquistato il prodotto, a non consumarlo né utilizzarlo e a restituire le confezioni al punto di vendita per il rimborso. La salsiccia è stata prodotta da AIA presso lo stabilimento AGRICOLA TRE VALLI SOC. COOP, mentre le porzioni e il preincarto sono state effettuate nei punti vendita Esselunga. Per ulteriori informazioni si può contattare il numero messo a disposizione di Aia: 045.8794111. esselunga © Riproduzione riservata sostieniProva2Le donazioni si possono fare: * Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui * Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare Redazione Il Fatto Alimentare Redazione Il Fatto Alimentare Sound Music Production Facebook Twitter Google + Stumbleupon LinkedIn Pinterest Tagaia ESSELUNGA salsiccia punta di coltello Precedente Bambini e ragazzi assumono il 49% di grassi saturi in più, gran parte da olio di palma. Gli adulti il 24%. Lo dice l’ISS. Ridurre merendine, biscotti e snack con l’olio tropicale Next Plasmon toglie l’olio di palma dai biscotti per bambini. Un risultato importante che dimostra l’efficacia della pressione dei consumatori Articoli collegati wurstel Pezzi di metallo in wurstel di pollo Carrefour e aflatossine in latte e in prodotti lattiero-caseari italiani… Ritirati dal mercato europeo 57 prodotti 8 marzo 2016 frutta formaggio Escherichia coli in formaggi dalla Francia e frammenti di plastica in barrette di cioccolato Mars… Ritirati dal mercato europeo 49 prodotti 2 marzo 2016 dolci crema panna pasticcini Auchan di Rescaldina: ritiro prodotti freschi di pasticceria per sospetto corpo estraneo 1 marzo 2016 Guarda qui Charlotte with apples on wooden boards, delicious food Solfiti in pasticcini alle mele dalla Danimarca ed Escherichia coli in mitili refrigerati… Ritirati dal mercato europeo 63 prodotti Nella settimana n°7 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per ... Un commento Paoblog 7 marzo 2016 at 11:29 7 marzo 2016 Sabato in occasione della spesa settimanale, ho portato la salsiccia per il reso. * Al Banco assistenza l’addetta non sapeva nulla, tuttavia ho notato che sul banco, a disposizione dei clienti, era esposto il comunicato e gliel’ho fatto notare, dicendole che in ogni caso era presente sul loro sito. * Ho dovuto aspettare alcuni minuti l’arrivo del Capo Reparto che mi ha detto di aver fatto bene a riportare il prodotto, complimentandosi per l’attenzione. * C’è da dire che se non cercassi sui vari siti della GdO i richiami da pubblicare poi questi sul Blog, non lo avrei saputo. Secondo me le catene della GdO, che i nostri dati li hanno, se facciamo le tessere fedeltà, potrebbero inviare un sms di avviso ai clienti. * Per quanto riguarda il reso di € 3,41, la procedura è un pò farraginosa in quanto mi hanno detto di avvisare la cassiera al momento del pagamento della spesa, tuttavia io ho fatto la spesa con il palmare, per cui ho dovuto attendere l’addetta all’assistenza, oberata di “riletture” che, a sua volta, ha dovuto chiamare poi una del Banco clienti che le comunicasse, a voce (ma perchè non al telefono?) l’importo da rimborsare. * Una volta andati alla cassa automatica per le operazioni di pagamento, ha dovuto intervenire in prima persona e mi ha chiesto conferma dell’importo di € 3,91 .. ovvaimente no, dato che era di € 3,41. Rispondi Lascia un commento Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati * Commento Nome * Email * Sito web Ricevi un avviso se ci sono nuovi commenti. Oppure iscriviti senza commentare. Eurovo La foto del giorno Madre e cucciolo di orangutan salvati nelle foreste indonesiane incendiate per creare piantagioni di olio di palma. Sono migliaia gli animali senza habitat e cibo Madre e cucciolo di orangutan salvati nelle foreste indonesiane incendiate per creare piantagioni di olio di palma. Sono migliaia gli animali senza habitat e cibo Iscriviti alla newsletter Email: * Ho letto l'Informativa sulla Privacy ed accetto le condizioni 119k Fans 5,788 Followers 1,007 Iscritti Recenti Popolari Commenti Tag caramelle 478766179 Il 60% delle calorie assunte negli Usa proviene da alimenti ultra trasformati che aumentano anche l’apporto degli zuccheri aggiunti 10 marzo 2016 video agrumi mandarini frutta 166604101 Agrumi e chimica: la Corte di Giustizia Ue conferma che gli imballaggi devono indicare se sono stati trattati con sostanze chimiche dopo la raccolta 10 marzo 2016 massimiliano rosolino spot latte proseguimento aptamil3 Latte crescita: Massimiliano Rosolino bacchettato dalle associazioni pro allattamento al seno per la pubblicità di Aptamil3 10 marzo 2016 aflatossine alimentazione allergeni allerta allerta alimentare altroconsumo antitrust AUCHAN bambini Barilla calorie carne Carrefour coca-cola COOP efsa escherichia coli ESSELUNGA ETICHETTA ETICHETTE ETICHETTE ALIMENTARI FAST FOOD fda FERRERO latte MCDONALD'S mercurio Ministero della salute ministero salute NUTELLA obesita OGM olio di palma pesce PUBBLICITA PUBBLICITA INGANNEVOLE rasff sale SALMONELLA SICUREZZA ALIMENTARE sistema di allerta rapido europeo sovrappeso SUPERMERCATI Usa zucchero scintille.net web agency Copyright © 2016 ilfattoalimentare.it di Roberto La Pira - P IVA : 06552390152 Il Fatto Alimentare è una testata registrata presso il Tribunale di Milano (n° 379 del 23 giugno 2010 ) ’Auchan di Rescaldina (Milano) ha comunicato il ritiro di tutti i prodotti di pasticceria fresca con crema e panna, realizzati il 29 febbraio scorso nel punto vendita. Il ritiro è avvenuto per via cautelativa, per possibile presenza di un oggetto estraneo. Per questo in consumatori che avessero acquistato questo tipo di prodotto sono invitati a non consumarli e a restituirli al punto vendita per la sostituzione. L’Auchan mette a disposizione un numero telefonico per chiunque volesse ottenere dettagli e precisazioni:0331/475375 Questo sito utilizza i cookie, ci dai il permesso? Se si, continua a leggere. Per sapere di più, leggi come

METALLI NEI WURSTEL..... UE LI VUOLE

Pezzi di metallo in wurstel di pollo Carrefour e aflatossine in latte e in prodotti lattiero-caseari italiani… Ritirati dal mercato europeo 57 prodotti Valeria Nardi 8 marzo 2016 Allerta Commenti 577 Visto Sound Music Production carrefour wurstel di pollo ritiro pezzi di metallo in wurstel di pollo refrigerati italiani a marca Carrefour Nella settimana n°9 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 57 (16 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende cinque casi: pezzi di metallo in wurstel di pollo refrigerati italiani a marca Carrefour, distribuiti anche a Malta (leggi dettagli); conteggio troppo alto di Escherichia coli in due lotti di mitili vivi (Mytilus galloprovincialis) dalla Spagna; aflatossine in latte e in prodotti lattiero-caseari provenienti dall’Italia; mercurio in pesce spada congelato (Xiphias gladius) dalla Spagna. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: conteggio troppo alto di Escherichia coli in mitili vivi (Mytilus galloprovincialis) dalla Spagna. latte aflatossine in latte e in prodotti lattiero-caseari provenienti dall’Italia Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: migrazione di formaldeide da kit da cucina in bambù dalla Cina; aflatossine in tre lotti di arachidi in guscio provenienti dall’Egitto; aflatossine in nocciole dall’Azerbaijan; Salmonella in semi di sesamo dall’India; migrazione di nichel, manganese e migrazione globale troppo elevata da macchina per la pasta in acciaio cinese; aflatossine in pistacchi sgusciati dalla Turchia; certificato sanitario e stoccaggio impropri, per seppie (pharaonis sepia)intere, refrigerate e pulite e per lombi di pesce spada refrigerati (Xiphias gladius) dall’India; mercurio in alimenti per animali domestici dalla Thailandia. Questa settimana le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato sono le due allerta già evidenziate sopra, perché distribuite anche in Italia: i wurstel di pollo Carrefour con pezzi di metallo in salsiccia di pollo e le aflatossine in latte e in prodotti lattiero-caseari. © Riproduzione riservata sostieniProva2Le donazioni si possono fare: * Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui * Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare Valeria Nardi giornalista redazione Il Fatto Alimentare Sound Music Production Facebook Twitter Google + Stumbleupon LinkedIn Pinterest Tagaflatossine Carrefour escherichia coli formaldeide mercurio rasff Precedente I polli al supermercato non sono tutti uguali? Come riconoscere quelli più pregiati a crescita lenta Next Glifosato: Commissione UE rimanda la votazione per rinnovo autorizzazione. Alcuni Paesi pongono problemi sulla sicurezza Articoli collegati frutta formaggio Escherichia coli in formaggi dalla Francia e frammenti di plastica in barrette di cioccolato Mars… Ritirati dal mercato europeo 49 prodotti 2 marzo 2016 punta-di-coltello Esselunga ritira le salsicce in vaschetta per presenza di frammenti metallici 1 marzo 2016 dolci crema panna pasticcini Auchan di Rescaldina: ritiro prodotti freschi di pasticceria per sospetto corpo estraneo 1 marzo 2016 Guarda qui Charlotte with apples on wooden boards, delicious food Solfiti in pasticcini alle mele dalla Danimarca ed Escherichia coli in mitili refrigerati… Ritirati dal mercato europeo 63 prodotti Nella settimana n°7 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per ... 2 Commenti Armando 8 marzo 2016 at 15:12 E’ possibile conoscere la marca dei prodotti lattiero-caseari contenenti Aflatossina M1 ritirati dal mercato? Rispondi Valeria Nardi 8 marzo 2016 at 15:21 Il Rasff “Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi” è una struttura coordinata a livello europeo. Molti Stati pubblicano i nomi delle marche i cui lotti sono oggetto di ritiro, richiamo o allerta. L’Italia non è tra questi; cioè neanche a noi è dato sapere di che prodotti si tratta. Abbiamo chiesto più volte alle catene di supermercati e al Ministero che questi dati fossero resi pubblici. Lascia un commento Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati * Commento Nome * Email * Sito web Ricevi un avviso se ci sono nuovi commenti. Oppure iscriviti senza commentare. La foto del giorno Madre e cucciolo di orangutan salvati nelle foreste indonesiane incendiate per creare piantagioni di olio di palma. Sono migliaia gli animali senza habitat e cibo Madre e cucciolo di orangutan salvati nelle foreste indonesiane incendiate per creare piantagioni di olio di palma. Sono migliaia gli animali senza habitat e cibo Iscriviti alla newsletter Email: * Ho letto l'Informativa sulla Privacy ed accetto le condizioni 119k Fans 5,788 Followers 1,007 Iscritti Recenti Popolari Commenti Tag caramelle 478766179 Il 60% delle calorie assunte negli Usa proviene da alimenti ultra trasformati che aumentano anche l’apporto degli zuccheri aggiunti 10 marzo 2016 video agrumi mandarini frutta 166604101 Agrumi e chimica: la Corte di Giustizia Ue conferma che gli imballaggi devono indicare se sono stati trattati con sostanze chimiche dopo la raccolta 10 marzo 2016 massimiliano rosolino spot latte proseguimento aptamil3 Latte crescita: Massimiliano Rosolino bacchettato dalle associazioni pro allattamento al seno per la pubblicità di Aptamil3 10 marzo 2016 FACEBOOK Video News cultura coltura olivi Xylella fastidiosa e gli ulivi. Il video di Coltura & Cultura ci spiega perché una il batterio non è l’unica causa dell’emergenza 26 gennaio 2016 olio play Come scegliere l’olio extravergine? Un video con i consigli per orientarsi tra le etichette e i prodotti 25 gennaio 2016 Contattaci Chi siamo Contatti Privacy Redazione Marketing e Pubblicità Potrebbe interessarti anche Informati Sicurezza Alimentare Etichette & Prodotti Pubblicità & Bufale Nutrizione Pianeta Recensioni & Eventi Video News Lettere Tags aflatossine alimentazione allergeni allerta allerta alimentare altroconsumo antitrust AUCHAN bambini Barilla calorie carne Carrefour coca-cola COOP efsa escherichia coli ESSELUNGA ETICHETTA ETICHETTE ETICHETTE ALIMENTARI FAST FOOD fda FERRERO latte MCDONALD'S mercurio Ministero della salute ministero salute NUTELLA obesita OGM olio di palma pesce PUBBLICITA PUBBLICITA INGANNEVOLE rasff sale SALMONELLA SICUREZZA ALIMENTARE sistema di allerta rapido europeo sovrappeso SUPERMERCATI Usa zucchero scintille.net web agency Copyright © 2016 ilfattoalimentare.it di Roberto La Pira - P IVA : 06552390152 Il Fatto Alimentare è una testata registrata presso il Tribunale di Milano (n° 379 del 23 giugno 2010 ) Questo sito utilizza i cookie, ci dai il permesso? 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PUBBLICITA' falsa OLIO DI PALMA SOSTENIBILE NON ESISTE

’olio di palma sostenibile non esiste. Lo spiega Roberto Cazzolla Gatti, denunciando l’operazione di greenwashing. Petizione del M5S contro gli spot tv Sara Rossi 9 marzo 2016 Pianeta 1 Commento 527 Visto Sound Music Production harvested palm oil fruit bunch. Cercare di dimostrare negli spot che l’olio di palma non fa male alla salute e non distrugge le foreste è greenwashing Prendendo spunto dalla campagna pubblicitaria promossa in tv dalle principali aziende alimentari utilizzatrici di olio di palma, Mirko Busto (deputato del Movimento 5 Stelle) ha dato vita al sito Olio di Palma Insostenibile. Il nuovo sito propone una parodia molto efficace dello spazio inventato dalla neonata Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile per dimostrare che l’olio di palma non fa male alla salute, non distrugge le foreste e non nuoce agli oranghi e agli animali. Dichiarare che possa esistere un olio di palma sostenibile è come dire che l’energia ottenuta bruciando carbone non è inquinante. Il problema è che un olio di palma sostenibile prodotto senza tagliare le foreste dovrebbe avere origini conosciute e quindi tracciabili e questa è un’illusione. orango L’olio di palma sostenibile prodotto senza distruggere le foreste dovrebbe avere origini conosciute e tracciabili e questa è un’illusione Il concetto è spiegato molto bene da Roberto Cazzola Gatti biologo e docente universitario che da anni segue le vicissitudini collegate alle piantagioni di olio di palma . “Ciò che in realtà accade anche nel caso delle produzioni sostenibili – scrive Cazzola Gatti – è che le foreste primarie vengono tagliate e bruciate, per essere convertite in piantagioni da olio esattamente come quelle non certificate, solo che questo avviene dopo che è trascorso qualche anno dalla deforestazione illegale. Poiché nella maggior parte dei Paesi in cui si producono gli oli tropicali non esistono leggi che obblighino le autorità a redigere registri e a realizzare mappature aggiornate dei cambiamenti di uso del suolo, che possano essere utilizzati per sanzionare i tagli illegali ed evitare che un territorio inizialmente coperto da foresta possa esser trasformato in un’area agricola, è praticamente impossibile sapere se, dove ora cresce una piantagione di palma “certificata sostenibile”, solo fino a qualche anno fa non ci fosse una rigogliosa foresta”. Schermata 2016-03-09 alle 17.37.32 Dopo gli incendi, la deforestazione e la successiva trasformazione del terreno in piantagione di palme arriva il certificato di sostenibilità Poiché la maggior parte dei tagli e incendi passano inosservati (considerata anche l’elevata frequenza e intensità) e considerato che, spesso, gli stessi governi favoriscono la deforestazione, con questi sistemi di certificazione non si fa altro che dichiarare “sostenibili” piantagioni che solo fino a qualche prima sarebbero state definite illegali e insostenibili, perché ricavate a spese della foresta tropicale. “L’astuto escamotage della certificazione – prosegue Cazzola Gatti – è che si fa passare per olio di palma sostenibile un prodotto che non risulta proveniente dalla conversione in piantagioni di aree sottoposte a incendi volontari o tagli solo perché gli incendi e il taglio sono avvenuti qualche anno prima della richiesta di certificazione da parte delle aziende”. Nel lungo articolo che vi consigliamo di leggere il docente che da anni studia questi problemi spiega che i dopo gli incendi, la deforestazione e la successiva trasformazione del terreno in piantagione di palme arriva il certificato di sostenibilità. Un altro spunto interessante riguarda la dimostrazione di quanto sia poco attendibile la teoria sull’alta redditività del palma. Schermata 2016-03-09 alle 16.46.01 M5S chiede all’Agcm la censura dello spot e promuove una petizione L’altra novità riguarda la decisione di Mirko Busto (deputato del Movimento 5 Stelle) di inviare una richiesta di censura all’Autorità garante della concorrenza e del mercato contro lo spot tv e di avviare una petizione online. “Il fatto di sottolineare l’origine naturale – scrive Busto – non è un segno distintivo specifico dell’olio di palma, perché tutti gli altri prodotti similari (burro, margarina, strutto, burro di arachidi, olio di mais, di oliva, di colza, di cotone, di ricino, di lino, di cocco, di noci, di canapa, di Jojoba, di girasole, di riso, di sesamo, di soia, di avocado, di mandorla, di nocciola, di argan,ecc) hanno la medesima origine naturale. olio-palma-620x375 Mirko Busto del Movimento 5 Stelle ha avviato una petizione online contro lo spot tv Per quanto riguarda gli aspetti salutistici, nell’olio di palma si trova una concentrazione molto alta di olio palmitico, circa il 44%, a cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attribuisce effetti aterogeni ed ipercolesterolemizzanti che aumentano il rischio cardiovascolare. Allo stesso modo – continua Busto -il Center for Science in the Public Interest (CSPI) ha confermato che l’olio di palma aumenta i fattori di rischio cardiovascolare, poiché l’acido palmitico è uno dei grassi saturi che più aumenta il rischio di coronaropatie”. Anche la dichiarazione secondo cui l’olio di palma è rispettoso delle foreste e delle comunità locali è altrettanto ingannevole. Il Global Forest Watch nel 2015 sostiene che l’80% della deforestazione nel mondo è attribuita all’impatto del sistema agricolo e, in questo senso, si stima che in Malesia e Indonesia il 90% delle coltivazioni siano riservate all’olio di palma. Sara Rossi Sara Rossi giornalista redazione Il Fatto Alimentare Sound Music Production Facebook Twitter Google + Stumbleupon LinkedIn Pinterest Tagdeforestazione greenwashing Mirko Busto olio di palma olio di palma insostenibile oranghi Roberto Cazzola Gatti spot tv Precedente Biossido di titanio: il colorante ritorna nei croissant Bauli. L’azienda risponde “i consumatori preferiscono la crema più bianca” Next Riso Scotti Integrale pronto in 10 minuti, una “novità” in vendita dal 2011. In arrivo una nuova legge sul riso, per valorizzare il prodotto italiano Articoli collegati sana alimentazione frutta e verdura_451636887 Cambiamenti climatici: si rischiano 529 mila morti in più nel 2050 per gli effetti sulla produzione alimentare 10 marzo 2016 erbicida glifosato Glifosato: Commissione UE rimanda la votazione per rinnovo autorizzazione. Alcuni Paesi pongono problemi sulla sicurezza 8 marzo 2016 pesticidi iStock_000015959725_Small Pesticidi: in un sondaggio tedesco due terzi degli intervistati pensano che i rischi siano maggiori dei benefici.Il problema del glifosato 8 marzo 2016 Guarda qui olio di palma grasso saturi Olio di palma: Greenpeace analizza quattordici aziende per verificare i risultati delle politiche “zero deforestazione”. Ferrero la più virtuosa, tra le peggiori c’è PepsiCo Greenpeace ha preso in esame 14 aziende – Colgate-Palmolive, Danone, Ferrero, General Mills, Ikea, Johnson ... Un commento Nelson Beltran 10 marzo 2016 at 20:37 Non solo in Asia. In Colombia le foreste e i boschi umidi sono stati distrutti per generare i monocultivi di palma per estrarre olio. Il problema è più grave perché molti industriali si sono serviti dei narcoparamilitari per sfollare le terre e riciclare i loro sporchi soldi. Motosega per le foreste e per le comunità che ci abitavano. L’ha pure denunciato l’Arcidiocesi del Choco (Regione del Pacifico colombiano). Tutto questo ebbe inizio nel periodo di governo dal 2002 al 2010. Rispondi Lascia un commento Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati * Commento Nome * Email * Sito web Ricevi un avviso se ci sono nuovi commenti. Oppure iscriviti senza commentare. 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Sono migliaia gli animali senza habitat e cibo Iscriviti alla newsletter Email: * Ho letto l'Informativa sulla Privacy ed accetto le condizioni 119k Fans 5,788 Followers 1,007 Iscritti Recenti Popolari Commenti Tag caramelle 478766179 Il 60% delle calorie assunte negli Usa proviene da alimenti ultra trasformati che aumentano anche l’apporto degli zuccheri aggiunti 10 marzo 2016 video agrumi mandarini frutta 166604101 Agrumi e chimica: la Corte di Giustizia Ue conferma che gli imballaggi devono indicare se sono stati trattati con sostanze chimiche dopo la raccolta 10 marzo 2016 massimiliano rosolino spot latte proseguimento aptamil3 Latte crescita: Massimiliano Rosolino bacchettato dalle associazioni pro allattamento al seno per la pubblicità di Aptamil3 10 marzo 2016 FACEBOOK Video News cultura coltura olivi Xylella fastidiosa e gli ulivi. Il video di Coltura & Cultura ci spiega perché una il batterio non è l’unica causa dell’emergenza 26 gennaio 2016 olio play Come scegliere l’olio extravergine? Un video con i consigli per orientarsi tra le etichette e i prodotti 25 gennaio 2016 Contattaci Chi siamo Contatti Privacy Redazione Marketing e Pubblicità Potrebbe interessarti anche grassi dolci salati metallic beadlets Informati Sicurezza Alimentare Etichette & Prodotti Pubblicità & Bufale Nutrizione Pianeta Recensioni & Eventi Video News Lettere Tags aflatossine alimentazione allergeni allerta allerta alimentare altroconsumo antitrust AUCHAN bambini Barilla calorie carne Carrefour coca-cola COOP efsa escherichia coli ESSELUNGA ETICHETTA ETICHETTE ETICHETTE ALIMENTARI FAST FOOD fda FERRERO latte MCDONALD'S mercurio Ministero della salute ministero salute NUTELLA obesita OGM olio di palma pesce PUBBLICITA PUBBLICITA INGANNEVOLE rasff sale SALMONELLA SICUREZZA ALIMENTARE sistema di allerta rapido europeo sovrappeso SUPERMERCATI Usa zucchero scintille.net web agency Copyright © 2016 ilfattoalimentare.it di Roberto La Pira - P IVA : 06552390152 Il Fatto Alimentare è una testata registrata presso il Tribunale di Milano (n° 379 del 23 giugno 2010 ) Questo sito utilizza i cookie, ci dai il permesso? 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AZIENDE ITALIANE SVENDUTE.....

AZIENDE ITALIANE VENDUTE all' estero UNA VERGOGNA contro art. 1 COSTITUZIONE.

Il Made in Italy è sempre meno italiano, dato che le aziende di punta del settore dell’industria, della moda e degli alimentari vengono acquisite con preoccupante costante da holding straniere. Gli ultimi casi sono la Telecom venduta agli spagnoli che stranamente, pur essendo indebitati più di noi, hanno acquisito l’azienda italiana, e quello dei cioccolatini Pernigotti, venduti dai Fratelli Averna al gruppo Sanset della famiglia Toksoz. Pernigotti è un'azienda storica con oltre 150 anni di attività. Ma ormai siamo avviati su una china molto pericolosa per l’occupazione e per l’approvvigionamento delle materie prime, che rischiano di spostarsi in terra straniera. A tutt’oggi, solo per l’agroalimentare sono stati venduti marchi per circa 10 miliardi di euro. Ma la domanda che bisogna porsi è: “queste aziende potevano sopravvivere nel mercato globale senza far parte di grossi gruppi industriali?". Artigianato e tradizione spesso non vanno molto d’accordo con i ritmi e le pretese di un mercato in cui le spese di produzione si alzano e i profitti calano. Vendere è forse di vitale importanza per gli imprenditori, ma in tutto questo discorso si sente l’assenza dello Stato, che nulla sembra volere e potere fare per arrestare la dissoluzione del Made in Italy e, anzi, vessa sempre più le aziende con una pressione fiscale a livelli record. Non esiste settore che non sia stato toccato dalle mani delle ricche holding straniere. La strategia di questi gruppi è semplice: attendere il momento di difficoltà economica per appropriarsi di aziende con valore aggiunto notevole visto che, pur non più italiano al cento per cento, il prodotto italiano vende sempre e comunque, soprattutto all’estero. Ecco così che una opportunità di crescita per il comparto esportazioni viene ridotta al lumicino dall’esternalizzazione della proprietà e, molto spesso, anche della produzione. Il primato sul bel vivere e vestire non ci appartiene più, è meglio farsene una ragione. Ma quello che preoccupa di più è l’acquisizione di negozi, supermercati, fabbriche, ristoranti, da parte di cinesi che ormai sono l’etnia più numerosa, specie nel Sud Italia. Qui di seguito c’è un elenco di aziende vendute all’estero, ma sono solo parte e quelle più conosciute: -Pochi giorni fa la Telecom è stata venduta....la cosa più grave che l'hanno comprata gli spagnoli che stanno più inguaiati di noi....e il Presidente della Telecom dice:"Non ne sapevo niente" (sigh)... -La Barilla è stata venduta agli americani... -L'Alitalia è stata venduta ai francesi. -La Plasmon è stata venduta agli americani. -La Parmalat, di quel buon signore di Tanzi, è stata venduta ai francesi della Lactalis- -L'Algida è stata venduta ad una società anglo-olandese -L'Edison, antica società dell'energia, venduta ad una società francese, l'EDF -Gucci è nelle mani della holding francese Kering -BNL è controllata dal gruppo francese Bnp Paribas -ENEL cede buona parte delle quote ai russi (il 49%) -Il marchio AR, azienda conserviera quotata in borsa, di Antonino Russo, è passata ai giapponesi della Mitsubishi. -Lo stabilimento AVIO AEREO è passato alla Generale Eletric... -I cioccolatini Pernigotti dei fratelli Averna venduti ai turchi della famiglia Toksoz -L’azienda Casanova, La Ripintura, nel Chianti, è stata recentemente acquisita da un imprenditore di Hong Kong -I baci perugina appartengono dal 1988 alla svizzera Nestlè -I gelati dell’antica gelateria del corso sempre alla Nestlè -Buitoni: L'azienda fondata nel 1927 a Sansepolcro dall'omonima famiglia è passata sotto le insegne di Nestlè nel 1988. -Gancia: le note bollicine sono in mano all’oligarca russo Rustam Tariko (proprietario tra l’altro della vodka Russki Standard) dal 2011. -Carapelli è nella galassia del gruppo spagnolo Sos dal 2006, cosi come Sasso e Bertolli. -Star. Il 75% della società fondata dalla famiglia Fossati (oggi azionisti di Telecom Italia) nel primo dopoguerra, è in mano alla spagnola Galina Blanca (entrata nel 2006 e poi salita del capitale del gruppo). -Salumi Fiorucci: sono in mano agli spagnoli di Campofrio Food Holding dal 2011. -San Pellegrino è stata acquisita dagli svizzeri della Nestlè dal 1998. -Peroni è stata comperata dalla sudafricana Sabmiller nel 2003. -Orzo Bimbo acquisita da Nutrition&Santè di Novartis nel 2008. -La griffe del cachemire “Loro Piana”, fiore all’occhiello del made in Italy, è stata ceduta per l’80% alla holding francese Lvmh che già include simboli assoluti come Bulgari, Fendi e Pucci. -Chianti classico (per la prima volta un imprenditore cinese ha acquistato una azienda agricola del Gallo nero) -Riso Scotti (il 25% è stato acquisito dalla società alla multinazionale spagnola Ebro Foods) -Eskigel (produce gelati in vaschetta per la grande distribuzione (Panorama, Pam, Carrefour, Auchan, Conad, Coop) (ceduta agli inglesi con azioni in pegno ad un pool di banche). -Fiorucci–Salumi (acquisita dalla spagnola Campofrio Food Holding S.L.) -Eridania Italia SpA (la società dello zucchero ha ceduto il 49% al gruppo francese Cristalalco Sas) -Boschetti alimentare (cessione alla francese Financière Lubersac che detiene il 95%) -Ferrari Giovanni Industria Casearia SpA (ceduto il 27% alla francese Bongrain Europe Sas) 2009 -Delverde Industrie Alimentari SPA (la società della pasta è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl che fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata) 2008 -Bertolli (venduta a Unilever, poi acquisita dal gruppo spagnolo SOS) -Rigamonti salumificio SPA (divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International) -Orzo Bimbo (acquisita da Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis) -Italpizza (ceduta all’inglese Bakkavor acquisitions limited) -Galbani (acquisita dalla francese Lactalis) -Sasso (acquisita dal gruppo spagnolo SOS) -Fattorie Scaldasole (venduta a Heinz, poi acquisita dalla francese Andros) -Invernizzi (acquisita dalla francese Lactalis, dopo che nel 1985 era passata alla Kraft) 1998 -Locatelli (venduta a Nestlè, poi acquisita dalla francese Lactalis) -San Pellegrino (acquisita dalla svizzera Nestlè) 1995 -Stock (venduta alla tedesca Eckes A.G., poi acquisita dagli americani della Oaktree Capital Management) 1993 -La Safilo (Società azionaria fabbrica italiana lavorazione occhiali), fondata nel 1878, che oggi produce occhiali per Armani, Valentino, Yves Saint Laurent, Hugo Boss, Dior e Marc Jacobs, è diventata di proprietà del gruppo olandese Hal Holding. -Nel settore della telefonia, a Milano nel 1999 era nata Fastweb, una joint venture tra e.Biscom e la comunale Aem che oggi fa parte del gruppo svizzero Swisscom. -Nel 2000 Omnitel è passata di proprietà del Gruppo Vodafone -Nel 2005 Enel ha ceduto la quota di maggioranza di Wind Telecomunicazioni al magnate egiziano Sawiris, il quale nel 2010 l'ha passata ai russi di VimpelCom. -Nel campo dell'elettrotecnica e dell'elettromeccanica nomi storici come Ercole Marelli, Fiat Ferroviaria, Parizzi, Sasib Ferroviaria e, recentemente, Passoni & Villa sono stati acquistati dal gruppo industriale francese Alstom, presente in Italia dal 1998. -Nel 2005 le acciaierie Lucchini spa sono passate ai russi di Severstal, mentre rimane proprietà della omonima famiglia italiana, la Lucchini rs, che ha delle controllate anche all'estero. -Fiat Avio, fondata nel 1908 e ancora oggi uno dei maggiori player della propulsione aerospaziale, è attualmente di proprietà del socio unico Bcv Investments sca, una società di diritto lussemburghese partecipata all'85% dalla inglese Cinven Limited. -Benelli, la storica casa motociclistica di Pesaro, di proprietà del gruppo Merloni, nel 2005 è passata nelle mani del gruppo cinese QianJiang per una cifra di circa 6 milioni di euro, più il trasferimento dei 50 milioni di euro di debito annualmente accumulato. -Nel 2003 la Sps Italiana Pack Systems è stata ceduta dal Gruppo Cir alla multinazionale americana dell'imballaggio Pfm Spa. -In una transazione di meno di un mese fa Loquendo, azienda leader nel mercato delle tecnologie di riconoscimento vocale, che aveva all'attivo più di 25 anni di ricerca svolta nei laboratori di Telecom Italia Lab e un vasto portafoglio di brevetti, è stata venduta da Telecom alla multinazionale statunitense Nuance, per 53 milioni di euro.

AZIENDE ITALIANE VENDUTE ALL' ESTERO la globalizzazione del ricatto: non vendi? IO MULTINAZIONALE TI FAGOCITO!!!

Outlet Italia”: ecco tutte le aziende comprate dagli stranieri Società 12/07/2014 - Carola Parisi Outlet Italia È l’Italia che se ne va. Pezzo per pezzo, azienda per azienda, i colossi industriali, un tempo vanto del nostro paese, vengono acquistati da multinazionali straniere. Qui, le grandi lobby finanziarie internazionali vengono a fare “shopping”, e pure con i saldi. Un vero e proprio outlet di occasioni ghiotte. L’ultima della lista è Indesit, l’azienda di elettrodomestici, su cui verrà issata la bandiera a stelle e strisce. La famiglia Merloni, infatti, ha ceduto a Whirpool la partecipazione di Fineldo del 60,4% del capitale dell’azienda. Il prezzo di acquisto è pari a 11 dollari per ogni azione di Indesit, per un prezzo totale previsto pari a 758 milioni di dollari. Per ottenere il resto delle azioni, la società Usa lancerà poi un’Opa (Offerta pubblica di acquisto). Così, l’acquisizione verrà completata. E questa è la storia di molti marchi d’eccellenza nati in Italia, ma che di italiano, oggi, hanno ben poco. Ma leggiamo i numeri: dal 2008 al 2012 sono 437 le aziende italiane passate in mani straniere: questo il dato più clamoroso del Rapporto “ Outlet Italia. Cronaca di un Paese in (s)vendita” di Eurispes. Certo, i gruppi stranieri hanno speso circa 55 miliardi di euro per portare a casa i famosi marchi italiani, ma sono soldi che sono andati a finire nelle casse delle vecchie proprietà, non portando valore aggiunto al Paese. E, in ogni caso, il gioco non vale la candela. Ecco l’elenco dei nostri “gioielli di famiglia” volati all’estero: Agroalimentare Unilever. È nel 1974 che la Unilever, multinazionale anglo-olandese, attualmente quarta azienda del largo consumo in Italia con un giro d’affari di 1,4 miliardi acquisisce la Algida, fondata a Roma nel 1945 da Italo Barbiani. Acquista poi anche: la Sorbetteria Ranieri, Riso Flora, Bertolli e l’azienda di confetture Santa Rosa. Kraft Foods. La più grande azienda alimentare dell’America settentrionale e la seconda multinazionale alimentare al mondo, acquista inizialmente diverse realtà italiane del settore lattiero-caseario: Fattorie Osella, Invernizzi, rivenduto nel 2003 alla francese Lactalis. Successivamente, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, acquisisce diverse aziende fondamentali nei settori dei salumi e della pasta: Negroni, Simmenthal, Gruppo Fini, Splendid, Saiwa. Nestlé. Compra Perugina. E poi: Vismara, Sasso, Pezzullo, Berni, Italgel, azienda italiana nata nel 1960 e specializza nel settore della pasticceria e alimenti surgelati, proprietaria dei marchi Gelati Motta, Valle degli Orti, Surgela,la Cremeria, Maxicono, Marefresco, Voglia di Pizza, Oggi in Tavola, Antica Gelateria del Corso, il Gruppo Dolciario Italiano e il marchio Alemagna, i quali torneranno nel 2009 ad essere italiani con il loro acquisto da parte della Bauli. Infine, nel 1998 è il turno del settore bevande, e quindi della Sanpellegrino insieme ai suoi marchi Levissima, Panna, Recoaro, Pejo, San Bernardo, la Claudia. Bsn-Gervais-Danone. Durante gli anni Ottanta e Novanta la Kraft e la Nestlé anche il Gruppo francese Bsn-Gervais-Danone acquisisce marchi importanti dell’industria alimentare italiana come la Saiwa, la Galbani, acquisita nel 1989 e rivenduta nel 2002 al fondo di private equity BC Partners che a sua volta la cede al Gruppo francese Lactalis nel 2006; il marchio Agnesi, il più antico pastificio d’Italia. Nel 1987 il Gruppo francese acquisisce il Gruppo Sangemini-Ferrarelle, comprendente i marchi Sangemini, Ferrarelle, Fabia, Boario, Fonte di Nepi. Oggi il Gruppo è passato all’italiana Italacqua. Sperlari. Attualmente la Sperlari, insieme alle italiane Saila, Dietorelle, Dietor e Galatine, fa parte della Leaf Italia S.r.l., società controllata dall’olandese Leaf International BV, azienda leader del mercato delle caramelle in Svezia, Olanda, Finlandia e Belgio e al secondo posto in Norvegia, Danimarca e Italia. Birra Peroni. Comprendente i marchi Peroni e Nastro Azzurro, entra a far parte del colosso sudafricano SABMiller plc, tra i più grandi produttori di birra al mondo. Star. Proprietaria di diversi marchi come Pummarò, Sogni d’oro, GranRagù Star, Orzo Bimbo, Risochef, Mellin, viene acquistata dalla spagnola Gallina Blanca del Gruppo Agrolimen. Eridania. Il 49% delle quote di Eridania Italia S.p.A., la più grande società saccarifera italiana fondata nel 1899 a Genova, viene acquistato nel 2011 dalla francese Cristalalco Sas, gruppo operante nel settore dello zucchero, dei prodotti alcolici, dell’alimentare e dei cosmetici. Norcineria Fiorucci. Viene venduta al Gruppo spagnolo Campofrio Food. Ruffino e Gruppo Gancia. La Ruffino vende progressivamente le proprie quote dal 2004 alla multinazionale americana Constellation Brands; il controllo del Gruppo Gancia passa invece nelle mani della multinazionale russa, leader nel mercato della vodka, Russian standard corporation. Automibili. Le più significative sono state le vendite di: Ducati Motor Holding S.p.A. alla società Audi AG del Gruppo tedesco Volkswagen assorbe definitivamente l’azienda, e Lamborghini, anch’essa acquisita dal Gruppo tedesco della Volkswagen. Moda e abbigliamento. La giapponese Itochu Corporation acquista: Mila Schön, Conbipel, Sergio Tacchini, Belfe e Lario, Mandarina Duck, Coccinelle, Safilo, Ferrè , Miss Sixty-Energie, Lumberjack e Valentino S.p.A. Quasi tutte queste aziende sono state poi rivendute sempre ad aziende straniere. Il Gruppo Kering-ex PPR compra: Gucci, Bottega Veneta, Brioni, Pomellato Lvmh Moët Hennessy-Louis Vuitton rileva: Emilio Pucci; Fendi; Bulgari e Loro Piana. Arredamento. Le acquisizioni per il settore manifatturiero dell’arredo-casa riguardano soprattutto i sotto-settori della ceramica, dell’illuminazione, e dei mobili da cucina, tre dei comparti di maggior eccellenza del Made in Italy. Negli anni Novanta le acquisizioni più importanti coinvolgono la Pozzi-Ginori, la Ceramica Dolomite e le Ceramiche Senesi, mentre più recente (2013) la cessione in mani straniere del Gruppo Marrazzi, leader internazionale nel settore delle piastrelle di ceramica. E l’ultima perla dell’arredamento, Poltrona Frau.

UNA BUONA NOTIZIA???? incredibile... come mai????

"Implementazione della rete di monitoraggio dei residui di Glifosate su tutto il territorio nazionale, introduzione di limitazioni al suo impiego nell'ambito dei disciplinari che permettono l'adesione volontaria al sistema di qualità nazionale produzione integrata e definitiva eliminazione del Glifosate dai disciplinari di produzione integrata entro l'anno 2020". Saranno queste tre mosse a dare vita al "Piano nazionale glifosato zero", secondo quanto apprende l'ANSA, che il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha chiesto di elaborare al suo ministero "a prescindere dagli esiti del confronto europeo dei prossimi giorni". "La sostenibilità quindi come leva sempre più forte di competitività del sistema agricolo italiano a partire da ciò che è stato fatto con le Regioni per la destinazione dei fondi europei", ha sottolineato il ministro. Da qui al 2020 l'Italia investirà oltre 2 miliardi di euro per misure agronomiche che abbassino sempre di più l'utilizzo della chimica nei nostri campi, fa sapere il ministero delle Politiche agricole: "un indirizzo che i produttori italiani stanno seguendo già da tempo, come dimostrano i dati sul calo di utilizzo di pesticidi nell'ultimo decennio". Martina e Lorenzin contrari riconferma autorizzazione Ue Il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina e quello della Salute Beatrice Lorenzin annunciano l'orientamento contrario dei loro ministeri alla riconferma dell'uso della sostanza attiva Glyphosate in ambito europeo. La questione verrà discussa dai Paesi membri questa settimana al comitato permanente sui fitofarmaci. Il glifosato è un erbicida molto diffuso, considerato "probabilmente cancerogeno" dall'Oms e "probabilmente non cancerogeno" dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa). La Francia finora era l'unico Paese ad aver chiaramente espresso il suo parere contrario all'ipotesi di proroga per 15 anni dell'autorizzazione Ue sull'uso dell'erbicida in Europa. E ieri dalla Commissione europea è venuta una prima apertura, da parte del commissario alla Salute, Vytenis Andriukaitis, che ha proposto un compromesso, per "ridurre i tempi del prolungamento dell'autorizzazione a otto-dieci anni", invece che 15. I rappresentanti dei 28 si riuniranno per decidere domani e martedì a Bruxelles, nel Comitato responsabile del dossier sull'erbicida. RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

UE CONTRO LA QUALITA CIBO ' ITALIANA

Cia, Confagricoltura, Federdoc, Federvini, Uiv, Alleanza delle cooperative e Assoenologi scrivono una lettera congiunta al titolare del Mipaaf: liberalizzazione uso etichette Ue così non va bene, si rischia di banalizzare alcune tra le più note denominazioni “made in Italy” e, con esse, gli sforzi e gli investimenti sostenuti negli anni dai nostri produttori. 20160122_cianazionale_bottiglie_vino_tappi22 gennaio 2016 – Tutto il mondo del vino italiano scrive al ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina: la revisione dell’etichettatura dei vini così non va. Federdoc, Federvini, Uiv, Cia, Confagricoltura, Alleanza delle cooperative e Assoenologi spiegano nella lettera congiunta: “Se la Commissione Ue decidesse di procedere secondo le ipotesi di liberalizzazione annunciate sarà possibile per un qualsiasi vino europeo riportare in etichetta nomi quali Aglianico, Barbera, Brachetto, Cortese, Fiano, Lambrusco, Greco, Nebbiolo, Picolit, Primitivo, Rossese, Sangiovese, Teroldego, Verdicchio, Vermentino o Vernaccia -solo per citarne alcuni- tutti termini che costituiscono secondo la legislazione vigente la parte integrante di rinomate Dop o Igp registrate già a partire dalla metà degli anni Settanta e che come tali andrebbero tutelate, anche contro fenomeni di concorrenza sleale tra gli stessi produttori europei”. Peraltro, scrive ancora la filiera del vino, “siamo dell’avviso che ogni ipotesi di revisione dell’attuale quadro normativo di riferimento vada al di là delle competenze attribuite alla Commissione nel quadro del reg. Ue n.1308/2013, rimettendo in discussione quel delicato equilibrio politico che era stato raggiunto in occasione della riforma dell’OCM vino del 2008”. Nello specifico, infatti, la Commissione ha ipotizzato di liberalizzare l’uso nell’etichettatura di tutti i vini, compresi quelli senza indicazione geografica, di quei nomi di varietà che oggi sono riservati -in virtù dell’art. 100, par. 3, del reg. Ue n. 1308/2013 e dell’allegato XV del reg. CE n. 607/2009 – a determinate denominazioni d’origine protette (Dop) o indicazioni geografiche protette (Igp) di precisi Stati membri. Ecco perché ora Federdoc, Federvini, Uiv, Cia, Confagricoltura, Alleanza delle cooperative e Assoenologi sollecitano il ministro Martina a “prendere tutte le iniziative che riterrà utili affinché le ipotesi di liberalizzazione non si trasformino in proposta di regolamento, pena un serio rischio di banalizzare alcune tra le più note Dop e Igp italiane e, con esse, gli sforzi e gli investimenti sostenuti negli anni dai produttori che hanno portato il settore vitivinicolo italiano ad essere uno dei comparti di punta del Made in Italy nel mondo”. Fonte: Cia nazionale Correlati Ue, la filiera del vino italiana: «No alla liberalizzazione delle nostre denominazioni» Ue, la filiera del vino italiana: «No alla liberalizzazione delle nostre denominazioni» In "Tutte le notizie" La Cia al Vinitaly 2015: dal 22 al 25 marzo a Verona Fiere tante iniziative La Cia al Vinitaly 2015: dal 22 al 25 marzo a Verona Fiere tante iniziative "dentro e fuori la bottiglia" In "Cia nazionale" Xylella: superare al più presto l'impasse, dopo lo stop al piano Silletti ora si rischia l'infrazione Ue Xylella: superare al più presto l'impasse, dopo lo stop al piano Silletti ora si rischia l'infrazione Ue In "Agrinsieme" 22 gennaio 2016|Cia nazionale Dimensione Agricoltura Cerca nel sito Ultime novità Sviluppo Rurale: individuare le priorità per non disperdere le risorse a disposizione Il negoziato sul TTIP tra Ue e Stati Uniti giunge al 12° round «Serve un cambio di passo per far ripartire il settore rurale in Toscana» FONTE CIA toscana 22 gennaio 2016

UNIONE EUROPEA E liberalizzazione VELENI NEL PIATTO

UE vuole liberalizzare le denominazioni: a rischio il vino italiano DOC UE vuole liberalizzare le denominazioni: a rischio il vino italiano DOC di RedazionE sabato 23 gennaio 2016 - 08:20 La Commissione Ue sta lavorando a una modifica del regolamento 607 del 2009 per rivedere le norme sull’etichettatura delle denominazioni d’origine. L’ipotesi allo studio punta a una profonda liberalizzazione che consenta ai produttori di qualsiasi Paese di utilizzare in etichetta anche i nomi dei vitigni oggi riservati a singoli Stati. In sostanza l’uso di nomi che insieme all’indicazione di una località geografica sono parte di una denominazione registrata come Lambrusco di Sorbara, Nebbiolo d’Alba, Vermentino di Gallura, ma anche Primitivo di Manduria, Aglianico del Vulture e tanti altri era finora riservato all’Italia. Mentre, se passasse l’ipotesi allo studio Ue, in futuro anche i produttori di altri Paesi potrebbero riportare in etichetta termini come Nebbiolo, Fiano o Verdicchio. Di fronte a questa prospettiva una larga fetta della filiera vitivinicola italiana (dall’Alleanza delle cooperative all’Assoenologi, dalla Cia alla Confagricoltura, dalla Federdoc alla Federvini e all’Unione italiana vini) ha scritto al ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina. Appello a Martina contro la Commissione UE: Nebbiolo e Verdicchio prodotti anche all’estero? «Se la Commissione Ue – si legge nellalettera – decidesse di procedere alla liberalizzazione qualsiasi produttore europeo potrà utilizzare nomi storici della viticoltura italiana. Tutti termini che sono parte integrante di rinomate Dop e Igp registrate dalla metà degli anni Settanta e che andrebbero difese da fenomeni di concorrenza sleale». Per questo le organizzazioni del vino hanno chiesto a Martina di attivarsi perché una tale deregulation «non si trasformi in una proposta di regolamento che rischierebbe di banalizzare Dop e Igp italiane penalizzando gli investimenti sostenuti negli anni dai produttori». L’Italia fa rete contro la lobby del Nord Europa che vuole utilizzare i nostri marchi più famosi «L’operazione va bloccata – ha detto l’Europarlamentare Paolo De Castro, tra i primi a sollevare la questione – perché anche se fosse ridimensionata si risolverebbe in un sicuro danno per il vino italiano. Non possiamo cedere ad altri l’uso di nomi come Lambrusco che hanno fatto da apripista del vino italiano nel mondo e ancora oggi sono tra i prodotti più esportati. Anche i francesi della Borgogna sono con noi. La riforma del 2008 si regge su un equilibrio delicato che ha garantito sviluppo a tutti e non va messa in discussione». Correlati L'Europa “ci frega” anche sui contributi agricoli. E “coccola” Francia e Germania L'Europa “ci frega” anche sui contributi agricoli. 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INVECE gli ospiti di Ballarò... dicevano che i vini italiani erano.....

ECCO COSA DICEVANO gli OSPITI DI BALLARO' DOPO CHE A PRESA DIRETTA hanno detto la verità sul vino.... forse a BALLARO' avevano uregente bisogno di ritrattare e controbattere PRESA DIRETTA che RIPETO aveva detto la verirtà CHE NION SI DEVE MAI DIRE sui vini... E SUL CIBO non si può dire la verità..... ERANO UNA ECCELLENZA DA Ballarò, 8 marzo 2016: ospiti della puntata Tra gli ospiti della puntata il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina, il Patron di Eataly Oscar Farinetti, lo Chef stellato Gianfranco Vissani, il direttore de Ilfattoquotidiano.it Peter Gomez e il giornalista e scrittore Alan Friedman. Martina: "I francesi sono molto più bravi di noi nella distribuzione e nell'organizzazione. Noi siamo più bravi a produrre, i tedeschi sono più organizzati". Farinetti: "Siamo campioni mondiali di lamentele in Italia. Non siamo bravi a narrare". 22.24 Gardoni: "I controlli al porto di Bari su quel grano sono stati fatti solo perchè Coldiretti ha fatto una segnalazione". Martina: "Avete acceso un riflettore". Gardoni: "Poi è stato detto che l'etichettatura non è un problema rilevante. Non è così". 22.21 Farinetti: "Non me ne voglia nessuno, ci sono delle eccellenze, ma la qualità del nostro grano non è come quella dell'olio. Non è il migliore del mondo. Trovo non sia un grande problema come l'olio". 22.17 22.10 Borgonzoni: Perchè non si deve scrivere nelle etichette che un prodotto è veramente made in Italy?". Martina: "Siamo l'unico Paese in Europa a battagliare sul tema dell'etichettatura". Servizio di Alessio Lasta sul grano straniero che arriva in Italia. Rischio aflatossina? 21.50 Vissani: "Ora l'olio per la grande distribuzione è fatto addirittura in polvere e questo non è un bene. Anche la TV dovrebbe controllare se i prodotti pubblicizzati sono davvero olii extra vergine di oliva o no". 21.45 Farinetti: "Se c'è un prodotto in cui siamo leader mondiali per biodiversità è l'olio d'oliva. Abbiamo il diritto e il dovere di sapere che quello che compriamo è un olio italiano". Il Ministro Martina minimizza e esclude una "invasione di olio tunisino". Per la Borgonzoni Renzi in Europa non ha portato avanti il discorso sul "made in Italy". 21.25 Copertina satirica della Gialappa's. Martina sulle primarie PD a Napoli: "Non credo si debbano invalidate ma bisogna verificare cosa è successo". A seguire, servizio sull'olio proveniente dalla Tunisia. 21.20 Presentazioni ospiti: Maurizio Martina, Oscar Farinetti, Borgonzoni, Vissani. 21.15 Giannini si collega con Francesca Biagiotti che è all'aeroporto di Ciampino dove è atteso l'aereo che deve riportare in Italia le salme dei due italiani morti in Libia. 21.11 Comincia la 25esima puntata di Ballarò. Massimo Giannini: "L'Europa si interroga sul problema dei migranti e noi abbiamo problemi con l'Europa per via dei nostri conti pubblici. Ma stasera vi parliamo anche del cibo, dell'invasione dell'olio che arriva dalla Tunisia e del grano, cioè il pane". Poi altre anticipazioni: Banche e mutui, infine il fisco.

lunedì 7 marzo 2016

FUORI TTIP DALLA MIA CITTA? no a affari con tumori

Fuori il TTIP dalla mia città: #fuorittip Feb 24 Pubblicato da Stop Ttip Italia ttip-no Parte oggi, sulla piattaforma Progressi.org, la nuova fase di pressione sui sindaci, i presidenti di Regione e i parlamentari italiani, per mettere “fuori legge” il TTIP dalle nostre città. Al link http://www.progressi.org/fuorittip e con l’hashtag #fuorittip la Campagna Stop TTIP Italia chiede a tutti i comitati, gli attivisti, e i cittadini preoccupati per l’impatto del trattato transatlantico, di sottoscrivere questa petizione e di farla girare il più possibile. Vogliamo che l’adesione dell’Italia al TTIP sia discussa in ogni consiglio comunale e che ogni Comune esprima la propria preoccupazione e opposizione al trattato, come molte altre città europee e italiane hanno già fatto. Le firme saranno consegnate ai sindaci, ai presidenti di Regione, ai parlamentari nazionali ed europei del territorio – in base al CAP dei sostenitori – in vista della mobilitazione nazionale contro il TTIP.

VIGNETI AL VELENO E ALTRE porcherie legalizzate

Emergenza VIGNETI AL VELENO in Pedemontana. INCONTRO 25.11 A VALDO + Denuncia WWF + Pederobba Fermento nella Pedemontana sul problema dei massicci trattamenti chimici all'inteno della sempre più vasta area del Prosecco. Tre i temi: 1. Incontro a Valdobbiadene venerdì 25.11 alle 20.30 a VILLA DEI CENDRI su come superare la viticoltura chimica grazie al biologico 2. Esposto in Procura del Wwf sostenuto da oltre 1300 firme contro i pesticidi vicino a scuole e case 3. Situazione a Pederobba. Di fronte alla progressiva invasione di nuovi vigneti, dopo la lettera aperta di Arianova (gennaio) e la bozza di regolamento proposta dall'Amministrazione (maggio) ... tema 1 di 3 . Incontro a Valdobbiadene venerdì 25.11 alle 20.30 a VILLA DEI CENDRI su come superare la viticoltura chimica grazie al biologico: “Bio Bio. La viticoltura veneta tra produttività e ambiente” Organizzato dall’on. Zanoni e dal WWF Alta Marca, l’incontro, in programma venerdì 25 novembre a Villa dei Cedri a Valdobbiadene, è attuale più che mai viste le continue polemiche uso dei pesticidi nei vigneti Bruxelles, 22 novembre 2011: <> tema 2 di 3. Esposto in Procura del Wwf sostenuto da oltre 1300 firme contro i pesticidi vicino a scuole e case Le coltivazioni di prosecco vengono trattate con i pesticidi che sono pericolosi per la salute dei bimbi. Anche i tralci bruciati all'aperto sono dannosi. Esposto in Procura del Wwf sostenuto da oltre 1300 firme. Riportiamo il Comunicato Stampa del WWF. COMUNICATO STAMPA Refrontolo, 17.11.2011 WWF AltaMarca Il bello, il brutto e il cattivo hanno incontrato oggi, in un mattino di fuoco, il Procuratore di Treviso dr Antonio Fojadelli, per presentare un esposto, supportato da più documenti scientifici, sulla pericolosità dei trattamenti effettuati con pesticidi tossici e nocivi nei vigneti vicini ad alcune scuole dell’area DOCG prosecco, e per far presente che la salute dei Cittadini (soprattutto dei Bambini) e del Territorio, non può essere svenduta per un pugno di dollari. In mezz’ora di incontro, sono state illustrati al Signor Procuratore tutti i rischi che corrono i bambini e i loro genitori e insegnanti delle scuole attorniate da vigneti nei Comuni dell’area DOCG Prosecco. In particolare, Luciano Bortolamiol ha evidenziato che i 15 Comuni della DOCG prosecco non hanno ancora definito con precisione le tipologie e la mappatura delle aree sensibili: strade, orti, abitazioni, piste ciclabili, coltivazioni biologiche, ed in primis le scuole, ed non hanno determinato gli avvisi e controlli che devono essere effettuati per rispettare le regole nei trattamenti con pesticidi tossici e nocivi. Luciano De Biasi, presidente della costituenda Associazione WWF AltaMarca, ha evidenziato le precise richieste fatte nell’esposto, come la regolamentazione delle distanze dei vigneti dalle aree sensibili (vista la indeterminatezza delle distanze delle derive durante la nebulizzazioni dei pesticidi), e la richiesta di effettuare le analisi di eventuali residui di pesticidi nelle urine dei bambini, come si fa in altre regioni. Gianluigi Salvador ha esposto la forte preoccupazione dei Cittadini per l’alto trend di crescita dell’incidenza dei tumori maligni nella ULSS7 (+7.2% nel 2010) e la preoccupazione sulla sicurezza del territorio, visto che un comune della DOCG prosecco, con l’approvazione della Provincia di Treviso, ha proibito di accedere ai percorsi delle sue colline per cinque mesi all’anno (da aprile a maggio compresi) per i trattamenti dei vigneti coi pesticidi (vedi volantino allegato). Tutto il materiale consegnato al Signor Procuratore, sarà successivamente inviato per conoscenza al Signor Prefetto Dr Aldo Adinolfi. I promotori dell’incontro hanno offerto la loro disponibilità al Signor Prefetto per eventuali chiarimenti e successivi incontri. Cordiali saluti Luciano De Biasi – Presidente Associazione WWF AltaMarca Ing. Luciano Bortolamiol – VP Associazione WWF AltaMarca e coordinatore Assoc. Martin Pescatore Dott. Gianluigi Salvador – Referente Energia e Rifiuti WWF Veneto e membro MDF (Movimento per la Decrescita Felice) LA TRIBUNA DEL 17 NOV 2011 Pagina 38 - PROVINCIA «Via i vigneti vicino alle scuole» È in Procura l’esposto del Wwf La protesta degli ambientalisti che hanno raccolto 1.377 firme: «Le coltivazioni di prosecco vengono trattate con i pesticidi che sono pericolosi per la salute dei bimbi. Anche i tralci bruciati sono dannosi» VALDOBBIADENE No ai vigneti a ridosso delle scuole, trattati con pesticidi nebulizzati, in assenza di controlli. È stato depositato ieri mattina, direttamente nelle mani del procuratore capo Antonio Fojadelli, un esposto per chiedere che i vigneti a lato delle scuole elementari di Vidor e Bigolino, oltre a quello vicino all’asilo nido di Refrontolo, vengano eliminati. Una raccolta firme nata per dare una risposta concreta alla preoccupazione di insegnanti e genitori alla luce del crescente numero di casi di leucemie e linfonodi infantili. Milletrecentosettantasette firme contro l’uso dei pesticidi depositate in Procura dai promotori di questa azione, Luciano Bortolomiol (gruppo Martin pescatore), Luciano De Biasi (presidente di Wwf Alta Marca) e Gianluigi Salvador (referente del WWF Veneto). Milletrecentosettantasette firme per chiedere quanto prima l’eliminazione di questi vigneti i cui trattamenti nebulizzati a base di fungicidi, insetticidi e diserbanti rischiano di provocare in futuro gravi e irreversibili danni agli oltre 400 bambini che frequentano i tre istituti. Un esposto corredato di tutta la documentazione medica, redatta da oncologi e altri medici specializzati, che accertano che questi pesticidi, possono causare gravi danni alla salute dei piccoli, danni non immediatamente riscontrabili, ma che rischiano di manifestarsi a distanza di anni attraverso vere e proprie modificazioni a livello genetico. «In base all’attuale normativa si possono piantare vigneti ad una distanza minima di 50 centimetri dal confine di abitazioni e scuole: chiediamo questa venga rivista perché non solo si rischia di danneggiare i nostri bambini ma tutti quanti noi dato che nessuno è esente da queste forme di contaminazione che poi ci ritroviamo direttamente nel piatto». Secondo i promotori a testimonianza della pericolosità di questi trattamenti ci sarebbe un volantino diffuso in tempi recenti dalla Provincia e dallo stesso comune di Vidor che vieta di entrare nei vigneti tra aprile e agosto, i 5 mesi durante i quali vengono effettuati i trattamenti. «È ora di dire basta a queste operazioni che hanno a cuore la sola speculazione del prosecco e mettono a rischio un’intera generazione _ hanno dichiarato i promotori _ le sostanze sono tossiche, è risaputo, e di contro non vi è alcuna attività di controllo come invece viene fatto in altre regioni come Toscana e Friuli». Di qui la richiesta di effettuare test alle urine dei piccoli, per verificare se il costante contatto con queste sostanze è già riscontrabile nel loro organismo. «A breve presenteremo un altro esposto per reclamare contro i sindaci, che concedono per 6 mesi l’anno di bruciare le potature delle vigne, intrise di diserbanti. Fuochi che liberano nell’aria sostanze tossiche, senza alcun controllo. Come ieri sera a Refrontolo, dove non si riusciva nemmeno a respirare». Serena Gasparoni tema 3 di 3. Situazione a Pederobba: dopo la lettera aperta di Arianova (gennaio) e la bozza di regolamento proposta dall'Amministrazione (maggio) ... si è praticamente persa traccia del Regolamento proposto dall'Amministrazione Comunale dopo che Arianova ha sollevato il problema a inizio 2011 inviando una lettera a tutte le famiglie. Dopo una seduta Consulta nella quale l'Amministrazione ha presentato la bozza di Regolamento e ne ha discusso con Arianova e con i viticoltori locali, l'argomento è stato rinviato a successivi approfondimenti e da lì non è ancora riemerso. E' finita la stagione e i tralci sono oramai nudi... Farra di Soligo, la denuncia di Paolo sui trattamenti alle piante tossici „ “Vivo ai piedi delle colline della pedemontana trevigiana, una zona tanto incantevole quanto invivibile. È un territorio in cui da sempre esistono le vigne in collina coltivate a Prosecco e i campi in pianura coltivati a mais. Ora, da quasi 10 anni, con l'estensione della zona DOC a tutta la pianura, hanno piantato vigneti ovunque, anche in zone molto umide dove la lotta alla peronospora, malattia che colpisce le piante, impone pesanti trattamenti con pesticidi spesso tossici”, inizia così la denuncia di Paolo nei confronti delle soluzioni adottate per curare le piante ma, secondo le sue ricerche, i trattamenti potrebbero provocare infezioni e irritazioni nella popolazione, anche se nessuna conferma circa la correlazione tra le due cose è mai emersa. “Sono in molti ad avere mal di gola, tachicardia e asma. Guardo avanti pensando a quale sarà il nostro futuro, dopo aver perso nell'ultimo anno mia madre, mia suocera e la mia prozia, tutte a causa del cancro: casualità?” scrive. L’Ulss 7 ha riscontrato negli ultimi tre anni un aumento dei malati oncologici, da uno ogni 22 abitanti nel 2009 a uno ogni 18.5 nel 2012, ma si tratta di dati generici che non avrebbero niente a che fare con i trattamenti. Nessun allarme è mai stato diffuso, infatti, dalle istituzioni sanitarie locali. “Ho constatato che ci sono più di 6 mila studi in cui viene stabilita la correlazione fra pesticidi e cancro: i pesticidi sono spesso i responsabili di disfunzioni ormonali alla tiroide, sviluppo puberale precoce, diminuzione della fertilità maschile, aumento degli aborti, disturbi autoimmuni, deficit cognitivi, iperattività, patologie neurodegenerative” scrive Paolo. "Nelle schede tecniche dei prodotti fitosanitari viene spesso raccomandato di non entrare nel vigneto nelle 48 ore successive all'irrorazione, ma ogni angolo verde è stato trasformato in vigneto. Al mattino apro le finestre della camera osservando il sole che risplende sulle colline, ma scorgo anche agricoltori già impegnati nell' irrorazione delle vigne, in tuta bianca con mascherina a doppio filtro per proteggersi dall'inalazione di polveri e vapori. A quel punto richiudo le finestre sperando di poter arieggiare la camera il giorno successivo. Ma il giorno successivo un rumore annuncia l'arrivo dell'elicottero, pronto a spargere i prodotti fitosanitari direttamente dal cielo. Quindi, secondo le prescrizioni dei fitofarmaci, nel periodo delle irrorazioni tutti gli abitanti qui, soprattutto mamme e bambini, dovrebbero indossare la tuta bianca con mascherina a doppio filtro” conclude con un pizzico di rabbia. È doveroso ricordare, comunque, l’esistenza di un Protocollo Viticolo, una sorta di manuale di cui si servono i viticoltori per coltivare nel rispetto dell’ambiente firmato Coldiretti, Unindustria, Cia, Confagricoltura, Legambiente, l’Ulss locale e i sindaci del territorio del Prosecco. Secondo il Protocollo, I trattamenti che potrebbero presentare criticità per la popolazione possono essere effettuati non in maniera continuativa. Alla firma del documento, nei primi mesi del 2013, è stato specificato dalla Provincia di Treviso che il protocollo serve ai produttori per tutelare la salute della popolazione e del territorio. Lo scopo, infatti, è rinforzare la zona del Prosecco ed eliminare i prodotti che possono in qualche modo creare disagi negli abitanti. Si tratta un progetto iniziato nel 2011, rinnovato poi nel 2012 per il rispetto dell’ambiente e delle persone che ci vivono. “ Potrebbe interessarti: http://www.trevisotoday.it/cronaca/denuncia-di-paolo-su-trattamenti-fitosanitari-tossici-vigneti-del-prosecco-treviso.html Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/TrevisoToday/209381092469939 fonteFarra di Soligo, la denuncia di Paolo sui trattamenti alle piante tossici „ Cronaca / Farra di Soligo La denuncia di Paolo, i trattamenti fitosanitari ai vigneti sono tossici Paolo scrive una lettera per contestare il trattamento delle piante nelle colline del Prosecco, secondo lui potrebbero causerebbero gravi malattie “ Potrebbe interessarti: http://www.trevisotoday.it/cronaca/denuncia-di-paolo-su-trattamenti-fitosanitari-tossici-vigneti-del-prosecco-treviso.html Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/TrevisoToday/209381092469939 VIGNETI e PESTICIDI: la vendemmia e il processo di produzione dall’uva al vino, che diventa sempre più solo business – l’Agroalimentare che deve accettare l’improrogabile sfida della qualità (con prodotti tipici, non inquinati e nel rispetto della salute delle persone e della natura) lunedì 20 settembre 2010sebastianomalamocco le colline del vino prosecco nell’alto trevigiano tra Valdobbiadene e Conegliano Se vi capita di passare per Vidor, paesino dell’Alto Trevigiano, in Veneto, tra splendide colline subalpine in zona pedemontana, terra del prosecco tra Valdobbiadene e Conegliano, e, in bici o a piedi, inoltrarvi in uno dei percorsi storico-naturalistici che lì vi sono (come quello denominato “dal sacro al pro..secco”) incontrerete cartelli che vietano il transito tra aprile ed agosto a causa dei “trattamenti fitosanitari alle coltivazioni”… (percorsi naturalistici… !?!) Forme di agricoltura, vigneti di vino pregiato cosiddetto “Docg” (denominazione di origine controllata e garantita), in questo caso di produzione di vino bianco “prosecco”, che sono più pericolosi (per viverci, lavorarci o solo transitarci a piedi o in bici) di un’industria chimica. Spesso i fitofarmaci, i pesticidi vengono irrorati sui vigneti con l’elicottero, lasciando immaginare che effetti possano avere per i vicini centri abitati, o le case sparse diffuse lungo la strade, tipico paesaggio urbano della parte centrale del Veneto. E ora incominciano a farsi sentire le proteste. Episodi (quelli dell’inquinamento da fitofarmaci, pesticidi) che probabilmente riguardano molte parti d’Italia e non solo, ma per una volta, a mo’ di esempio ci concentriamo su quest’area del prosecco, nel Trevigiano. l'elicottero che irrora fitofarmaci, pesticidi... Il problema dello sviluppo di un’agricoltura chimica portata alle conseguenze estreme (l’uso dell’elicottero per irrorare le coltivazioni, in questo caso la produzione dell’uva e poi del vino, quasi si fosse nelle sterminate e desertiche farmers americane…) non è “solo” per l’inquinamento del prodotto che poi si consuma (il vino), o per il rischi alla salute delle popolazioni che lì vi abitano stabilmente (in specie i bambini, come potete leggere nell’articolo che segue…), o degli agricoltori, vittime loro stessi dell’uso irrazionale di veleni. Il problema è anche “a valle”. Ad esempio, a sud di Valdobbiadene-Vidor e di quella fascia pedemontana, a ridosso del fiume Piave, esiste uno splendido esempio di centinaia di ettari di campi denominati “Palù”, nome derivato appunto dall’essere stati terreni paludosi in antichità, e che una splendida opera paziente di frati cistercensi, poco oltre l’anno mille, li ha bonificati rendendoli terreni integrati a un sistema di coltivazione misto dato da foraggio, piante di basso, medio e alto fusto (medicinali, frutta, legna) oltreché con fossi una volta adibiti all’allevamento ittico. Ebbene, le coltivazioni in forma intensiva a nord (nelle terre coltivate per il prosecco) con una forte agricoltura chimica, richiedono una tale quantità d’acqua che ha messo in crisi questi terreni umidi (Palù), togliendo loro una buona parte delle risorse idriche necessarie. Insomma l’uso esagerato della chimica in agricoltura è di per sè elemento di danno a molti livelli. La proposta che viene in alcune parti d’Italia di un marchio questo sì potremmo definirlo “docg”, cioè «Residuo Zero: no diserbanti, concimi e pesticidi di sintesi» è, crediamo, la grande scommessa non del futuro ma del presente. Dobbiamo pensarci subito a questo: bisogna incentivare gli agricoltori e i viticoltori a trattare i campi ed i vigneti con prodotti naturali o, comunque, non nocivi per l’uomo e l’ambiente. E per le zone di cui stiamo parlando significa anche difendere dalle malattie le proprie viti di prosecco Docg con prodotti naturali e fitoterapici ad impatto nocivo zero per il territorio. Ci sono prodotti alternativi ai fitofarmaci convenzionali. Si può produrre il vino con prodotti naturali senza inquinare terra, aria e acqua, senza minare la salute di flora e fauna e, senza intaccare pure la salute della gente che lì vicino vive e, pure, dell’agricoltore, il primo ad entrare in contatto o a respirare ciò che utilizza sulle piante. E su questo prevale la possibilità (necessità) del diffondersi di un agricoltura biologica. Biologico non solo come più sano e sostenibile, ma anche come uno standard di prodotto sia in termini di qualità che di sapore. Supermercati, enoteche, ristoranti, sono sommersi di vini di tutti i prezzi e tipologia e nel disorientamento generale, cresce l’interesse dei consumatori verso vini a “più alto valore intrinseco” in termini di storia, tradizioni e territorio (questo dicono gli esperti). Quello della viticoltura come business chimico-industriale sta portando (ha già portato) a superare ogni livello di equilibrio: saperi tradizionali quasi del tutto dimenticati, tutto orientato alla massima produzione. Pensare a un’agricoltura biologica (e meglio ancora biodinamica) diventa pertanto anche la possibilità di difesa del territorio, della salute di chi produce e di chi consuma, e un’opzione assai interessante anche per un’economia presente e futura virtuosa. In Italia attualmente sono coltivati circa 30.000 ettari di vigneto biologico a circa 10mila aziende viticole situate per lo più nel centro sud, anche se importanti produttori si trovano nel Veneto orientale. La riconversione dell’agricoltura in una pratica sana e per prodotti di qualità incontra però pressioni assai contrarie: agricoltori a volte irremovibili e multinazionali (che producono i pesticidi) assai influenti. Ma, per un cambiamento, se non ora, quando? ………………… VIGNETI, PESTICIDI E TUMORI Pesticidi sui vigneti, genitori in Procura ALLARME DEL WWF: nei Comuni Docg i tumori cresciuti, come i fitofarmaci di Elisa Giraud, da “il Gazzettino” del 18/9/2010 «I pesticidi usati nei vigneti fanno male ai nostri bambini, fermateli». È la sintesi dell’esposto alla Procura di Treviso – corredato da un ampio dossier contenente dati, foto e documenti – che alcune decine di genitori degli alunni che frequentano le scuole di Vidor e Bigolino sono decisi a presentare. «I nostri figli frequentano le scuole elementari dei due paesi produttori di Prosecco. Stanno almeno 8 ore al giorno nei locali che confinano con i vigneti dove, periodicamente, vengono riversate sostanze maleodoranti e irritanti». I genitori lamentano per i bimbi sintomi quali bruciore agli occhi, fastidi alla gola, ma ad allarmarli sono soprattutto i dati sull’aumento dei casi di forme leucemiche (anche nei bambini). «Con la nostra iniziativa legale (assistiti dall’avvocato Nicola Todeschini) vogliamo segnalare questa situazione – spiega Luciano Bortolamiol, portavoce del gruppo ambientalistico “Martin Pescatore” e tra i firmatari dell’esposto – ed inoltre ottenere garanzie per la nostra salute visto che spesso veniamo letteralmente lavati dalle sostanze sparate dagli elicotteri e dagli atomizzatori». Fra le richieste dei genitori c’è l’installazione di una centralina di “rilevamento aria”, ma anche «che i bambini vengano sottoposti a esami delle urine per capirea se stanno accumulando sostanze tossiche». Chiedono poi barriere protettive (siepi o teli in plastica) e che le scuole osservino regole precise come non far uscire in cortile durante il periodo dei trattamenti fitosanitari». L’allarme sulla rapporto tra fitofarmaci e tumori è stato ribadito l’altra sera a Conegliano da Gianluigi Salvador, portavoce del Wwf Treviso, nell’incontro pubblico al Dina Orsi: «Dai dati ufficiali si rileva che nel territorio dell’Uls7 (che comprende 13 dei 15 Comuni che si fregiano della produzione Docg), l’incidenza delle neoplasie maligne – ovvero i tumori più pericolosi – dal 2007 ad oggi, è aumentata in relazione all’aumento di vendite dei pesticidi». E Salvador snocciola: «Più 4,4% nel 2008, + 5,5 lo scorso anno. Si rischia una pandemia silenziosa come dimostrano gli studi del prof. Soffritti (Centro ricerche prevenzione cancro Fondazione Ramazzini) e del prof. Mantovani dell’Istituto di sanità. Inviti alla moderazione arrivano da Giancarlo Vettorello, direttore Consorzio Tutela Conegliano-Valdobbiadene docg: «Attenzione a non far di ogni erba un fascio. Non si possono collegare i tumori ai trattamenti». Il Consorzio ribadisce di fare opera di informazione ai propri associati sui fitofarmaci utilizzabili. «Ma sui loro bollettini sono indicate anche le sostanze classificate come cancerogene – conclude Bortolamiol – come il mancozeb e il glifosate». Un secondo incontro (o un altro round?) sullo stesso tema è previsto fra meno di due settimane: venerdì 1° ottobre a Pieve di Soligo. …… S.VENDEMIANO – «QUANDO SPARGONO TUTTI QUEI “VELENI” NON SI ESCE DI CASA» dal Gazzettino del 18/9/2010 S. VENDEMIANO – (el.gir.) Tanti i genitori che giovedì sera hanno partecipato all’incontro “Vigneti, pesticidi e tumori” in cerca di risposte ai dubbi sulla salute dei bambini. Preoccupa la testimonianza di una mamma di San Vendemiano: tre figlie piccole e la casa che confina con un vigneto: «In certi periodi dell’anno, non possono giocare in giardino perché si irritano subito la gola. Quest’estate la più piccola è corsa in mezzo al vigneto: quando è rientrata aveva un odore acre di zolfo. L’abbiamo lavata e cambiata ma l’odore è rimasto. Il vigneto è di un giovane coltivatore, padre di 3 bambini. Io rispetto il suo lavoro, ma quando lo vedo bardato come un marziano per spargere le sostanze, mi chiedo se sia adeguatamente informato sui prodotti che usa». Cerca risposte per valutare la situazione: Wwf e produttori dicono esattamente l’opposto sul tema spinoso dei pesticidi. I PRODUTTORI DI PROSECCO: «BRUCIORE AGLI OCCHI? È LO ZOLFO: INNOCUO» (d.b.) Al Wwf e anche al parroco di Colbertaldo don Antonio Moretto (che durante una predica domenicale mise in guardia dai pesticidi usati in zona) risponde il n.1 del Consorzio di Tutela del Prosecco Franco Adami: «Tutti i viticoltori della Sinistra Piave usano sempre prodotti approvati dal ministero della Sanità. Inoltre vengono formati da esperti frequentando corsi e ottenendo regolare patentino senza il quale i consorzi non consegnano loro i prodotti». Adami ricorda inoltre che le uve coltivate in collina hanno trattamenti molto più leggeri: «Essendoci meno umidità la vite è più sana, noi comunque usiamo solo prodotti di classe 3 e 4, studiati per non incidere sull’ecosistema. Chi abita vicino ai vigneti si lamenta dei bruciori agli occhi? È lo zolfo, una delle sostanze più usate in viticoltura e innocua. Purtroppo questa campagna ci crea danni enormi senza alcun fondamento». …………… La protesta «PROSECCO, PESTICIDI SULLE CASE» E SUI COLLI SCOPPIA LA RIVOLTA Denuncia con duemila firme. – Il sindaco di Vidor: «Una lobby mette a rischio la salute» di Ingrid Feltrin, da “il Corriere del Veneto” del 11/8/2010 VIDOR— Prosecco sotto accusa: i trattamenti chimici effettuati sui vigneti fanno paura. Bruciore agli occhi e fastidio alla gola sono i sintomi più frequenti tra la popolazione, ma la gente teme che i danni alla salute possano essere ben più seri. In Pedemontana si è costituito un gruppo di cittadini preoccupati per l’eccessiva vicinanza dei vigneti a case e scuole: è stata avviata una petizione per chiedere ai sindaci dei Comuni interessati e all’Arpav – l’Agenzia per la protezione dell’amiente – di intervenire. «Le condizioni di vita dove risiedo con la mia famiglia, a causa dei trattamenti chimici operati sui vigneti, sono inaccettabili – si legge nel documento -. Non si possono aprire le finestre, non si possono stendere abiti lavati ad asciugare, non si può utilizzare il cortile o il giardino, non si può passeggiare liberamente sulle strade pubbliche a causa del forte odore. Sulle strade, capita sovente di essere letteralmente lavati dalle sostanze diffuse dall’elicottero o dagli atomizzatori – e conclude – Temo che l’esposizione forzata e prolungata nel tempo a tali sostanze possa danneggiare seriamente la mia salute e quella dei miei familiari». Una denuncia che fino ad ora è stata sottoscritta da quasi duemila cittadini, che si dicono preoccupati anche per «l’interazione tra i veleni dei vigneti ed i farmaci che molte persone sono costrette ad assumere quotidianamente per problemi di salute – spiega l’ingegner Luciano Bortolamiol di Vidor, tra i promotori dell’iniziativa -. Si rischia di sottoporre la popolazione ad una miscela esplosiva di farmaci e veleni. In tutte le schede di sicurezza, si raccomanda di tenere le sostanze lontano dalla portata dai bambini e di irrorare il prodotto usando tuta, maschera ed occhiali. Ma cosa accade ai bimbi che giocano nel cortile di casa o, peggio ancora, nel giardino della scuola elementare di Bigolino o di Vidor, quando passa il “palombaro” con il trattore e la nube di veleni?». Sulla questione il Wwf riporta che nel 2009 le patologie neoplastiche maligne, nei Comuni dell’Usl 7, hanno sfiorato i 10 mila casi e che i tumori maligni sono la prima causa di morte negli adulti tra i 25 e 64 anni, nonché tra i bambini tra gli 1 e i 4 anni. Dati che allarmano anche gli amministratori pubblici, tant’è che Albino Cordiali, sindaco di Vidor, dice: «Non passa giorno senza che dei cittadini si rivolgano al Comune per chiedere aiuto. Purtroppo spesso manca il buonsenso, ci sono produttori che irrorano quantità superiori al necessario pensando solo al profitto. Se poi l’operazione è compiuta con l’elicottero allora è impossibile sfuggire alle sostanze. Insieme ai 15 Comuni del Prosecco Docg stiamo studiando un regolamento ma le pressioni sono tante, gli agricoltori sono irremovibili e le multinazionali che producono i pesticidi sono dei colossi: temo che la situazione sia destinata solo a peggiorare. Noi amministratori pubblici assistiamo impotenti al deteriorasi della salute pubblica» (Ingrid Feltrin) ………………. CINQUE VIGNETI CON I PRODOTTI BIOLOGICI di Glauco Zuan, da “la Tribuna di Treviso” del 19/9/2010 PIEVE DI SOLIGO. Un fondo regionale di sostegno per incentivare gli agricoltori ed, in particolare, i viticoltori a trattare i campi ed i vigneti con prodotti naturali o, comunque, non nocivi per l’uomo e l’ambiente. Ovvero un contributo per la rottamazione di pesticidi e fitofarmaci tradizionali e il passaggio ai prodotti biologici. Questa la proposta della fondazione «Amica madre terra» di Pieve di Soligo all’indomani del positivo esperimento condotto, in collaborazione con il Consorzio agrario di Treviso e Belluno, su cinque vigneti del Quartier del Piave. In primavera, infatti, cinque aziende vitivinicole di Collalto, Follina, Refrontolo e Solighetto avevano accettato la proposta della fondazione presieduta da Pierantonio Callegher di difendere dalla malattie le proprie viti di prosecco Docg con prodotti naturali e fitoterapici ad impatto nocivo zero per il territorio. E nei giorni scorsi, nonostante una primavera e una estate particolarmente piovose, nei cinque vigneti si è regolarmente vendemmiato, senza problemi, l’uva non trattata. «Si tenga presente che la nostra fondazione “Amica madre terra” – spiega il presidente Callegher – aveva garantito il sostegno economico ad integrazione dell’eventuale mancata produzione o perdita di valore dell’uva, cioè nel caso gli acini prodotti alla vendemmia non risultassero di qualità conforme agli standard di mercato convenzionali. Ma non è stato necessario metter mano al portafoglio – spiega l’imprenditore agricolo pievigino, già esponente della Coldiretti – dato che l’uva prodotta è di ottima qualità e sanità, con assenza di marciume o altri difetti sanitari. Questo dimostra che ci sono prodotti alternativi ai fitofarmaci convenzionali. I prodotti naturali da noi testati dimostrano che si può produrre prosecco senza inquinare terra, aria e acqua – chiude Callegher, presente di persona alle vendemmie – senza minare la salute di flora e fauna e, non dimentichiamolo, dell’agricoltore, il primo cittadino ad entrare in contatto o a respirare ciò che utilizza sulle piante». Alla vendemmia in località «Case Barisan» di Collalto era presente anche Emanuele Barattin, presidente del Consorzio agrario di Treviso e Belluno, cooperativa agricola con oltre 8 mila soci e con 52 filiali di vendita tra il trevigiano e il bellunese, che da tempo ha fatto la scelta strategica di proporre agli agricoltori locali i prodotti a residuo zero. «E’ nostro dovere operare a favore dell’ambiente e di chi in esso ci vive – ribadisce Barattin – Da tempo il nostro consorzio propone questi prodotti ecologici che, come abbiamo visto anche nei vigneti testati dalla fondazione “Amica madre terra”, danno ottimi risultati produttivi, tutelando la salute degli operatori agricoli. Che ripeto – chiude il presidente della cooperativa interprovinciale – sono i primi ad essere interessati alla possibilità di usare prodotti sani e garantiti, salvaguardando la propria vita e, quindi, quella di tutti i cittadini. Per questo il consorzio batterà sempre di più questa strada di vero progresso sostenibile». Magari, come suggerisce Callegher agli amministratori pubblici veneti, attraverso fondi a sostegno del passaggio al biologico. – (Glauco Zuan) ……………. VINI NATURALI, BOOM IN TUTTO IL MONDO: BOTTIGLIE UNICHE NELLA CARTA DEI RISTORANTI TOP da AFFARI E FINANZA del 29/3/2010 «La trasformazione delle colture e delle viti da tradizionali a biologiche, e quindi a biodinamiche a marchio Demeter, ci ha richiesto un lungo lavoro durato circa 5 anni. La coltivazione biodinamica ha dimostrato nel tempo che la qualità del vino non può che migliorare rispetto al modello tradizionale, e che solo così avviene davvero la valorizzazione di un territorio – la sua terra, la sua esposizione al sole, il suo clima – all’ interno di un vino, rendendolo riconoscibile e unico. I riconoscimenti internazionali che i nostri vini hanno avuto lo testimoniano». Giorgio Rossi Cairo, presidente di Value Partners, nel 2003 ha comprato e rilanciato La Raia, di Novi Ligure, gestita dalla figlia Caterina e dal suo compagno Tom Dean. Personaggio molto autorevole del mondo industriale e finanziario, ha 110 ettari fra campi, vigneti e boschi di cui 32 a Gavi e Barbera biodinamici, una scelta estrema, ancora più radicale della viticoltura biologica, con una cantina realizzata secondo i principi del risparmio energetico e a basso impatto ambientale. Oggi esporta in Europa oltre il 40% della sua produzione e sta incontrando un crescente interesse per i suoi vini “di boutique” oltre che in Germania, Svizzera e Inghilterra anche negli Usa, dove ha conquistato i ristoranti top: «Poter ordinare un bicchiere di La Raia a Soho, da Falai, confesso che è stato un vero piacere per un piccolo produttore di qualità come siamo noi». In Usa, secondo «What’ s hot», condotta tra oltre 1800 chef della Federazione Culinaria Americana, i prodotti biologici sono stati definiti la tendenza di maggior successo del 2010 nel settore della ristorazione e il vino biologico è tra questi. Ma il trend più rilevante è che tanto gli addetti ai lavori quanto i consumatori hanno capito che bio non è solo più sano e sostenibile, bensì uno standard di prodotto sia in termini di qualità che di sapore. L’hanno capito anche i critici delle guide, che cominciano a guardare con interesse alle etichette bio. «Il vino biodinamico valorizza il legame territorio bottiglia e in questa fase di globalizzazione fa aumentare la competitività delle nostre etichette», sostiene Nicola Rossi, economista e senatore Pd, che, insieme al fratello Fabrizio, agronomo, fa anche il viticoltore nella sua tenuta Cefalicchio, in Puglia, dove Nero di Troia, Moscato di Trani e altri vitigni pregiati crescono tra boschi e una cantina con produzione tutta a marchio Demeter. Partito cinque anni fa, un lillipuzziano rispetto ai giganti internazionali, vende la maggior parte all’estero. E cresce, nonostante la crisi:«La scelta di non esagerare con i prezzi ha premiato in questa fase negativa», spiega Rossi. Supermercati, enoteche, ristoranti, sono sommersi di vini di tutti i prezzi e tipologia. Nel disorientamento generale, cresce l’interesse dei consumatori verso vini a “più alto valore intrinseco” in termini di storia, tradizioni e territorio, dicono gli esperti. E le coltivazioni rispettose dell’ambiente esaltano la specificità dei singoli luoghi. E ora, che la forbice di prezzo con i vini tradizionali si è attenuata, il vino biologico ha retto bene alla crisi, dicono le ultime rilevazioni di Biofach che per l’anno in corso prevede crescita su tutti i mercati, fino al 10% in Germania. «Residuo Zero: no diserbanti, concimi e pesticidi di sintesi»: da quest’ anno riporteranno questa dicitura le etichette di Barone Pizzini, storico produttore di bollicine Franciacorta, oggi in portafoglio ha anche bollicine da Verdicchio prodotte nella tenuta Pievalta dei Castelli di Jesi, Marche. Rigorosamente biologiche. In Italia attualmente sono coltivati circa 30.000 ettari di vigneto biologico a circa 10mila aziende viticole situate per lo più nel centro sud, anche se importanti produttori si trovano nel Veneto orientale. Ci sono grandi brand, come Meloni Vini, pioniere del bio a Selargius, Cagliari, con 250 ettari di terreno e oltre 4 milioni di bottiglie vendute in tutto il mondo. Marchi blasonati, come Emanuela Stucchi Prinetti, di Badia a Coltibuon, nel cuore del Gallo Nero. E piccoli ma storici, come Emidio Pepe, di Torano Nuovo, Teramo: un’ icona per chi ama i prodotti di nicchia. (p.jad.) ………………. per sapere qualcosa dell’agricoltura biodinamica: http://it.wikipedia.org/wiki/Agricoltura_biodinamica ………………. LA RIVOLUZIONE DEL CIBO Perché i vecchi saperi contadini possono portarci nel futuro di Carlo Petrini, da “la Repubblica” del 27/11/2009 – brano tratto da “Terra madre. Come non farci mangiare dal cibo”, libro di Carlo Petrinii (Giunti editore, pagg. 173, euro 12). Se vogliamo iniziare a ragionare di cibo con buon senso, senza preconcetti e tentare in qualche modo di correggere il sistema globale industriale dell’agroalimentare, dobbiamo assolutamente sfatare un luogo comune: il rifiuto a priori del passato e di tutto quello che sa di passato. Così come le economie delle comunità sono considerate marginali e la ricerca del piacere alimentare una cosa elitaria, anche la tradizione, i saperi antichi, gli stili di vita più sobri sono investiti da un radicato pregiudizio e vengono puntualmente bollati come nostalgici e fuori dalla realtà. Questo fa sì che si liquidino come superati secoli di cultura popolare e che dunque gran parte del sapere proprio delle comunità del cibo – o quanto meno le sue origini – non sia nemmeno preso in considerazione. È paradossale che la maggioranza delle persone riconosca la superiorità – anche se magari la ritiene una prerogativa elitaria – di molti prodotti tradizionali, artigianali, tratti da ingredienti freschi e di stagione, prodotti e consumati localmente, ma poi non riconosca il valore importante delle culture e delle competenze che li hanno creati. Quasi a dire: “Sì, sono più buoni, ma sono fuori dal mondo, non esistono più se non in piccole nicchie, tanto vale mangiare peggio”. Non credo che sia il caso di rinunciare così, senza chiedersi se ci sono alternative percorribili. Siamo convinti che proprio su questi saperi le comunità fonderanno il loro ruolo di protagoniste della terza rivoluzione industriale. Non è provocazione, ma consapevolezza che se il mondo chiede energie pulite, produzioni sostenibili, riuso e riciclo, abbattimento dello spreco, allungamento della durabilità dei beni, cibo salutare, fresco e di qualità, le comunità del cibo non solo sono già in linea, ma sono anzi all’avanguardia. Sia per le tecniche utilizzate, ma ancora di più per la mentalità che le supporta. Infatti è logico che non sia possibile replicare ovunque i loro metodi, fondati magari su tecnologie molto limitate. È normale che questi aspetti della loro esistenza non siano esportabili ovunque – anche se in alcuni casi non è impossibile – perché sono figli di un adattamento locale e nel locale funzionano benissimo. È invece fondamentale studiarne la sistematicità, intesa come armonizzazione in un sistema complesso e comprenderne i motivi. Non si può continuare a considerare i saperi tradizionali e popolari un gradino sotto a quelli della scienza che esce dalle università o dalla ricerca finanziata dal privati. Hanno invece la stessa dignità; il savoir faire contadino è figlio di un’esperienza secolare e poco importa che la sua praticità sia dimostrata o dimostrabile scientificamente. Così come sarebbe altrettanto sbagliato auspicare una supremazia di queste conoscenze, che ho definito saperi lenti; bisogna che si instauri un dialogo dove i pregiudizi vengono messi da parte, dove la ricerca sia anche al loro servizio e dove ricerca e scienza collaborino sullo stesso piano paritario. Alla tradizione spesso è associato anche l’errore di vederla come una dimensione immobile, che appartiene al passato. Persino chi la richiama, la racconta e la onora, spesso rischia di fare lo sbaglio di viverla come un unicum che non evolve, che si è interrotto a un certo punto. Questa è una visione che finisce per separarci dalle nostre radici, che ci toglie la memoria di quello che eravamo, della storia dei nostri popoli. Questo le comunità lo sanno bene, per loro la tradizione non è un ripetersi monotono di gesti, riti e produzioni. Sono aperte alle novità e a tutto quello che nel solco della tradizione le può far progredire, sanno che è vera quella frase (di cui un po’ si abusa) che vuole la tradizione come “un’innovazione ben riuscita” e la mettono in pratica. Non abbandonano il vecchio per il nuovo, inseriscono piuttosto il nuovo nel sistema complesso che ha forgiato la loro identità. Sanno da dove provengono e hanno abbastanza chiari quali sono i loro obiettivi. Non dobbiamo decidere se sia meglio la tradizione o il progresso, il passato o il futuro, ma rifiutare generalizzazioni, riduzionismi e la separazione di questi concetti, la loro contrapposizione. Le comunità sono per la continuità della tradizione, la tengono a cuore e custodiscono la loro memoria proprio perché dà loro identità in un mondo che tende all’omologazione, ma sanno bene che commetterebbero un grave errore se non volessero approfittare dei mezzi che la globalizzazione e la tecnologia offrono loro. Vogliono soltanto poterlo fare in maniera responsabile, con buon senso. Vogliono mangiare e non essere mangiati. (Carlo Petrini) ………….. 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(la necessità di un “nuovo CONSUMATORE” e di “nuove REGOLE” pubbliche)In "Conservazioni" IL NUBIFRAGIO DI REFRONTOLO E LE CONCAUSE DELLA TRAGEDIA (non solo vigneti) – Intensità della pioggia, terreno già saturo d’acqua, materiali che ostacolano il deflusso, nessuna prevenzione e scarsa manutenzione dell’alveo del torrente, mancata prudenza degli organizzatori dell’evento…. - Tutto questo non giustifica la “FOLLIA DEL PROSECCO” che queste terre stanno vivendoIn "Conservazioni" LE RIVOLTE DEL PANE - AGRICOLTURA e ALIMENTAZIONE che non bastano a sfamare il mondo - Un rilancio delle produzioni agricole e del mondo rurale in ciascuna regione del pianeta (salvaguardando specificità, genuinità, salubrità ambientale, gusti e sapori; e DIRITTI DELLE COMUNITA’ CONTADINE)In "Conservazioni" Conservazioni, Le nostre proposte, Pianificazione e partecipazione Previous Article L’EUROPA debole, senza progetto e con leader assai modesti se la prende con i ROM: quando si fomentano paure e angosce collettive senza proporre soluzioni (un programma di integrazione dei rom a livello europeo, portandoli a vivere nella legalità) Next Article Caos Globale – l’episodio del REVERENDO JONES che mette IN CRISI L’OCCIDENTE nel rapporto CON L’ISLAM: quando l’informazione (globale) crea da sola l’evento – la guerra senza fine al radicalismo religioso (quando si potrà dire finita questa guerra?!) 6 thoughts on “VIGNETI e PESTICIDI: la vendemmia e il processo di produzione dall’uva al vino, che diventa sempre più solo business – l’Agroalimentare che deve accettare l’improrogabile sfida della qualità (con prodotti tipici, non inquinati e nel rispetto della salute delle persone e della natura)” LUCA martedì 21 settembre 2010 / 11:01 0 0 Rate This PARTE 1 Il sistema italiano delle DOC e ora anche DOCG è un modello, al pari di quello francese a cui si ispira. Questo post molto bello, ha il merito di sollevare una critica (costruttiva), e cioé il ruolo della biodiversità all’interno di questi marchi collettivi (denominazioni). Risulta chiaro che allo stato attuale, all’interno di molte denominazioni prevale la logica economica, in questo caso tirata da un contesto favorevole al Prosecco, che incrementa le sue vendite e esportazioni, mentre lo Champagne perde importanti fette di mercato. In breve la concorrenza è internazionale e i produttori di Prosecco hanno saputo entrarci alla grande. E’ però vero anche che la qualità è una costruzione sociale, specie nel caso delle DOC. Essa è cioè il frutto di negoziazioni che si concretizzano nello stabilire il disciplinare di produzione. Negoziazioni che non sempre si svolgono linearmente, ma possono anche essere nodi conflittuali tra posizioni opposte. In questo senso, e qui c’è il merito del post, sembra concretizzarsi la necessità di una modifica al disciplinare. Sapranno i produttori rinunciare ai potenti mezzi di irrorazione per adottare metodi meno impattanti e/o più mirati ? Va ricordato che il Prosecco sta assumendo il carattere di una monocultura, questo soprattutto in quei territori che non fanno parte della DOCG (11 comuni “storici”), ma che sono comunque inclusi in una DOC che include diverse province (anche il Friuli !). Le monoculture sono pericolose, portano a una riduzione della biodiversità e banalizzano il paesaggio, magari non a Valdobbiadene, dove le “rive” vitate ne fanno l’unicità, ma piuttosto nelle zone limitrofe… E’ importante rendersi conto del fatto che la strategia di continuare ad esportare Prosecco in quantità ed estendere le superfici non è sostenibile. Modificare il disciplinare in favore di tecniche che prendano in considerazione la biodiversità è senza dubbio la via da seguire. Il Prosecco si è fatto largo come vino di qualità superiore. Siedersi sugli allori sarebbe un errore pagabile a caro prezzo ; la sola via è quella di un continuo miglioramento della qualità, oggi intesa come qualità ambientale. In questo senso l’Origine Controllata sarà sinonimo di un territorio di qualità, dove gli abitanti saranno fieri di viverci e non si lamenteranno come il post ha ben dimostrato. PARTE 2 Tecnicamente le cose non sono semplici. Nel 2007 ho svolto personalmente per il corso di ecologia a Padova un confronto tra un’azienda convenzionale e un’azienda biologica di Prosecco, nelle colline di Farra di Soligo. I risultati hanno dimostrato che il suolo dell’azienda biologica è più fertile, coperto di tessuto vegetale e più ricco di bioindicatori (coleotteri e altre specie). I vantaggi del metodo biologico sono stati evidenziati nel post. Non sono però stati evidenziati i punti critici e cioè che il clima del nord-est è piuttosto umido, e non secco come al centro-sud. Questo è favorevole allo sviluppo dei parassiti : peronospera, oidio, ecc. Ora è bene sapere che in annate molto piovose, il vigneto biologico dovrà ricorrere a dosi massicce di solfato di rame, unico prodotto concesso. Concretamente, ciò si traduce in un trattamento successivo ad ogni precipitazione piovosa con la conseguenza di una presenza pericolosamente alta di molecole di solfato di rame nel suolo ed effetti nocivi sulla fertilità e sull’attività biologica che questo metodo avrebbe dovuto preservare. Per questo il biologico è così diffuso al centro-sud e meno al nord. Insomma, ci sarà lavoro per gli enologi e gli studenti di agronomia, che hanno nell’istituto Cerletti di Conegliano e nell’istituto sperimentale di Susegana dei riferimenti di indiscusso valore per lo studio della viticoltura. CONCLUSIONE PERSONALE “sanno che è vera quella frase (di cui un po’ si abusa) che vuole la tradizione come “un’innovazione ben riuscita” e la mettono in pratica. Non abbandonano il vecchio per il nuovo, inseriscono piuttosto il nuovo nel sistema complesso che ha forgiato la loro identità” Questa frase di Petrini mi fa pensare all’agroecologia e all’ecologia del paesaggio, discipline nascenti e in via di sviluppo, che propongono metodi alternativi di gestione dell’agroecosistema, di facile comprensione per gli agricoltori e ben più adattabili ai contesti locali, le quali hanno dato prova della loro efficacia non solo nel mondo occidentale, ma anche e soprattutto in molte aree povere del Sud del mondo. Per abusare delle frasi altrui : “ai posteri l’ardua sentenza”.