sabato 30 aprile 2016

Ordinantur in Finem ideata allo scopo, qui cartella sequestri alimenti

iniziamo da questa cartella dal nome significativo ORDINANTUR IN FINEM ossia ideata pe rlo scopo.... a raccogliere catalogare e documentare i sequesti dei cibi avvenuti in italia,,,, se ve ne saranno anche all' etsro ne daremo conto, I DATI QUI FORNITI SONO TRATTI DAL SITO www.ilfattoalimentare.it 1. A seguito di mirati controlli eseguiti presso un supermercato sito nella zona industriale di Bazzano (AQ), la Compagnia della Guardia di Finanza di L’Aquila, con la collaborazione di funzionari del Servizio Veterinario Di Igiene Degli Alimenti Di Origine Animale della A.S.L., ha proceduto ad eseguire un controllo sugli insaccati ed i formaggi posti in commercio presso il punto vendita. Gli approfondimenti effettuati hanno permesso di rilevare che nel supermercato erano commercializzati, sia al bancone del reparto salumeria che nei frigoriferi self-service, salumi e formaggi scaduti e in cattivo stato di conservazione o di provenienza incerta in quanto non rispettavano i requisiti di legge in materia di tracciabilità degli alimenti, per un totale di oltre 530 kg. Gli accertamenti, proseguiti presso il magazzino della società, hanno permesso di individuare ulteriori 400 kg di alimenti, anch’essi in evidente stato di deterioramento, pronti per essere trasportati al supermercato per la messa in vendita. Tutti questi prodotti, chiusi nelle celle frigorifere del magazzino e del supermercato, sono stati sottoposti a sequestro per ipotesi di commercio di sostanze alimentari nocive o in cattivo stato di conservazione e frode in commercio, reati per i quali il rappresentante legale della società è stato segnalato alle autorità giudiziarie FONTe ABRUZZO NEWS DATA 29 APRILE 2016 Negli Stati Uniti, gli uffici distrettuali della Food and Drug Administration potranno bloccare nei porti d’arrivo i carichi di gamberi e gamberetti provenienti dalla Malesia peninsulare, senza sottoporli ad analisi.Il provvedimento è collegato all’esito dei test che hanno rilevato la presenza di residui di antibiotici ( nitrofurani e/o cloramfenicolo) in un terzo dei lotti provenienti da quella regione. La presenza di questi contaminanti non è ammessa negli Usa. D’ora in poi spetterà all’importatore certificare, attraverso analisi di laboratorio, che i lotti non contengono residui di sostanze vietate. crostacei gamberi Malesia Il governo malese vieta l’uso di antibiotici negli allevamenti La FDA ha chiesto al governo malese, che vieta anch’esso l’utilizzo dei due antibiotici nel pesce d’allevamento, di indagare sulle cause e di sviluppare un programma di azioni a breve e a lungo termine, per prevenire l’esportazione di gamberetti adulterati dalla Malesia verso gli Stati Uniti. Nonostante il divieto d’uso degli antibiotici i test condotti negli Usa su 138 campioni di gamberi e gamberetti provenienti dal paese asiatico (nel periodo ottobre 2014 – settembre 2015) hanno evidenziato nel 32% dei campioni residui di antibiotici. Notizie preoccupanti arrivano anche dal Vietnam, dove i controlli effettuati dal governo, a cavallo tra il 2015 e il 2016, indicano che la grande maggioranza delle aziende di acquacoltura utilizza antibiotici per prevenire le malattie. Si tratta di una pratica che ha causato il respingimento di numerosi lotti destinati ai mercati esteri. Solo nel primo trimestre del 2016, le spedizioni respinte sono state 31, come riferisce il sito Tuoi Tre News. La presenza di antibiotici illegali nei gamberetti surgelati d’importazione era stata denunciata un anno fa dall’organizzazione di consumatori statunitense Consumer Reports. IL FATTO ALIMENTARE, 16-5-2016 Nella settimana n°18 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 42 (6 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende quattro casi: presenza di tossine di Shiga, prodotta dal gruppo Escherichia coli, in latte fresco vaccino crudo; mercurio in lombi di pesce spada (Xiphias gladius) sottovuoto e scongelati dalla Spagna; cadmio e mercurio in filetti di pesce spada (Xiphias gladius) spagnoli; mercurio in pesce spada congelato (Xiphias gladius) dalla Spagna. Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: mercurio in pesce spada dalla Spagna; aflatossine in nocciole tostate tritate e farina di nocciole tostate dalla Georgia. pesce spada 1454955827 Cadmio e mercurio in filetti di pesce spada dalla Spagna Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Francia segnala un’allerta per il conteggio troppo alto di Escherichia coli per corda di mitili (Mytilus galloprovincialis) vivi; la Germania segnala cessione di piombo da bicchieri (distribuiti in Austria, Germania, Paesi Bassi, Polonie U Regno Unito); la Francia segnala mercurio in filetti di pesce spada refrigerati dalla Francia, con materie prime provenienti da Italia. In Veneto 250.000 persone hanno utilizzato per anni acqua potabile inquinata da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), che si sono accumulate nel loro sangue e i cui effetti sulla salute sono ancora da determinare. Di queste 250.000 persone, 60.000 sono interessate da un livello maggiore di contaminazione. Lo afferma l’Istituto Superiore di Sanità, in base ai risultati del biomonitoraggio condotto in collaborazione con la Regione Veneto, che ha coinvolto un campione di 507 persone, da cui è risultato che le concentrazioni della maggior parte dei Pfas nel sangue dei residenti nelle aree interessate dalla contaminazione delle acque sono risultate “significativamente superiori” a quelle dei non esposti. I comuni interessati dall’inquinamento sono una sessantina, nelle province di Vicenza, Verona e Padova. La zona più colpita è quella compresa tra i comuni di Montecchio Maggiore, Lonigo, Brendola, Creazzo, Altavilla, Sovizzo e Sarego, in provincia di Vicenza. Tra i cittadini esposti a questa contaminazione, il livello medio di Pfas nel sangue è di 14 ng/g, mentre tra quelli maggiormente esposti è di 70 ng/g. Le analisi hanno riguardato la presenza, in particolare, di due Pfas, il Pfoa (acido perfluoroottanoico) e il Pfos (perfluorottano sulfonato), mentre gli altri Pfas sono stati considerati in un gruppo unico. Attraverso l’acqua, i Pfas hanno contaminato anche quasi tutta la catena alimentare, dove dovrebbero essere assenti, come hanno indicato le analisi effettuate dai servizi veterinari e di igiene delle aziende sanitarie locali, diffuse lo scorso novembre. I Pfas sono riconosciuti come interferenti endocrini correlati a patologie riguardanti pelle, polmoni e reni. Queste sostanze sono definite “microinquinanti emergenti” perché sono frutto di un’industria chimica recente e per questo motivo non vengono monitorate dalle indagini di laboratorio condotte di routine. Addirittura, non esistono limiti di legge, né a livello europeo né nazionale, alla loro concentrazione nelle acque. Esistono solo dei valori obiettivo, indicati dall’Istituto Superiore di Sanità. Per questo, sinora non è stato possibile perseguire i responsabili di questo inquinamento diffuso. inquinamento acqua Pfas I Pfas sono interferenti endocrini definiti “microinquinanti emergenti” I Pfas sono sostanze chimiche, dotate di elevata persistenza nell’ambiente, utilizzate principalmente per rendere resistenti ai grassi e all’acqua vari materiali come tessuti, tappeti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti. L’azienda chimica indicata come responsabile dell’inquinamento da Pfas è la Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza, che è specializzata nella produzione di molecole fluorurate per la farmaceutica, l’agricoltura e l’industria tecnica. La Miteni, però, esclude la propria responsabilità, affermando che la presenza di Pfas “non può essere dovuta alla falda dello stabilimento Miteni. Un’area così vasta va necessariamente riferita al sistema di scarichi consortili a cui sono collegate centinaia di aziende del territorio. Miteni non produce più Pfos e Pfoa dal 2011, e ancora prima i reflui delle lavorazioni erano inviati a sistemi di trattamento esterni. Pfos e Pfoa vengono usati tutt’oggi da oltre duecento industrie del settore conciario e manifatturiero presenti nella zona che li acquistano sul mercato estero, imprese che sono allacciate agli stessi scarichi consortili a cui è allacciata Miteni”. La Miteni, che dal 2009 è di proprietà della multinazionale tedesca Weylchem del gruppo International Chemical Investors (Icig), è l’unica fabbrica che produce Pfas in Italia. Come riporta Il Fatto Quotidiano, la produzione di “intermedi fluorurati” nello stabilimento vicentino ha una storia antica, cominciata nel 1964 quando era ancora il centro ricerche della tessitura Marzotto e si chiamava Rimar (Ricerche Marzotto). Nel corso degli anni la fabbrica è passata alla “Miteni”, joint venture tra Eni e Mitsubishi (1988), e poi alla giapponese Mitsubishi (1996), prima di essere acquisita dalla multinazionale Icig (2009). È quindi probabile che la popolazione delle tre province venete sia esposta da decenni a questo tipo di inquinamento. inquinamento industrie 89961139 L’azienda chimica indicata come responsabile dell’inquinamento da Pfas è la Miteni di Trissino La contaminazione di interferenti endocrini nelle acque è stata scoperta nel 2013, quando uno studio del Cnr, commissionato due anni prima dal Ministero dell’Ambiente, rivelò che “nel bacino di Agno e Fratta Gorzone, anche a monte dello scarico del collettore Arica, sono state misurate concentrazioni di Pfoa molto elevate, spesso superiori a 1000 ng/litro, che destano una certa preoccupazione dal punto di vista ambientale. Ancora più preoccupazione desta la misura della concentrazione di queste sostanze nelle acque potabili campionate da punti di erogazione pubblici e privati. Nel bacino di Agno – Fratta Gorzone, vi sono concentrazioni crescenti da nord a sud che raggiungono valori di Pfoa superiori a 1000 ng/l e di Pfas totale superiori a 2000 ng/l.” Lo studio avvertiva su “un possibile rischio sanitario per le popolazioni che bevono queste acque, prelevate dalla falda”. Le iniziative sanitarie individuate ora come necessarie dalla Regione Veneto prevedono il rafforzamento e la messa a sistema tutte le attività preventive e clinico-organizzative per la sorveglianza della popolazione, cominciando da quella più esposta; offerta di valutazioni cliniche in esenzione dal ticket; avvio di studi sperimentali ad hoc; implementazione della valutazione tossicologica delle sostanze; rafforzamento della formazione degli operatori; sostegno al territorio per quanto riguarda la comunicazione con la popolazione. Nella settimana n°17 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 76 (9 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende un solo caso: Salmonella in risotto congelato dal Portogallo, con materie prime dalla Spagna. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: istamina in filetti di tonno pinna gialla fresco (Thunnus albacares) dalla Spagna; mercurio in lombi di pesce spada (Xiphias gladius) refrigerati sottovuoto dalla Spagna; istamina in alacce (Sardinella aurita) refrigerata in olio d’oliva dalla Tunisia. tonno pinne gialle 173315513Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: sostanza non autorizzata (dichlorvos) in grano all’ingrosso dall’Argentina; aflatossine in nocciole dalla Georgia; livello di migrazione globale troppo alto da guanti in nitrile dalla Cina; mercurio in lombi di pesce spada (Xiphias gladius) refrigerati sottovuoto dalla Spagna; migrazione di manganese e migrazione globale troppo elevata da barbecue a gas dalla Cina. Questa settimana non risultano tra le esportazioni italiane in altri Paesi segnalazioni di ritiro dal mercato. Le allerta alimentari possono essere dovute a un errore in etichetta, a un documento di accompagnamento non valido… oppure a un problema in grado di provocare serie ripercussioni per i consumatori. Le persone allergiche rientrano tra le categorie più a rischio perché se assumono un prodotto contenente un allergene non dichiarato o frutto di una contaminazione, possono rischiare anche lo shock anafilattico. In Italia sono ancora numerosi casi di anafilassi, in conseguenza della tardiva informazione giunta, oltre tutto, da canali non istituzionali. Nel corso della manifestazione World Allergen Food, tenutasi il mese scorso a Padova, è emersa l’esigenza da parte delle associazioni delle persone allergiche, di accelerare la diffusione di notizie relative al rischio di allergeni, per etichettatura scorretta o contaminazione involontaria. «Il regolamento europeo – spiega Marcia Podestà, presidentessa dell’associazione Food Allergy Italia – prevede una tutela particolare verso questa categoria “vulnerabile”, perché nel loro caso, quando gli alimenti presentano delle criticità, il pericolo è serio e i tempi sono molto stretti». Alimenti pericolosi Il Mistero della salute ha predisposto un documento sulle procedure di richiamo In Italia non esiste un sistema di allerta immediata da parte delle autorità, indirizzato alle persone interessate o alle associazioni degli allergici, come invece accade all’estero. «La Spagna – continua Podestà – in questo senso è un Paese virtuoso. L’agenzia per la sicurezza alimentare del ministero della salute iberico si riunisce almeno una volta l’anno con le autorità, le aziende, i rappresentanti dei ristoratori e le associazioni degli allergici per definire le strategie migliori. In questi incontri le parti decidono come gestire le allerta e, di volta in volta, redigono un bilancio delle attività intraprese.» Sul piano pratico le modalità di attuazione sono semplici. «Il Ministero della salute, quando riceve l’avviso di un prodotto con una criticità di tipo allergico, comunica direttamente con l’associazione nazionale degli allergici indicando le caratteristiche dell’alimento per poterlo rintracciare. In questo modo la notizia è diffusa rapidamente e le persone vengono avvisate dall’associazione.» Si tratta di un sistema che nell’era della comunicazione e dell’informatizzazione non sembra così complicato da riproporre anche in Italia. Tablet computer, smartphone and newspapers È importante individuare subito gli alimenti pericolosi Il Fatto Alimentare ha chiesto al Ministero della salute se intende sviluppare strategie mirate a velocizzare la diffusione delle notizie di queste particolari allerta, trattandosi tra l’altro di un tema che trova spazio nella bozza delle procedure di richiamo diffusa dallo stesso Ministero nel mese di giugno del 2015. “Il Ministero – spiega l’ufficio stampa – ha predisposto un documento sulle procedure di richiamo che, dopo condivisione con gli Assessorati alla sanità delle Regioni e Province autonome, è stato oggetto di successiva consultazione con gli stakeholder interessati (Associazioni di categoria dei produttori ed Associazioni dei consumatori). Attualmente sono in corso degli incontri tecnici con la Direzione generale dei sistemi informativi di questo Ministero per poter mettere in esercizio la pagina web istituzionale dedicata alla pubblicazione dei richiami di alimenti non conformi da parte degli operatori del settore alimentare (OSA) e rendere quindi pubbliche tali informazioni. Ciò avverrà quando sarà conclusa la fase di realizzazione tecnica della pagina web, presumibilmente nei prossimi mesi.” Rimaniamo in attesa dei prossimi sviluppi. © Riproduzione riservata Nella settimana n°16 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 68 (8 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: mercurio in pesce spada congelato (Xiphias gladius) dalla Spagna; Salmonella Saphra in pepe nero macinato da Italia. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: solfiti non dichiarati in gamberetti rosa congelati dalla Tunisia; aflatossine in latte mescolato da Italia. mortadella affettati 179050622 Listeria monocytogenes in filetto di maiale essiccato italiano Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: sostanza non autorizzata (propargite) in fagiolini freschi provenienti dall’Egitto; aflatossine in siero di latte dolce senza lisozima da Italia; migrazione di cromo da coltelli da cucina in acciaio cinesi; residui di pesticidi (ometoato e dimetoato) in fagioli dall’occhio freschi (Vigna unguiculata) dalla Repubblica Dominicana. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Germania segnala frammenti di vetro in sugo per pasta; la Francia segnala un’allerta per Listeria monocytogenes in filetto di maiale essiccato; la Svezia segnala presenza di Salmonella Senftenberg in preparazione a base di colza biologica destinata a mangime. È scattata una nuova segnalazione di allerta da parte del Ministero della salute per la presenza sul mercato di thermos cinesi con amianto. Dopo i numerosi casi registrati nel 2014, 2015 e a inizio 2016 di cui si era già occupato Il Fatto Alimentare, un altro prodotto è stato scoperto dai Nas di Treviso nel punto vendita Dadi Market in Corso Mazzini, 54 Montebelluna (TV). Le forze dell’ordine hanno sequestrato una partita di thermos portavivande con una capacità di 1 litro, con esterno in plastica, e manico superiore a secchiello (vedi foto a lato) destinata a contenere alimenti. L’oggetto riporta la marca DayDays, art. X15629 e codice a barre numero: 8088909156297 ed è stato importato dalla Cina dalla società KAI TAI s.a.s. con sede in, Corso Stati Uniti 19. Padova. Le analisi effettuate mediante microscopia elettronica a scansione (SEM) eseguite dall’Arpa (Agenzia Regionale Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto del Dipartimento Provinciale di Verona), hanno evidenziato la presenza di piccoli corpi di forma cilindrica di colorazione grigio biancastra costituiti da materiale fibroso compresso di amianto di tipo Crisotilo-Anfiboli, posti nell’intercapedine del doppio involucro in vetro dei thermos, con funzione di distanziatori. thermos kaitai 2016 ritiro 1 litro Il thermos ritirato è stato importato dalla Cina dalla società KAI TAI s.a.s. Il pericolo per i consumatori è di tipo chimico-cancerogeno, perché nel caso di rottura potrebbero liberarsi fibre di amianto (cancerogene per inalazione classe 1 IARC). Il Ministero della Salute ha disposto il ritiro del thermos e ricorda che in Italia l’importazione, la commercializzazione, nonché la produzione e l’esportazione di prodotti con amianto è vietata dal 1994 alla luce di quanto previsto dalla legge 257/92. © Riproduzione riservata La crescente presenza di batteri antibiotico-resistenti, dovuta all’uso eccessivo e improprio di farmaci, è forse il principale problema degli allevamenti intensivi di animali da reddito soprattutto nel settore dei polli da carne. La questione è legata ai metodi di allevamento e alla qualità della vita degli animali, come evidenzia il recente report del Ministero della salute sulla presenza di batteri antibiotico-resistenti negli avicoli. Il documento rivela la presenza di livelli preoccupanti di antibiotico-resistenza nei polli. Si tratta di un dossier diffuso dall’associazione Compassion in Word Farming CIWF, che chiede al Ministro – anche attraverso una petizione popolare – di proporre un piano obbligatorio per ridurre il consumo di antibiotici, con obiettivi e scadenze precisi, analogamente a quanto è stato fatto in altri paesi, in modo da abolire ”l’uso sistematico e profilattico” di questi farmaci. Quello dell’antibiotico resistenza (fenomeno chiamato così perché alcuni batteri patogeni sviluppano una resistenza agli antibiotici impiegati per curare le malattie dell’uomo), è un problema che non riguarda solo i farmaci veterinari visti gli evidenti risvolti sulla nostra salute. In Italia, secondo dati della SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), ogni anno muoiono a causa dell’antibiotico resistenza fra 5 e 7 mila persone, con un costo annuo superiore a 100 milioni di euro. Il rischio è che la diffusione dell’antibiotico resistenza in campo veterinario, oltre a rendere più difficile il controllo delle malattie infettive negli animali di allevamento, aumenti il rischio che batteri antibiotico-resistenti siano trasferiti direttamente o indirettamente all’uomo. polli, allevamento , pollaio 158986743 L’’Italia è il paese europeo con il più alto consumo di antibiotici negli allevamenti L’origine di molti problemi attuali risale dagli anni ‘50, quando negli allevamenti intensivi venivano somministrati agli animali in modo sistematico piccole dosi di antibiotici nei mangimi come promotori della crescita (per prevenire patologie intestinali e altri problemi sanitari in grado di rallentare l’incremento di peso dei polli). Questa pratica è stata vietata in Europa solo nel 2006. Oggi il trattamento a base di antibiotici può essere fatto solo in tre casi. Il caso più diffuso è quello collegato a ragioni terapeutiche (curare un singolo animale o un gruppo colpiti da una malattia infettiva). Ci sono pure i trattamenti per metafilassi, ovvero la somministrazione ad animali sani che potrebbero essersi infettati a contatto con soggetti malati: in questo caso l’antibiotico serve per prevenire un’ulteriore diffusione della malattia, la cui presenza deve comunque essere accertata. Il terzo caso riguarda la profilassi a scopo preventivo, cioè la somministrazione ad animali sani per prevenire infezioni: una pratica considerata accettabile quando il rischio di contagio è elevato e l’infezione grave. La profilassi, nonostante i numerosi controlli veterinari e il costo dei trattamenti, è comunque un modo per aprire la porta all’uso improprio e illecito dei farmaci. zeranolo anabolizzanti nella carne farmaci ormoni 462472311 In Italia il consumo veterinario di antibiotici è +136,8% rispetto alla media europea Il problema ci riguarda da vicino, visto che dai pochi dati disponibili – come il primo rapporto congiunto ECDC/EFSA/EMA diffuso nel 2015 – l’Italia si distingue come il paese europeo con il più alto consumo di antibiotici negli allevamenti degli animali da reddito. Secondo i dati ministeriali molti dei ceppi di batteri individuati sui campioni esaminati come ad esempio Escherichia coli, Campylobacter spp. e Salmonella spp. responsabili di infezioni anche gravi – hanno sviluppato resistenza nei confronti degli antibiotici più comuni. Più precisamente il 90% dei ceppi di Campylobacter jejuni ha mostrato resistenza ai fluorochinoloni mentre il 5% ha mostrato resistenza a più antibiotici. Nel caso di Salmonella spp., l’83% dei ceppi isolati ha mostrato resistenza ai fluorochinoloni, l’82% alle tetracicline (la classe di antimicrobici più venduta in Italia), più del 3% alle cefalosporine di 3° e 4° generazione, mentre il 78% mostra una resistenza multipla. Per Escherichia coli la resistenza ai fluorochinoloni è presente nel 67% dei campioni, quella alle cefalosporine di 3° e 4° generazione nel 6,47%. Inoltre l’80% circa ha mostrato una resistenza multipla. Infine, per i campioni di Escherichia coli produttori di ESBL o AmpC o carbapenemasi – enzimi che conferiscono resistenza a farmaci importanti per l’uomo – il 95% ha mostrato resistenza multipla. A rafforzare questi dati, arriva una ricerca dell’Istituto zooprofilattico del Veneto, che riguarda ceppi batterici produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL): anche in questo caso, tutti i ceppi di Escherichia coli analizzati presentano elevati livelli di resistenza per la maggior parte degli antibiotici testati. pulcini I risultati sulla diffusione dei medicinali rappresentano una situazione alquanto allarmante Altrettanto allarmanti i dati presenti nel Piano nazionale per l’uso responsabile del farmaco veterinario e per la lotta all’antibiotico resistenza in avicoltura, elaborato dal Ministero della salute insieme alla Società Italiana di patologia Aviare e all’associazione UNA Italia. Il documento evidenzia che il consumo di antibiotici destinati agli allevamenti in Italia di antibiotici di particolare importanza terapeutica risulta decisamente superiore rispetto alla media europea (+136,8%). Secondo la Federazione Nazionale Ordine Veterinari Italiani (FNOVI) “i risultati rappresentano una situazione alquanto allarmante soprattutto per alcuni antimicrobici quali tetracicline, sulfamidici, amminopenicilline e chinolonici”. Il piano ministeriale per gli avicoli, reperibile presso il sito del Sistema Informativo per l’Epidemiologia Veterinaria, oltre a prevedere un sistema di monitoraggio sull’uso degli antibiotici, mette l’accento sulla necessità di ridurre il ricorso alle metafilassi e rinunciare alla profilassi, ed evitare per quanto possibile il ricorso agli antibiotici più utilizzati per gli umani e in particolare fluorochinoloni, macrolidi e polimixine. Si tratta di un’iniziativa importante, visto che per un’efficace lotta all’antibiotico-resistenza è indispensabile disporre di dati precisi sull’impiego di questi medicinali negli allevamenti. L’efficacia dell’iniziativa ha il grosso limite di prevedere l’adesione al sistema di controlli su base volontaria, così come sono volontarie le iniziative per promuovere la ricetta elettronica adottata da alcune regioni. A oggi, nonostante la richiesta di associazioni come il CIWF, non è possibile sapere quante e quali aziende abbiano aderito all’iniziativa. Nella settimana n°15 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 50 (7 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende cinque casi: la Francia segnala mandorle non dichiarate in etichetta in biscotti al cioccolato e noci francesi distribuiti in 16 Paesi; mercurio in pesce spada scongelato (Xiphias gladius) dalla Spagna; ocratossina A in pepe in grani, peperoncino tritato, polvere di curcuma e citronella in polvere dalla Thailandia; mercurio in lombi refrigerati e sottovuoto di pesce spada (Xiphias gladius) dalla Spagna; presenza di tossina di Shiga, prodotta dal gruppo Escherichia coli, in carni bovine congelate dall’Uruguay, via Belgio. carne fiorantina iStock_000003313403_Small Tossina di Shiga, prodotta dal gruppo Escherichia coli, in carni bovine congelate dall’Uruguay Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: Salmonella in cosce di pollo refrigerate con spina dorsale dai Paesi Bassi; contenuto di solfiti troppo alto in gamberetti cotti (Penaeus vannamei) dall’Ecuador, via Spagna; norovirus in ostriche vive dalla Francia. Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: Salmonella in preparazione a base di carne di tacchino dal Brasile. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, la Finlandia segnala la presenza di Salmonella Avana in preparato di soia biologica destinato a mangime. Nella settimana n°14 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 57 (6 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: ingrediente allergenico (latte) non dichiarato in biscotti al cioccolato dalla Danimarca della marca Jacobsens Bakery e distribuiti in 41 Paesi (leggi articolo per approfondire); Salmonella in cosce di pollo congelato dall’Italia distribuite anche in Polonia. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: presenza di norovirus in ostriche del Pacifico vive (Crassostrea gigas) dalla Francia. biscotti Allergene non dichiarato in biscotti al cioccolato della marca Jacobsens Bakery Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: deterioramento di due lotti di vongole vive (Ruditapes decussatus) dalla Tunisia; cadmio e mercurio in pesce spada fresco a fette (Xiphias gladius) dalla Spagna; presenza di norovirus in ostriche del Pacifico vive (Crassostrea gigas) dalla Francia. Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato, l’Austria segnala un’allerta per presenza di Salmonella in Salamella Napoli Piccante Casa Modena da 400 grammi dell’azienda Grandi Salumifici Italiani con data di scadenza 11/05/2016 e numero di lotto 57602709; la Svezia segnala un’allerta per la presenza di proteine del latte non dichiarate in tagliatelle; la Svezia segnala Salmonella Mbandaka e Salmonella Senftenberg in due lotti di preparato di girasole biologico destinato a mangime. Nella settimana n°13 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 28 (3 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi: conteggio troppo alto di Escherichia coli in mitili vivi provenienti dalla Spagna; presenza di Salmonella in cumino e in coriandolo macinati dall’India. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: fichi secchi infestati da insetti provenienti dalla Turchia. aromi spezie coloranti 181300624 Presenza di Salmonella in cumino e in coriandolo macinati dall’India Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: mercurio in sarago refrigerato (Diplodus sargus) dalla Spagna. Questa settimana non ci sono segnalazioni di esportazioni italiane in altri Paesi che siano state ritirate dal mercato. Nella settimana n°12 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 63 (10 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende sei casi: norovirus in ostriche dalla Francia; presenza di tossina di Shiga, prodotta dal gruppo Escherichia coli, in formaggio a pasta molle con latte vaccino crudo dalla Francia; conteggio troppo alto di Escherichia coli in mitili refrigerati (Mytilus galloprovincialis) dalla Spagna; sospetto di Salmonella in vongole refrigerate (Tapes semidecussatus) italiane; mercurio in pesce spada fresco (Xiphias gladius) dalla Spagna; aflatossine in mais dalla Serbia. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: norovirus in ostriche refrigerate (Crassostrea gigas) dalla Francia; liquirizia e barrette crude refrigerate provenienti dalla Bulgaria infestate da muffe. Salmonella Salmonella in salsicce e spiedini di pollame congelati italiani Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: livello di migrazione globale troppo alto da tappo con sottovuoto per vino dalla Cina; conteggio troppo alto di Escherichia coli in vongole refrigerate italiane; aflatossine nei semi di albicocca dolce provenienti dalla Turchia; corrosione di frullatore a immersione dalla Cina. Questa settimana tra le segnalazioni di esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato l’Italia segnala un’allerta per conteggio troppo alto di Escherichia coli in mitili vivi (Mytilus galloprovincialis) distribuite in Spagna; la Germania segnala frammenti di plastica in liquore amaro Averna (leggi articolo); la Francia ha lanciato un’allerta per Salmonella in salsicce e spiedini di pollame congelati. Nella settimana n°10 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 52 (7 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende un caso per mercurio in squalo mako (Isurus oxyrinchus) congelato dalla Spagna. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: cadmio in tentacoli di calamaro indiano (Loligo duvauceli) congelato dall’India. calamari Troppo cadmio in tentacoli di calamaro indiano Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: sostanza vietata (nitrofurani, metabolita – nitrofurazone, SEM) in pesce pangasio congelato (Pangasius spp) dal Vietnam; sostanze non autorizzate (acefate e carbendazim) in riso Basmati dall’India; contenuto troppo alto di solfiti in vino bianco italiano (distribuito anche negli Usa e nei Paesi Bassi); sostanza non autorizzata (propargite) in tè nero fermentato dall’India; aflatossine in arachidi in guscio dall’Egitto. Questa settimana le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato sono le due: oltre all’eccesso di solfiti nel vino, già evidenziato sopra, i Paesi Bassi segnalano mercurio nel pesce spada congelato prodotto nei Paesi Bassi, con materie prime provenienti da Italia. Aggiornamento del 17 marzo 2016 È stato il formaggio di importazione romena a provocare l’infezione intestinale nel piccolo ricoverato all’Ospedale Meyer. Le analisi dell’Izs e dell’Iss concluse il 17 marzo hanno confermato i sospetti avanzati nella prima dell’indagine epidemiologica condotta dall’Ausl Toscana Centro. La sindrome emolitico uremica diagnosticata nel bambino di appena 14 mesi è connessa al consumo del formaggio importato dalla Romania e prodotto dalla ditta SC Bradet risultato contaminato da escherichia coli. Al riguardo l’Italia ha inviato un’allerta al sistema Rasff di Bruxelles da cui emerge che il prodotto è stato esportato anche in Francia e in Germania. La notizia è di quelle che allarmano: un bambino di 14 mesi è stato ricoverato all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze per una sindrome emolitico-uremica, forse provocata da un formaggio importato dalla Romania e contaminato da Escherichia coli. Secondo il comunicato dell’Azienda Usl Toscana Centro, il bambino avrebbe consumato formaggi della ditta rumena SC Bradet s.r.l.. In Romania l’azienda aveva avviato il 9 marzo scorso il ritiro precauzionale di alcuni propri prodotti caseari per la sospetta contaminazione da Escherichia coli O26:H11. Chiarito che le condizioni del bambino sono serie ma non gravi, il problema richiama una certa dose di attenzione perché la contaminazione riscontrata in Italia potrebbe essere riconducibile a un’epidemia che ha colpito 15 bambini in Romania alla fine di gennaio, tre dei quali sono morti. Per questo motivo l’azienda sanitaria toscana in un comunicato “invita chiunque sia in possesso di prodotti a base di latte della ditta SC Bradet s.r.l. a non consumarli e riconsegnarli al più presto all’esercizio dove sono stati acquistati”. Secondo nostre fonti il formaggio potrebbe essere stato venduto in una decina di punti vendita di prodotti alimentari etnici situati in Toscana e in altri negozi del Lazio e della Campania. formaggio fresco 453787141 I sospetti sono ricaduti su formaggio contaminato. Le analisi per accertamenti sono ancora in corso L’epidemia in Romania ha destato scalpore sia perché il marchio è molto noto, sia perché le autorità sanitarie sono intervenute tardi e male, quando ormai si contavano le vittime. Questo ritardo è motivato da una certa confusione iniziale, quando probabilmente sono state considerate vie di trasmissione diverse dalla contaminazione alimentare. La questione è andata avanti per settimane fino a quando le autorità hanno chiesto aiuto e sono approdate a Roma dove è iniziata una stretta collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità per individuare l’agente causale dell’epidemia, identificato come un Escherichia coli O26 produttore di Shiga tossina. Fino ad ora non ci sono certezze sulla fonte dell’infezione, ma solo forti sospetti su formaggi e latticini. Le indagini sul caso registrato in Italia potrebbero confermare o meno le ipotesi. Il problema della Sindrome emolitico-uremica (Seu) causata da Escherichia coli non è una novità per l’Italia. Pochi ricordano l’epidemia registrata in Puglia nell’estate del 2013 con 20 bambini al di sotto dei 4 anni colpiti. Anche allora i sospetti si focalizzarono sui formaggi e le indagini portarono alla chiusura di un caseificio. Il focolaio più grave di sindrome emolitico-uremica da Escherichia coli produttore di Shiga tossina è però quello registrato in Germania nel 2011, che ha colpito 4.000 persone e ha provocato oltre 50 morti. Si tratta della crisi alimentare più grave registrata in Europa negli ultimi 40 anni. La Germania impiegò settimane per risalire all’origine dell’epidemia, per poi scoprire che si trattava di germogli di fieno greco prodotti con semi contaminati importati dall’Egitto. mozzarella di bufalaI sospetti per il caso del bambino in Toscana sono focalizzati sulle cagliate congelate che vengono utilizzate anche in Italia da molti caseifici per preparare mozzarelle, formaggi e altri latticini. Se la cagliata è pastorizzata non ci sono problemi particolari. La questione diventa critica se la cagliata, potenzialmente contaminata, prima della congelazione non viene pastorizzata. A questo punto la vendita del lotto a diversi caseifici provoca un effetto a cascata difficile da controllare perché c’è chi la usa subito per fare formaggi freschi come la mozzarella, chi per fare formaggi freschi ma con una scadenza di qualche settimana e chi la tiene in freezer e la impiega dopo qualche mese. Quest’ipotesi spiegherebbe la durata dell’epidemia in Romania per un periodo così lungo e la distribuzione in diverse zone. Siamo ancora però nel campo delle ipotesi. Vi terremo informati. Nella settimana n°9 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 57 (16 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende cinque casi: pezzi di metallo in wurstel di pollo refrigerati italiani a marca Carrefour, distribuiti anche a Malta (leggi dettagli); conteggio troppo alto di Escherichia coli in due lotti di mitili vivi (Mytilus galloprovincialis) dalla Spagna; aflatossine in latte e in prodotti lattiero-caseari provenienti dall’Italia; mercurio in pesce spada congelato (Xiphias gladius) dalla Spagna. Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un intervento urgente troviamo: conteggio troppo alto di Escherichia coli in mitili vivi (Mytilus galloprovincialis) dalla Spagna. latte aflatossine in latte e in prodotti lattiero-caseari provenienti dall’Italia Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: migrazione di formaldeide da kit da cucina in bambù dalla Cina; aflatossine in tre lotti di arachidi in guscio provenienti dall’Egitto; aflatossine in nocciole dall’Azerbaijan; Salmonella in semi di sesamo dall’India; migrazione di nichel, manganese e migrazione globale troppo elevata da macchina per la pasta in acciaio cinese; aflatossine in pistacchi sgusciati dalla Turchia; certificato sanitario e stoccaggio impropri, per seppie (pharaonis sepia)intere, refrigerate e pulite e per lombi di pesce spada refrigerati (Xiphias gladius) dall’India; mercurio in alimenti per animali domestici dalla Thailandia. Questa settimana le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal mercato sono le due allerta già evidenziate sopra, perché distribuite anche in Italia: i wurstel di pollo Carrefour con pezzi di metallo in salsiccia di pollo e le aflatossine in latte e in prodotti lattiero-caseari.

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